Nero Cafè Forum

Ordine pubblico, di Luca Pagnini

« Older   Newer »
  Share  
black cat walking
view post Posted on 19/12/2011, 19:39




Ordine pubblico

***

I


La luna piena faceva capolino dietro le fronde dei platani, mentre la statua di Garibaldi vigilava su un Gianicolo deserto. Sotto, Roma riposava inconsapevole.
Una figura in jeans, giubbotto di pelle e scarpe da ginnastica, col cappuccio di una felpa color amaranto tirato sulla testa, si avviò sulla passeggiata in direzione del faro. Giunta nei pressi di una villa liberty, si appoggiò al parapetto e guardando i tetti di Regina Coeli si accese una sigaretta.
Due minuti dopo, un uomo alto, in soprabito scuro di buon taglio e scarpe in cuoio molto eleganti, ma poco adatte per la stagione, si materializzò alle spalle del fumatore.
«Tutto a posto?» chiese l'uomo, con il tono di chi è abituato a ricevere solo dei sì.
«Certo», rispose voltandosi la figura incappucciata.
«Vogliamo lo stesso casino di Genova».
«Così sarà, tranquillo. Ve lo ricorderete per anni». La cicca cadde a terra, giusto il tempo per finire sotto la suola di gomma.
«Ottimo. Tra due giorni troverai sul conto il solito compenso decuplicato».
«Lo sai che non lo faccio per denaro».
«Non importa... diciamo che è una garanzia in più per noi», disse l'uomo fissando l'ombra là dov'era nascosto il volto del suo interlocutore, più basso di lui di una decina di centimetri.
«E mio fratello?» fece quello indicando con la testa il carcere sotto la collina alle sue spalle.
«Uscirà. Devi portare pazienza».
«Sono anni che porto pazienza. Fai sapere ai tuoi capi che la sto esaurendo».
«Sarà fatto, ma non credo gli piacerà. Non è gente che ama gli ultimatum». Un leggero tic alla spalla destra tradì il suo nervosismo.
«Nun me ne frega ‘n cazzo! Tu dijielo… Ormai so abbastanza segreti da fa’ salta’ l’intera baracca, mejo pe’ tutti se restano tali. Giusto?» concluse l'incappucciato, e senza attendere risposta ritornò sui suoi passi costeggiando i busti degli eroi garibaldini.


II


Uscii di casa benedicendo il debole sole e maledicendo il ciclo. Sembra impossibile, seppure atteso, arriva sempre nei momenti sbagliati.
La manifestazione sarebbe stata eccezionale. Studenti da tutta Italia avrebbero riempito Roma per gridare ai palazzi del potere la propria rabbia. E io avevo due motivi per non mancare.
Quando con lo scooter arrivai al bar in piazza dei Campani, il primo incentivo mi stava aspettando fuori, con l’immancabile cicca in mano.
«Ciao amore».
«Ciao Fabio», risposi parcheggiando, quindi tolsi il casco e mi lamentai del freddo del mattino ancora pungente. Baciandolo delicata sulle labbra, il solito ricciolo si staccò dalla forcina e mi calò sugli occhi.
«Siamo al 14 dicembre, che t'aspettavi?» mi chiese lui, con il solito sorriso di bambino incorniciato da baffi e pizzo scuri, mentre mi rimetteva a posto i capelli.
Abbigliato come un adolescente, a ventotto anni Fabio aveva ancora l'aria spensierata di chi cerca la propria strada convinto di non avere limiti. Ma non sempre. A volte si chiudeva in silenzi cupi, impossibili da perforare. Era quasi un anno che ci frequentavamo, sapevo quando era il momento di defilarmi, allora, anch'io ne approfittavo per ritrovare i miei spazi, a volte andando a trovare mia madre nel suo ufficio di magistrato in Corte di Cassazione. Mia madre: il suo lavoro era sempre passato davanti a tutto e a tutti, ma, da quando il divorzio con papà era diventato una realtà immutabile, passava in Corte intere giornate.
«Che mi aspettavo?» scherzai, «Dieci gradi di più?»
«Stasera ti riscaldo io, dai».
L'allusione scontata mi fece rispondere più sgarbata di quanto volessi: «Non credo proprio».
«Perché?» ribatté Fabio, fingendosi ingenuo come un bambino a catechismo.
«Perché stamattina mi sono alzata storta, ecco perché».
«Ho capito, c'hai…»
«Bravo».
«Tempistica perfetta con la giornata, direi».
La sua risata mi colse impreparata, mi arresi subito: «Non lo dire a me», risposi cercando di trattenermi. «Facciamo colazione?»
Nel bar c'erano diversi compagni. Di norma ci saremmo incontrati al centro sociale di Valle Aurelia, ma visto che la partenza del corteo era alla Sapienza, in tanti avevamo preferito un posto più vicino all’università.
«Finalmente ecco Fabbietto e la biondina sua consorte». Come sempre Giulio, detto Josif, ci accolse sfottendo; per lui sarei rimasta la biondina anche se mi fossi tinta i capelli di un bel nero corvino.
Il soprannome, ovvero il nome di battesimo di Stalin, non poteva essere più adeguato. Figlio di un famoso avvocato, già laureato in filosofia con una tesi sull'estetica della rivoluzione, a trent'anni Josif frequentava il c.s.a. e i circoli studenteschi come il nostro. Da noi le sue posizioni radicali erano più tollerate che condivise, ma l'attitudine a comandare riusciva a coprire il dissenso, e l'aver partecipato agli scontri di Genova del 2001 gli concedeva un merito che ancora, a dispetto degli anni trascorsi, abbagliava i giovani iscritti e incuteva rispetto nei vecchi. Solo Fabio, anche lui reduce del G8, gli teneva testa, ma più per il reciproco sentimento d'amicizia che altro. Guardandoli quella mattina, notai quanto fossero simili anche di corporatura.
«Non rompere, Josif», ribatté brioso Fabio, «Per caso mancavamo solo noi?»
«Sì», rispose secco qualcuno alle mie spalle.
«Ma se stavo qua fuori...» provò a giustificarsi Fabio.
«Lascia perdere Fa', stavamo scherzando. Piuttosto, i cartelli?»
«I cartelli li portano gli altri direttamente all'università».
«Bene. Allora pijateve 'sto cappuccino e annamosene», ci esortò Josif, «oggi je famo un culo che se lo ricorderanno per tanto, tanto tempo».

