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il luogo dell'anima, autore: Marco Fronzoni

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Olorin
view post Posted on 24/11/2011, 23:58




Pensare.
La sua mente gli pareva fosse improvvisamente diventata angusta come un vecchio sgabuzzino contro le cui pareti rimbalzava ostinato.
Tutto era cominciato col trasferimento della sua 'io copia' all'interno del corpo cibernetico.
Ne aveva acquistato uno di ultima generazione e gli era costato un patrimonio.
I risparmi di una vita non erano stati sufficienti, ma per fortuna aveva potuto accedere al programma di incentivi che lo Stato elargiva a fronte della cessione dei fondi previdenziali.
Gli avrebbero anche garantito la fornitura gratuita di elettricità per cento anni.
Del resto il suo nuovo corpo... un momento... un menù a tendina era appena apparso nel suo campo visivo.
Suggeriva l'utilizzo del sinonimo simulacro.
Del resto il suo simulacro robotico non avrebbe avuto bisogno che di bioenergia e del programma manutentivo prepagato per viv... di nuovo il menù: funzionare.
La prima volta che quella sgradevole claustrofobia interiore l'aveva assalito si era precipitato al CyborgCentre .
Tutti i controlli cui era stato sottoposto avevano dato esito negativo, però avevano ipotizzato che la parte biologica conservata, le sue orribili mani... perché aveva pensato orribili?
Non credeva lo fossero.
Anzi, era riconoscente a quelle orribili... ancora?
Comunque quella poteva essere l'origine del conflitto ingeneratosi all'interno del cervello positronico.
Era come se un rimasuglio del suo io non si lasciasse imbrigliare, dicevano.
In ogni caso si trattava di pazientare giusto il tempo necessario a completare la sua ultima opera d'arte grazie a quelle sue orr... e no, eh!
Mani!
Guardò ogni callo, ogni cicatrice, la pelle inspessita dal duro lavoro.
Per 112 anni erano state i suoi fedeli strumenti, la sua fonte di sostentamento, il mezzo attraverso il quale il suo talento si era espresso procurandogli la stima della comunità.
Era stupido pensarlo, ma a volte aveva persino avuto la netta sensazione che avessero vita propria, che possedessero autonomamente l'arte di cui andava fiero.
In queste ultime settimane poi avevano lavorato solo per lui, di più: per se stesse.
La porta alle sue spalle si aprì.
«Allora Paul, le hai finite?» domandò un uomo in camice.
«Sì, eccole».
«Sono bellissime» disse «le tue migliori. Dopo tante mani artificiali realizzate per gli altri, non ti è sembrato strano fare le tue?»
«No. Ora mettimele».
«Come desideri. Non vorresti qualche cerimonia? Una preghiera?»
«Procedi».
Le lame tagliarono, i laser unirono.
«Paul, abbiamo finito».
«...».
Menù: risposte possibili.
 
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lauralafenice
view post Posted on 27/11/2011, 12:00




In questo racconto c'è tutto. Una bella storia e un interessante modo di renderla. Finora è senza dubbio il racconto che mi è piaciuto di più (ma sono ancora a metà!). Gli unici appunti che posso fare sono formali. Non mi piace particolarmente il fatto che vai a capo praticamente a ogni frase anche quando questa segue il medesimo pensiero. Credo che limitando questo aspetto e ricomponendo la coerenza logica delle varie parti la lettura ne possa trarre giovamento. Anche staccare con uno spazio le parti del racconto sarebbe utile allo scopo.
Ma sono davvero sottigliezze, nel complesso è comunque un'ottima prova!
 
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Selene B.
view post Posted on 27/11/2011, 17:19




Mi è piaciuta molto l’idea dell’ io-copia nel simulacro; mi è piaciuto anche il modo in cui hai saputo rendere il suo sentirsi prigioniero nel corpo artificiale (cosa non facile da descrivere). Resta un po’ in sospeso il motivo del collegamento tra le mani vere e la mente: nemmeno gli esperti nel tuo racconto sanno spiegarcelo in modo convincente. Se l’anima stava nelle mani, questo vale solo per lui, per il mestiere che faceva, o è così per tutti? E, soprattutto, perché si è lasciato convincere a farsi mettere nel simulacro?
 
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giudappeso
view post Posted on 27/11/2011, 18:21




Funziona in modo ottimo dall’inizio alla fine, rende anche la claustrofobia del protagonista grazie alle interferenze del menu a tendina e dell’insofferenza progressiva verso le mani naturali. Mi piace anche il finale, col suggerimento a una risposta adeguata, a quel punto la transizione alla forma artificiale è completa, e la claustrofobia o l’adattamento raggiungono – presumibilmente – l’apice. Quello che poi lui dirà o proverà non lo sappiamo, ma è giusto così perché lascia con qualcosa che somiglia a un retrogusto alla lettura. Ottima prova.
 
