Non capiscono, e non capiranno, cosa ci distingue. Eppure basterebbe questo: le immagini della mia infanzia sono i vicoli fra gli antichi palazzi di pietra di Roma, una città che un tempo era il centro del mondo; le tue sono computer, serre idroponiche, tute stagne, e la superficie grigia di un pianeta che è più lontano dall'umanità di quanto speravamo di raggiungere.
Altre immagini raccontano la mia vita.
* * *
— Quella parte del progetto si può ormai dire conclusa — disse Salinger. — Per l'ibernazione, a che punto siamo?
Il barbuto Vidal alzò le spalle.
— Senza non vedo come possiamo arrivarci. Sono trent'anni di viaggio.
La mia voce disse: — E se usassimo degli embrioni? Li mandiamo congelati, li facciamo sviluppare quando sono a destinazione.
Vidal sbuffò.
— Serve la gente adatta — disse Salinger. — Non solo come preparazione ma anche come attitudini e carattere. Come facciamo a essere sicuri che lo saranno?
* * *
L'impatto con un asteroide, un guasto al sistema di guida, la fine imprevista del carburante, una qualsiasi di altre centomila ragioni potevano far sì che l'astronave non fosse al suo posto, sull'orbita di Io.
Invece c'era.
Gli strumenti a lungo raggio inondavano di dati il computer, che li traduceva in un'immagine tridimensionale ruotante da cui appariva non solo in ordine ma anche lucida e perfetta come quando era partita.
La porzione nera di schermo rifletteva un viso rugoso che non aveva più nemmeno la forza di sorridere, nonostante la peggiore paura degli ultimi trent'anni di solitudine si fosse rivelata infondata: non trovare niente, scoprire di dover morire senza uno scopo.
Tossii, bagnando la mano di sangue.
* * *
Un solo guasto. In tutta l'astronave non c'era nessun danno se non quello dei due fili che portavano all'antenna. Le sollecitazioni avevano deformato un giunto, schiacciandoli fra due supporti metallici. Il computer vedeva i dati inviati tornare indietro come provenissero dalla Terra, ma nessuno di quelli era mai l'ordine di procedere.
Non c'era altro che non andasse.
Le vasche erano pronte per sviluppare gli embrioni. Le serre erano attive, e già producevano ossigeno e cibo. I sistemi didattici automatici non aspettavano altro che bambini a cui insegnare. Le macchine da costruzione erano pronte per una mano che li guidasse verso la colonizzazione di Io.
E adesso, l'antenna riparata collegava quel piccolo frammento di umanità persa nel cosmo alla grande anima della sua collettività.
* * *
Nella tua vita ci saranno altre immagini. Ti vedo uscire dalla vasca, venire nutrito per la prima volta. Parlare con la gente del controllo missione, a milioni di chilometri di distanza. E giocare con gli altri a rincorrersi per l'astronave. Uscire per la prima volta fuori, nel vuoto.
Ma è solo la mia immaginazione, perché io non vivrò abbastanza per vederti.
Non capiscono e non capiranno. Diranno che è stata solo opera mia, ma io ho riattivato la stazione e tu la userai per colonizzare Io. Non io con una mia copia ma io e te, insieme.