Uscendo presi da parte Fabio: «Cosa intendeva dire Josif con quella frase?»
«Se va come deve, forziamo la zona rossa e arriviamo a palazzo Madama e a Montecitorio», mi rispose serio.
«Perché alla riunione dell'altra sera non l'avete detto? Non mi pare una cosa da poco. Dovevamo parlarne tutti assieme e...»
«Tranquilla Francesca, ti proteggo io». Come al solito, quando non aveva argomenti solidi, Fabio tentava di deviare la discussione scherzando.
Accanto a noi si fermò Lucio, una matricola di Latina che mi stava sempre intorno. Non aveva speranze, però mi piaceva avere un giovane pupillo, sveglio e simpatico, con cui tenere desta l'attenzione del mio uomo.
«Non è questione di protezione, chi ha deciso questa bravata?» ripresi.
«È stata un'idea di Josif, ma i compagni degli altri gruppi sono tutti d'accordo».
«Pure tu?» gli chiese Lucio.
«Sì. Così vedremo se poi il Governo ci ascolta». Chissà se quella che colsi nello sguardo di Fabio era stata gelosia, oppure semplice irritazione per l’impertinenza dell’ennesimo figlio di papà – ma per Fabio, di famiglia operaia, lo eravamo quasi tutti – atteggiato a rivoluzionario.
«Siete degli illusi», dissi. «Gli daremo solo un motivo in più per strumentalizzare la nostra lotta e attaccarci...»
«L'ora dei compromessi è terminata, Francesca», mi interruppe. «Vedrai che se non otterremo ascolto, otterremo consenso e forza contrattuale», proprio così disse, forza contrattuale. «Ora diamoci una mossa sennò arriviamo a festa finita».
La questione era chiusa.
«Andate avanti», li invitai, cercando di nascondere la preoccupazione, «telefono a un'amica per sentire dov'è e vi raggiungo».
Prima di voltarsi, Fabio mi baciò con un'intensità insolita per il luogo e il momento. Ripensandoci più tardi, capii che voleva segnare il territorio, politico con me e sentimentale con Lucio.
«Come andrà a finire, Francesca?» chiese il mio giovane spasimante con gli occhi vispi sotto i dreadlocks, kefiah bianconera al collo, casco nero a elmetto in una mano e Nokia nell'altra, lo stereotipo perfetto del moderno contestatore.
Male, pensai. Invece risposi: «Bene, Lucio. Sarà una giornata memorabile».