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patriktroll
view post Posted on 28/11/2011, 01:33




Chi scrive mi sembra a suo agio con l'atmosfera che ricrea e l'intuizione centrale - la smania di separarsi dalle mani originali in funzione di quelle create e il conflitto che la loro persistenza crea - riflette qualcosa di spesso vero nell'animo di un artista o di un artigiano che entra molto a fondo nella propria pratica. E c'è un enfasi poetica, fin dalle prime righe, che permette una buona immedesimazione nel racconto. Se consideriamo la mia resistenza al genere direi proprio che mi ha convinto.
 
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Olorin
view post Posted on 28/11/2011, 10:35




CITAZIONE (Selene B. @ 27/11/2011, 17:19) 
Resta un po’ in sospeso il motivo del collegamento tra le mani vere e la mente: nemmeno gli esperti nel tuo racconto sanno spiegarcelo in modo convincente. Se l’anima stava nelle mani, questo vale solo per lui, per il mestiere che faceva, o è così per tutti?

Fermo il fatto che sicuramente non l'ho reso bene, però già il fatto che si possa fare una 'io-copia' di una persona, implica una concezione materialistica della stessa. Uno scienziato integralista vede l'individuo come un insieme di reazioni chimiche, segnali elettrici, azioni meccaniche che pur numerosissime e complesse, sono potenzialmente tutte descrivibili e quindi riproducibili. La digitalizzazione - per quanto ormai in quantità infinitesimali - rendendo discreta un'informazione ne perde sempre una parte. Nel racconto quella parte non riproducibile di una persona, è proprio l'anima (tra l'altro viene letta come un'anomalia, un semplice conflitto informatico).
Il fatto che sia nelle mani può essere vista come l'hai ipotizzata tu, e cioé che sia normalmente collocata nel veicolo del talento, ma anche che l'anima si stesse rifugiando nell'ultimo luogo ancora in grado di ospitarla.
CITAZIONE (Selene B. @ 27/11/2011, 17:19) 
E, soprattutto, perché si è lasciato convincere a farsi mettere nel simulacro?

Perché una volta che uno vi è collocato all'interno si comporta secondo i menù stilati sulla sua personalità originale, quindi lui dentro non c'è più, ma i suoi comportamenti coerenti fanno sì che nessuno fuori se ne accorga.
 
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Selene B.
view post Posted on 28/11/2011, 11:45




CITAZIONE
Perché una volta che uno vi è collocato all'interno si comporta secondo i menù stilati sulla sua personalità originale, quindi lui dentro non c'è più, ma i suoi comportamenti coerenti fanno sì che nessuno fuori se ne accorga.

Il mio dubbio riguardava la scelta del protagonista prima di essere "duplicato": decide di farlo perchè crede che questo gli consenta di prolungare la sua esistenza con una simil-vita? Questa è l'unica ipotesi che sono riuscita a fare, ma nel racconto la cosa mi pare che resti del tutto sottintesa (se non sono io a essermi persa qualche informazione).
 
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Olorin
view post Posted on 28/11/2011, 12:16




CITAZIONE (Selene B. @ 28/11/2011, 11:45) 
Il mio dubbio riguardava la scelta del protagonista prima di essere "duplicato": decide di farlo perchè crede che questo gli consenta di prolungare la sua esistenza con una simil-vita? Questa è l'unica ipotesi che sono riuscita a fare, ma nel racconto la cosa mi pare che resti del tutto sottintesa (se non sono io a essermi persa qualche informazione).

In un punto del racconto dico che le mani lo servono da 112 anni, per cui è presumibile che prima di fare la conversione in cyborg lui ne avesse poco meno e che quindi fosse alla fine della sua vita, magari già legato a qualche macchina o addirittura (tipo Vanilla sky) che avesse lasciato un testamento in cui cheidesse di venire trasferito in un corp... simulacro robotico un attimo prima di spirare, fatte salve le mani e blablabla.

Come ho detto nel post precedente, il protagonista così come tutti gli altri - scienziati compresi - non sono consapevoli del fatto che in realtà la persona 'trasferita' dentro il cyborg, in senso spirituale, muoia ugualmente, lasciando così solo un fantoccio che ne replichi freddamente i comportamenti, perché la coerenza di questi ultimi li conforta del contrario e probabilmente pur di credere di poter vivere in eterno, hanno deciso che quell'ulteriore anomalia che non riuscono a 'imbrigliare' e replicare, sia solo un inutile e quindi cancellabile 'rumore di fondo'.
 
