giudappeso |
|
| Si chiamava Orsetta. Poco originale per un orso di peluche. Lei però era diversa dagli altri. Tanto per cominciare era magra, e “vestiva” una salopette color senape con una camicia scozzese. Di peloso aveva solo la testa, i piedi e le zampine. Inutili palline che si stringevano fra loro grazie a un francobollo di velcro. Un giorno però mancò la presa, e cadde. Il velcro non è per sempre, non come i diamanti. Orsetta era ancora la mia preferita, così squartai il vecchio Pinocchio di gomma. Queste cose si fanno d’impulso, senza pensarci troppo. Tagliai guanti, scarpe, cappello e panciotto, e con soddisfazione vidi che Orsetta li calzava a pennello. A mia madre venne un colpo trovandomi con quelle grosse forbici. Giocai ancora a lungo con Orsetta, e forse fu questo a darle un’anima. Mi seguiva ovunque, che la portassi io o che mi precedesse lei. Mano nella mano, la mia e quella bianca e fredda di lei. O di Pinocchio, se guardate al capello. Non ricordo quando morì. Le si scucì la testa, ma anche dopo vari interventi di ago e filo quella non voleva saperne di stare su, e Orsetta prese una posizione sghemba da malata terminale. Alla fine le nostre strade si separarono. In breve, Orsetta morì e io crebbi. Oggi però torno a lei con la memoria, e alla vita… «No, senti. Queste cose non le posso scrivere, mi crederanno… capiranno che sono matto!» Protesto. «Ti ho detto di fidarti, sono tornata apposta». Allunga una manina di plastica per confortarmi. «E tu, se lo faccio – se racconto di noi – poi…» esito. «… ti porterò con me, sì». Annuisce, ancora ingobbita dalla cucitura. «Nella Fuga?» «Nella Fuga, dove hai sempre voluto andare. Dove stanno i ricordi, le cose perdute e i sogni, dove ti nascondi pur non sapendoci arrivare. Io accompagnerò la carne dove già vive lo spirito». Da quando è tornata, Orsetta ha un piglio da Profeta che mette i brividi. So che è pazza, lo sono anch’io. La Fuga è una follia, lo è ogni cosa. Riprendo a scrivere. … a quella vita che è tornata, a cui voglio ricongiungermi. Quando sei un bambino, ciò che la tua immaginazione crea è talmente vivo da farti male. Così me ne vado là, nella Fuga, dove la prospettiva scivola nella coda dell’occhio, e tutto esiste ma scompare allo stesso tempo. Vado con lei, mano nella mano. Orsetta, che è il golem della mia infanzia. Seguo l’asse prospettico fin dove la chimera si nasconde, dove sta la Fuga e tutto ciò che mi appartiene, che è veramente mio. Addio, non cercatemi. Non dispiacetevi. «Ecco, adesso possiamo andare». Ci incamminiamo.
|
| |