III


In Questura l’attività era frenetica. Quando il responsabile della Digos entrò quasi correndo nell’ufficio del Capo di Gabinetto, questi stava indossando la fascia tricolore per uscire a gestire l'ordine pubblico.
«Alcuni gruppi tenteranno di violare la zona rossa», comunicò il dirigente appena chiusa la porta.
«Ne è certo?»
«Sì, la nostra fonte ce l'ha appena confermato».
«Allora dai servizi segreti avevano ragione...» valutò tra sé e sé il funzionario, «Brutta storia quando alla politica supplisce la polizia. Brutta storia davvero...». Afferrata la radio portatile, concluse: «E sia, non ci resta che fermarli».


IV


La folla in piazzale Aldo Moro era enorme; sul lato di viale delle Scienze non riuscivo a vederne la fine. Dopo mezz’ora ad aspettare che la testa del corteo si muovesse, finalmente ci mettemmo in marcia.
Gli slogan arrabbiati e ironici stridevano con il clima da volemose bene che gli addobbi natalizi alle terrazze e sulle vetrine avrebbero voluto ispirare. Il rosso dei Babbo Natale appesi alle finestre, uguale a quello dei nostri striscioni e della nostra frustrazione, era l'unico punto di contatto tra noi e la città.
A metà di via Cavour, Fabio, che avevo perso di vista quasi subito, mi affiancò.
«Hai visto quante foto ci stanno facendo gli sbirri?» mi domandò.
«No, ma è il loro lavoro. Che c'è di strano?»
«C'è che stanno fotografando soprattutto noi e quelli del collettivo di psicologia. Non mi piace. Dov'è Josif?»
«Non lo so».
«Ai Fori stai attenta». Buttò la frase lì, come se gli fosse sfuggita di bocca sovrappensiero.
«Perché?» chiesi con altrettanto falso distacco.
«Ci uniamo al corteo che arriva dal Colosseo, quarcosa ha da succede’».
Senza lasciarmi replicare, sparì tra la gente con in mano un casco integrale recuperato chissà dove.

In piazza Venezia diversi dimostranti si staccarono dal corteo principale per andare a tirare sassi, bottiglie e petardi contro due furgoni dei Carabinieri che chiudevano vicolo Doria, un budello di strada che avrebbe permesso l’accesso al Corso.
Il via all'assalto era stato dato, all’apparenza senza coordinamento, da alcuni ragazzi con sciarpe, caschi e cappucci a celarne l'identità. Il fatto che tra i più attivi ci fossero Josif e Fabio mi dissolse qualsiasi dubbio sull’origine dell’azione. Entrambi indossavano il chiodo e la felpa amaranto delle BAL, potei distinguerli solo per il casco che Fabio calzava sopra il cappuccio.
In pochi attimi molti giovani si aggiunsero ai primi, qualcuno arrivò a colpire con aste e bastoni i militari, che però si ripararono senza contrattaccare. Molti studenti dalla piazza intanto gridavano di smetterla. Dov'era il consenso auspicato da Fabio?
Più loro gridavano, più io mi sentivo fuori posto. Il secondo motivo che mi aveva spinta fin lì stava rapidamente scomparendo.
Dopo qualche minuto mi raggiunse Lucio.
«Di qui non si passa», disse da dietro la sciarpa.
«E allora?»
«Allora riproviamo più avanti».

V


Un gruppo di ragazzi scagliò uova e bombe carta oltre lo sbarramento delle forze dell'ordine creato in corsia Agonale a piazza Navona, davanti all'accesso del Senato. In disparte, un manifestante alto, con il viso coperto da una kefiah bianca e rossa li osservava immobile. Solo un movimento sussultorio della spalla destra, ogni tanto, dimostrava la sua veglia.
Quando la massa si spostò verso i nuovi obiettivi della contestazione, l'uomo la seguì.


VI


La polizia caricava in direzione piazza del Popolo. Per creare un diversivo, alcuni studenti incendiarono una Bmw parcheggiata all'angolo tra via Ripetta e via del Vantaggio. Poi, lanciando sampietrini, attirarono su di loro la celere. La barricata in via del Corso, formata da due furgoni della polizia e uno della finanza, rimase sguarnita. Rapidi, in trenta o quaranta si avventarono sui mezzi con spranghe e bastoni; qualcuno lanciò una sedia di metallo presa in prestito da qualche bar.
Bancomat e vetrine distrutti; cartelli stradali divelti e usati come arieti; pestaggi di agenti e finanzieri rimasti isolati; liti incomprensibili tra manifestanti stessi. Il corteo si stava sciogliendo nella rabbia. E la mia pazienza era finita. Tutto ciò non mi apparteneva, ne dovevo uscire il prima possibile.
Da quando sul lungotevere Marzio la situazione era precipitata, intorno avevamo più fotoreporter e cameraman che sbirri. Scansando una macchina fotografica dietro l'altra iniziai a cercare Fabio dove ero certa fosse, al centro del disordine.