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Selene B.
view post Posted on 28/11/2011, 21:06




CITAZIONE
In un punto del racconto dico che le mani lo servono da 112 anni

Ah, ecco: non avevo dato tutto questo peso all'informazione (e forse neppure tu gli hai dato tutto il rilievo che avrebbe meritato, nel contesto). Poteva essere anche che avessero trovato il modo di morire a 150 anni, per esempio. Comunque ok, la motivazione l'avevo intuita, ma non ero certa. Grazie del chiarimento ;)
 
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silver moon
view post Posted on 29/11/2011, 17:12




Molto bella l'idea. Ho dovuto però rileggere due volte il racconto per poterlo capire davvero e anche a me non era chiaro il punto riguardo ai 112 anni in cui le mani erano state i suoi fedeli strumenti: non avevo capito se fosse riferito al prima del trasferimento dell'"io-copia" nel nuovo simulacro o al dopo. Concordo con Laura quando dice che sei andato troppo spesso a capo. Per il resto, niente da segnalare ^^
 
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Olorin
view post Posted on 29/11/2011, 17:26




CITAZIONE (silver moon @ 29/11/2011, 17:12) 
Concordo con Laura quando dice che sei andato troppo spesso a capo. Per il resto, niente da segnalare ^^

scratch Urca è vero, ho dimenticato di rispondere anche a lauralafenice sulla questione del 'formato' del racconto!
Dunque, alle 23.35 ero intorno ai 4.300 caratteri spazi inclusi... panico. Ho cominciato a stralciare gli spiegoni, le descrizioni, le sensazioni, le elucubrazioni, i positroni e pure gli elettroni.
2.900 spazi inclusi. :cry:
Allora ho sostiituito gli 'arrivò improvvisamente' con gli 'improvviso arrivò' e poi gli 'affinché arrivasse' con i 'per arrivare'.
2522 spazi inclusi.
... uhmm, spazi inclusi?
a capo, a capo, a capo, a capo :D :D
 
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Peter7413
view post Posted on 30/11/2011, 14:01




Un racconto davvero interessante. Parto dall'unica pecca: quei 112 anni che avrebbe dovuto avere prima del trasferimento nella "nuova casa" sono eccessivi e richiedono una spiegazione che risulta assente, avrei preferito di gran lunga un più consono 90 anni (e risparmiavi anche UN carattere!). Ottima la progressiva trasformazione in automa con questa dialettica interna generatasi fra l'unico elemento naturale rimasto con il resto del tecno-corpo (non mi è piaciuto quel "un momento" nel primo passaggio, brutto da leggere). Un bel lavoro che ritengo tu possa allargare e sviluppare in un racconto più ampio. Complimenti.
 
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Fini Tocchi Alati
view post Posted on 1/12/2011, 11:56




Buona l'idea, però ho trovato il racconto difficile da seguire, tanto che mi sono riproposto di rileggerlo alla fine della tornata di commenti. in effetti, mi continua a sembrare ostico. A partire da quelle interruzioni che, secondo me, hanno poco senso, perché le descrivi come fossero immediate (come è giusto che siano, nella tua idea), ma in realtà si riferiscono a un tempo passato (perché non usi il presente) e allora quella immediatezza che vuoi rendere mi sembra illogica.
Poi, un'altra cosa: c'è questa "io copia" che viene trasferita nel corpo cibernetico. Ma l'originale? Che fine ha fatto? Di sicuro mi sono perso qualche passaggio...
 
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Olorin
view post Posted on 1/12/2011, 12:33




CITAZIONE (Fini Tocchi Alati @ 1/12/2011, 11:56) 
A partire da quelle interruzioni che, secondo me, hanno poco senso, perché le descrivi come fossero immediate (come è giusto che siano, nella tua idea), ma in realtà si riferiscono a un tempo passato (perché non usi il presente) e allora quella immediatezza che vuoi rendere mi sembra illogica.

Be', la narrazione in trapassato prossimo e passato remoto mi pare sia quella più spesso reperibile nei libri e nei racconti, perché in questo caso non li vedi applicabili con successo?

CITAZIONE (Fini Tocchi Alati @ 1/12/2011, 11:56) 
Poi, un'altra cosa: c'è questa "io copia" che viene trasferita nel corpo cibernetico. Ma l'originale? Che fine ha fatto? Di sicuro mi sono perso qualche passaggio...

è ovviamente morto insieme al corpo (mani a parte) e al cervello biologico originali - e al momento del trasferimento centododicenni (o poco meno) - in cui era nato.
 
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Fini Tocchi Alati
view post Posted on 1/12/2011, 14:58




Guarda, non so se è solo una mia sensazione in verità. Se avessi usato il presente, non avrei visto problemi. Quindi, una cosa del genere:
"Del resto il suo nuovo corpo... un momento... un menù a tendina è appena apparso nel suo campo visivo.
Suggerisce l'utilizzo del sinonimo simulacro"
Perché le interruzioni, così come le poni, devono avvenire ora (sennò non sarebbero interruzioni a... sorpresa), non possono essere già avvenute (e mantenere comunque l'effetto sorpresa). Le interruzioni avvengono nel momento in cui si narra e questo momento non può essere passato, deve essere presente. Non so se mi spiego. Ma lo ripeto: può essere solo una mia sensazione. :huh:
 
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18 replies since 24/11/2011, 23:58   204 views
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