Lo trovai con Josif che guardava bruciare uno dei furgoni in via del Corso. Appena gli fui accanto, alle nostre spalle, da via Brunetti, comparve un drappello di sbirri incazzati neri.
Eravamo in trappola.
«Corri», gridai.
«Dove?» rispose Fabio mollando a terra un bastone.
«Di qua!» e tirandolo per una manica lo trascinai verso via Laurina, dove sembrava regnare una calma irreale. Prima di proseguire oltre ci fermammo a riprendere fiato sotto un portone.
«Cazzo, Fra', c'è mancato poco», ammise, quindi si tolse il casco e sputò in terra.
Dopo un attimo arrivarono anche Josif e Lucio.
«Sì. Davvero poco», risposi asciugandomi il sudore. «Te l'avevo detto che era una cazzata!»
«Cosa?» domandò Lucio tra un colpo di tosse e l'altro. A un certo punto il fumo degli incendi, combinato a quello dei lacrimogeni, era stato così denso da nascondere il sole.
«Lo sapete meglio di me, cosa», gridai. «Hai visto cos'hanno fatto a quel finanziere? Se ci scappa il morto…»
«Speriamo!» sbottò Josif con lo sguardo pieno d’odio, mentre tentava di accendersi una sigaretta tra le mani tremanti, «Così s'empareno ‘sti zozzi…»
«Voi siete fuori di testa!»
«E tu sei una stronza elitaria!»
«Basta!» Intervenne Fabio sbattendo il casco contro lo stomaco di Josif, che pronto attutì il colpo strappandoglielo di mano. Un’occhiata di risentimento passò dall’uno all’altro.
«Smettetela, non è il momento di litigare. Torniamo in piazza del Popolo prima che ci taglino fuori», ci esortò Lucio, a quanto pareva il più lucido di tutti.
«No, io ne ho abbastanza...» Non terminai la frase che da via del Corso spuntarono quattro celerini.
«Tu resta ferma qui, non ti faranno nulla», mi disse Fabio. Un attimo dopo tutti e tre erano già spariti in via del Babuino.
Solo in quel momento mi accorsi di un altro manifestante nascosto a pochi metri da noi nell'ingresso di un antiquario, forse l'unico negozio della zona a non aver ancora abbassato le saracinesche.
Prima di aver raggiunto la mia posizione, i poliziotti tornarono indietro. Con un sospiro sciolsi la tensione condensata in una singola lacrima.
In quel momento il tipo uscì dal suo rifugio e incrociò gli sbirri. Non vidi ciò che mostrò agli agenti, né sentii cosa disse loro – se davvero disse qualcosa – di sicuro un attimo dopo correva libero nella direzione in cui si erano dileguati Fabio e gli altri. Quando mi sfrecciò davanti, feci appena in tempo a vedere la kefiah biancorossa che gli copriva il volto.
Perché non l’avevano portato via? Si stava davvero nascondendo?
Qualcosa dentro mi disse che niente era come sembrava.
In preda al gelo presi il cellulare e chiamai il mio referente alla Digos.

Nella piazza regnava la confusione più totale. Decine di manifestanti fronteggiavano i poliziotti che accorrevano da via del Corso e da via Ripetta con l'intento di disperdere i contestatori verso piazzale Flaminio. Intanto altri dimostranti, dalla terrazza del Pincio, bersagliavano con i sampietrini le forze dell'ordine e i curiosi troppo vicini all'azione, soprattutto fotografi.
L'aria era pregna di gas, ma in pochi secondi un vento pietoso e freddo la ripulì.
Ancora una volta mi ritrovai a chiedermi come fossi finita in mezzo a quel casino. La risposta conduceva dritta a mia madre. Se un suo vecchio amico della Questura non avesse fatto leva sul mio senso di responsabilità, convincendomi a passare qualche informazione ogni tanto, non sarei mai rimasta invischiata in quella pazzia, di certo non quel giorno.
“Non esistono infiltrati”, questo mi aveva detto al telefono.
E allora chi era quello nel vicolo?
Dovevo avvisare Fabio.

Di colpo alcuni furgoni della polizia e dei carabinieri bucarono la fila di agenti per inseguire i manifestanti. Tutti correvano senza una logica apparente. La scena mi ricordò un cartone animato delle elementari in cui un dottore con le sembianze di Einstein cercava di spiegare a dei piccoli alunni il moto degli elettroni in un atomo.
In preda alla paura di non trovare Fabio, persi ogni cautela e tagliai la piazza verso Porta del Popolo rimbalzando nella folla come in un flipper. Improvvisamente notai Josif correre e, dietro di lui, l'estraneo di poco prima. Da lontano sembrava stessero solo scappando nella medesima direzione. Sebbene non lo avessi visto, anche Fabio doveva essere con loro, ne ero certa.
Per qualche secondo sia Josif che l’uomo con la kefiah scomparvero dietro l’obelisco al centro della piazza, quando soltanto lo sconosciuto tornò a vista per perdersi subito nella folla, un allarme interiore, più forte degli ululati delle sirene intorno, mi tramortì.
Ormai travolta dagli avvenimenti, corsi.
Urtando gente impazzita, corsi.
Corsi verso il punto da cui Josif non era riemerso e lì lo trovai, accovacciato di spalle in posizione fetale.
La calca mi impedì di superare gli ultimi due metri.
Esausta e tremante, lo chiamai più volte: «Josif! Josif, dov’è Fabio? Josif…»
Tra le lacrime, l’ultima invocazione mi morì sulle labbra.
Lui non rispose, o se rispose non lo udii, si stava stringendo il ventre.
Prima che lo circondassero vidi il giubbotto strappato, la felpa amaranto cambiare colore, la chiazza di sangue allargarsi sotto di lui.
Poi qualcuno gli tolse il cappuccio e lo voltò.
Il tempo scomparve.
Quello che si stava dissanguando a terra non era Josif.
Rividi un casco integrale passare di mano, poi le lacrime furono più veloci a scendere delle parole a uscire.
Lucio fu più veloce a portarmi via della polizia a fermarmi.
A terra, Fabio morì solo.

Non so quanto tempo dopo, mi ritrovai seduta in un bar con una tazza di tè in mano.
La manifestazione era finita.

VII


L'uomo alla scrivania parlò per primo, molto compiaciuto: «Bel lavoro».
«È stato più semplice del previsto. Anche se per un attimo ho rischiato di essere fermato», commentò l'altro, seduto su una poltrona di pelle con una kefiah biancorossa in mano.
«Beh, non a caso ti abbiamo infiltrato in Questura. E poi, in fondo, stiamo dalla stessa parte della polizia, solo che loro non lo sanno».
«Perché non capirebbero...»
«No, non capirebbero».
Dopo un attimo di silenzio, l’uomo a sedere alzò più volte la spalla destra e riprese: «Invece con un colpo solo abbiamo risolto due problemi».
«Un morto in ogni momento cruciale e saranno i leader stessi a chiudere il movimento, soprattutto se il morto è da imputarsi a presunte diatribe interne. Per quanto riguarda il ragazzo invece... è stato davvero un peccato sacrificarlo, in questi anni era stato molto utile. Chissà cosa gli era venuto in mente minacciandoci», concluse il primo.
«Chissà» ribadì l'altro, «Genova non gli aveva insegnato proprio nulla».




nota
BAL = Brigate Autonome Livornesi

Edited by black cat walking - 26/12/2011, 22:28
 
Top
Libero Neri
view post Posted on 21/12/2011, 12:16




Ciao Black Cat Walking
mi sembra che abbiano qualcosa in comune, questo tuo racconto e il mio :) la tematica è molto apprezzata, così come lo sviluppo e la tua scrittura. Mi resta solo da chiederti una cosa che pensavo mi fosse chiara e invece a una rilettura più attenta mi ha stranito:
"«Beh, non a caso ti abbiamo infiltrato in Questura. E poi, in fondo, stiamo dalla stessa parte della polizia, solo che loro non lo sanno»"
in che senso infiltrato in questura? credevo che il personaggio con la keffia fosse un infiltrato della questura. Non è così? Ci sono di mezzo i servizi segreti?
Buenaventura!
PS Un ultima cosa: sbaglierò ma non mi sembra di aver mai visto nessuno, nè funzionario nè capo di gabinetto, che per gestire l'ordine pubblico, indossi la fascia tricolore.
 
Top
black cat walking
view post Posted on 21/12/2011, 12:39




CITAZIONE (Libero Neri @ 21/12/2011, 12:16) 
Ciao Black Cat Walking
mi sembra che abbiano qualcosa in comune, questo tuo racconto e il mio :) la tematica è molto apprezzata, così come lo sviluppo e la tua scrittura. Mi resta solo da chiederti una cosa che pensavo mi fosse chiara e invece a una rilettura più attenta mi ha stranito:
"«Beh, non a caso ti abbiamo infiltrato in Questura. E poi, in fondo, stiamo dalla stessa parte della polizia, solo che loro non lo sanno»"
in che senso infiltrato in questura? credevo che il personaggio con la keffia fosse un infiltrato della questura. Non è così? Ci sono di mezzo i servizi segreti?
Buenaventura!
PS Un ultima cosa: sbaglierò ma non mi sembra di aver mai visto nessuno, nè funzionario nè capo di gabinetto, che per gestire l'ordine pubblico, indossi la fascia tricolore.

Ciao Libero!
Intanto grazie per la lettura e gli apprezzamenti.
Sulle tue domande, le risposte sono nelle domande stesse. :B):
Allora: il tipo con la kefiah è un infiltrato NELLA questura e, poi, nel corteo e, quindi, sì, ci sono di mezzo i "servizi segreti". ;)

Sulla fascia abbiamo ragione entrambi: per legge il funzionario responsabile dell'o.p. la dovrebbe indossare, di fatto, però, spesso non lo fanno (comodità? pigrizia? bad look? non lo so... <_< )
Appena posso leggerò il tuo, mi hai incuriosito. :)
A presto.
 
Top
simc
view post Posted on 22/12/2011, 11:32




ciao black cat,
che dire, questo genere di racconti non è nelle mie corde. Ma poco importa.
è comunque una spy story riuscita poichè tutti spiano tutti, diciamo che alla fine il racconto più disonesto l'hai scritto tu. scherzi a parte, ho apprezzato molto l'incipit, davvero ben costruito, suggestivo, e per una buona parte il racconto scorre via liscio, senza intoppi, svarioni, incongruenze, poi arriva la descrione di Josif e il conseguente crollo, almeno per me. torniamo alla discussione di ieri, perchè io qui capisco dove andrai a parare. è troppo esplicito questo indizio, quando parli dei capelli poi... la mia osservazione è stata: e già tanto questi c'hanno i cappucci! penso che tu me le debba dare queste informazioni ma non in modo così diretto.
e non provare a dirmi che non cercavi il finale a sorpresa, altrimenti Fabio l'avresti fatto crepare in altro modo, che so... magari un poliziotto prende a manganellate lei, lui le fa scudo con il proprio corpo e ne prende una definitiva sulla capoccia. Muore, tra le sue braccia, come la pietà. scattano pure delle foto che finiscono in televisione e su tutti i giornali, e i due diventano il nuovo manifesto della resistenza. ora, possiamo disquisire sino a domani mattina se questi siano punti di forza o fragilità in un racconto. io penso siano fragilità, ma forse è solo gusto.
ah, un'altra cosa: credo ci siano troppi nomi per un racconto breve e, a volte, ti dilunghi troppo in descrizioni irrilevanti
a rileggersi.
 
Top
black cat walking
view post Posted on 22/12/2011, 12:48




Ebbene sì, è all'altezza. ;)
Il finale a sorpresa (doppia, in realtà) l'ho cercato, non è mica vietato, ma per farlo non credo di essere stato disonesto, di indizi ne ho lasciati pure troppi (me lo contesti anche te). Su Josif posso essere d'accordo, ma mi sembra eccessivo dire che da lì avevi già capito tutto, cavolo, non c'era nemmeno la storia ancora, cos'hai afferrato di preciso? E quattro nomi sono davvero così tanti?
Sulle descrizioni invece ci devo lavorare, me lo dicono in tanti e me accorgo anche da solo, ma sempre in ritardo. <_<
 
Top
simc
view post Posted on 22/12/2011, 21:15




Ciao,
Non so se ce ne sono in eccesso di indizi , forse quelli che servono. Li trovo solo troppo evidenti, per i miei gusti, ovvio. Magari il mio è un consiglio sbagliato e quindi fanne ciò che vuoi, ma, così risolviamo anche la questione dei nomi che sono: Pino, Raffaele, sara, Josif, Fabio, Francesca e Lucio, ecco Lucio, a esempio secondo me è sacrificabile. A che serve? facciamo che francesca giunge all'appuntamento con il suo Fabio, vede un ragazzo incappucciato voltato di spalle, lo abbraccia da dietro, lui fa scendere il cappuccio, si gira. lei imbarazzata chiede scusa e dice che pensava fosse... Lui , josif ( che eliminato lucio, lo facciamo diventare quello che ci prova) dice: dai, sono meglio di Fabio... ma fai pure.
ora mi pare di aver lasciato il tuo stesso indizio, ma in modo più sfuggente forse, quello che preferisco.
 
Top
black cat walking
view post Posted on 22/12/2011, 22:16




Al di là dell'o.t., grazie per il tempo che stai dedicando al mio racconto.
In effetti Lucio (i primi tre sono davvero soltanto dei nomi, sarebbe come togliere la parola "sedia" perchè ci sono già troppi mobili) aveva ben altro peso nella prima versione di questa storia, a questo punto sarebbe sacrificabile però tre soli manifestanti noti mi stonerebbero.... vedremo. Raccolgo anche, e ne faccio tesoro, il consiglio sul cappuccio, o meglio, l'idea che porta quell'esempio. Avrò sicuramente modo di sfruttarlo.
Grazie ancora per lo scambio. :)
 
Top
Selene B.
view post Posted on 23/12/2011, 00:55




Ciao Black Cat!
Di questo racconto, come credo di aver già avuto occasione di dire, mi piace l'ambientazione e la prima parte. Poi, non saprei indicare esattamente dove, la tensione invece di crescere cala, e comincio ad accusare la lunghezza del testo (percezione ovviamente soggettiva, come se tu girassi troppo intorno alla storia) e qualche passaggio che non risulta chiarissimo alla prima lettura. E' un racconto più che dignitoso, ma non riesce a portarmi via. Siccome credo che sia un mio problema, più che un problema del testo, faccio anche fatica a dare consigli su cosa modificare. L'unico suggerimento che mi sentirei di dare è di provare magari a togliere qualcosa, per accelerare un po' il ritmo e tenere più sulla corda il lettore. Ovviamente va selezionato per il taglio il puro superfluo (qualche descrizione, qualche scena che non porta a nulla), non ciò che serve a caratterizzare l'ambiente e i personaggi.Anzi, se devo dire la verità, forse sui personaggi spenderei qualche parola in più per renderli meno "tipici", un po' più profondi. E questo, anche se sembra in contraddizione con quanto dicevo sopra non lo è, perchè se rendi più interessanti e imprevedibili i personaggi la tensione non cala, cresce. Scusa se non ti sono molto utile!

A rileggerti!
 
Top
black cat walking
view post Posted on 23/12/2011, 18:20




Grazie Tina per la lettura e il commento. :)
Non è vero che non mi sei stata utile, anzi, i tuoi "pensieri" messi assieme a quelli di Simona mi hanno dato una spinta, in queste vacanze di Natale cercherò di apportare qualche modifica.
Grazie ancora e buone feste! santa
 
Top
patriktroll
view post Posted on 26/12/2011, 15:02




ciao black cat,
ricambio il favore della tua lettura, premettendo che il racconto non è nel mio genere e che non sono esperto di come solitamente questo tipo di narrativa venga realizzato.
la mia sensazione è che la scrittura sia senz'altro buona e che la storia sia ben organizzata, ma diluita dalla descrittività. spesso ho avuto più la sensazione di un dettagliato resoconto giornalistico dei fatti che di un thriller o un noir. come lettore avrei desiderato più emotività, ma è chiaro che è soggettivo e fai di questa considerazione ciò che vuoi. l'elemento dove la forza trainante cala credo siano i personaggi, che mi appaiono più come pedine dell'intreccio che come persone, e le loro caratterizzazioni realistiche mi hanno dato più l'effetto di "tipi" (quel tipo di antangonista e quell'altro, quel tipo di ragazza...) che di identità individuali, quasi che fossero uno strumento di mappatura della realtà anzichè le anime di una vicenda.
a rileggerti!
stefano (o patrik...)
 
Top
m_iller
view post Posted on 26/12/2011, 21:37




Ciao Luca, eccomi!

L’idea: un racconto socio-politico, non nascondo che sono argomenti che mi interessano e su cui ho basato i pochi racconti che ho scritto. Credo sia utile prendere spunti da eventi di cronaca, soprattutto se italiani.

Tecnica: hai alternato il punto di vista di Francesca con quello di un narratore esterno. Penso che avresti ottenuto un effetto maggiore se tu avessi alternato il pdv di Francesca con quello dell’uomo col tic, facendo vedere il giusto al lettore.
Domanda: perché hai utilizzato il pdv di un personaggio femminile? te lo chiedo per curiosità e per confrontarmi con le tue scelte, poiché anch’io in alcuni racconti ho fatto altrettanto.

Alcune annotazioni:
CITAZIONE
Una figura in jeans e giubbotto di pelle, il cappuccio di una felpa color amaranto tirato sulla testa, scarpe da ginnastica, si avviò sulla passeggiata in direzione del faro.

forse è un mio problema ma questo periodo mi suona male, avrei scritto: "Una figura in jeans e giubbotto di pelle, col cappuccio di una felpa color amaranto tirato sulla testa e scarpe da ginnastica, si avviò... " e pensandoci meglio ti chiedo: ma sono necessari tutti questi elementi? "Una figura col giubboto di pelle si avviò sulla passeggiata in direzione del faro. Il cappuccio color amaranto della felpa era tirato sulla testa."

CITAZIONE
Guardandoli quella mattina, notai quanto fossero simili anche di corporatura, in lontananza li si sarebbe potuti distinguere solo per i capelli: chiari ma rasati quelli di Josif, ricci e scuri quelli di Fabio.

qui hai "rovinato" la lettura, anticipando quello che poi avverrà più avanti. Avresti potuto giocare questa informazione in un altro modo, per non rovinareil pathos.

Detto questo ti faccio i miei in bocca al lupo.
Miller
 
Top
black cat walking
view post Posted on 26/12/2011, 22:16




Visto che sono qui... ^_^

CITAZIONE (m_iller @ 26/12/2011, 21:37) 
Ciao Luca, eccomi!

L’idea: un racconto socio-politico, non nascondo che sono argomenti che mi interessano e su cui ho basato i pochi racconti che ho scritto. Credo sia utile prendere spunti da eventi di cronaca, soprattutto se italiani.

Concordo in toto: attualità e Italia, c'è di tutto e di più. ;)

CITAZIONE
Tecnica: hai alternato il punto di vista di Francesca con quello di un narratore esterno. Penso che avresti ottenuto un effetto maggiore se tu avessi alternato il pdv di Francesca con quello dell’uomo col tic, facendo vedere il giusto al lettore.
Domanda: perché hai utilizzato il pdv di un personaggio femminile? te lo chiedo per curiosità e per confrontarmi con le tue scelte, poiché anch’io in alcuni racconti ho fatto altrettanto.

Era una possibilità, io ho tenuto il pdv di un narratore esterno perché volevo che quella parte fosse il più possibile impersonale (infatti non c'è neanche la visualizzazione interna), una fredda fotografia dei "fatti" e basta, un modo per staccare dall'emozionale della ragazza.
Ho poi utilizzato il pdv di una Francesca invece di un Francesco :B): per sperimentare. Dare il pdv di una manifestazione dal lato maschile mi sembrava banale, quindi ho provato a variare.

CITAZIONE
Alcune annotazioni:

Una figura in jeans e giubbotto di pelle, il cappuccio di una felpa color amaranto tirato sulla testa, scarpe da ginnastica, si avviò sulla passeggiata in direzione del faro.

forse è un mio problema ma questo periodo mi suona male, avrei scritto: "Una figura in jeans e giubbotto di pelle, col cappuccio di una felpa color amaranto tirato sulla testa e scarpe da ginnastica, si avviò... " e pensandoci meglio ti chiedo: ma sono necessari tutti questi elementi? "Una figura col giubboto di pelle si avviò sulla passeggiata in direzione del faro. Il cappuccio color amaranto della felpa era tirato sulla testa."

Gli elementi mi servivano per due motivi: caratterizzare il personaggio rispetto all'antagonista e dare degli indizi sulla sua identità ma senza svelarla completamente (pensa: se non ci fosse questa descrizione all'inizio, chi avresti immaginato fosse la talpa?)
Per quanto riguarda il tuo suggerimento, in effeti scorre meglio, ora ci penso e valuto, grazie.

CITAZIONE
Guardandoli quella mattina, notai quanto fossero simili anche di corporatura, in lontananza li si sarebbe potuti distinguere solo per i capelli: chiari ma rasati quelli di Josif, ricci e scuri quelli di Fabio.

qui hai "rovinato" la lettura, anticipando quello che poi avverrà più avanti. Avresti potuto giocare questa informazione in un altro modo, per non rovinareil pathos.

Ecco, questa è una novità che ho aggiunto proprio oggi, a questo punto (1 su 1 che la critica immediatamente! :o: ) penso di doverla, quanto meno, modificare. <_<

CITAZIONE
Detto questo ti faccio i miei in bocca al lupo.
Miller

Crepi, e grazie! ^_^
 
Top
black cat walking
view post Posted on 2/1/2012, 22:57




Prima di dare i voti sui giudizi, mi scuso con Stefano (o patrik ;)) per non averlo ringraziato prima, non so come ma il suo commento mi era sfuggito, per cui: grazie per la lettura e le impressioni, ne terrò conto. :)

Sui commenti ricevuti, dico:

Libero Neri - 2
Simc - 4 (nonostante la gobba :wacko: ;))
Selene - 3
Patriktroll - 3
m_iller - 3

Ciao e a rileggerci con tutti! :D

Edited by black cat walking - 3/1/2012, 08:42
 
Top
12 replies since 19/12/2011, 19:39   263 views
  Share