Due dei
Conoscere il momento esatto della propria morte cambia la percezione delle cose. Il tempo diventa inconsistente, se ne vola via come foglie spazzate dal vento. E allo stesso tempo si fa denso, lento, simile a sabbie mobili, mentre cerchi di vivere ogni istante più che puoi e scopri che è quasi impossibile perché la paura non ti lascia.
Morirò allo scattare del minuto zero dell'ora zero del duemilatredici.
In queste ore rivedo continuamente l'ultima scena di me e Sara che facciamo l'amore. Io che le stringo le natiche e le affondo le labbra tra le gambe, lei che non cessa di succhiarmi lentamente, intensamente. Spero di morire con questa immagine, perché l'amore carnale è stato uno dei due dei che ho adorato. L'altro è il Segreto, in cui ho sempre avuto l'impulso a frugare ogni volta che ne avvertivo anche soltanto l'odore. Come quando ho scoperto di quella storia del metrò, della gente che scompariva, di dove andavano a finire. Ho scoperto il loro rifugio e ne ho parlato alla persona sbagliata. Oggi non si può dire niente senza che sia ascoltato, dannazione. È per questo che dovrò morire. Loro l'hanno detto chiaramente.
Cercare di sparire sarebbe stato inutile. Ogni mio movimento è sorvegliato. Così ho scelto il posto a cui sono più affezionato, una panchina in un parco della periferia della mia città. Ed eccomi qui, da solo, a pochi attimi dalla fine. Una macchina si ferma e un uomo scende. L'ho riconosciuto, è uno di loro. La paura, nelle ultime ore quasi anestetizzata, esplode d'un tratto nelle mie cellule simile a quelle grida così acute da mandare i vetri in frantumi. Poi qualcun altro mi tappa la bocca, da dietro, e mi rendo conto che ero io a gridare. E sì, rivedo Sara e sento il sapore del suo sesso mentre scivolo giù, e l'istante dopo è tutto finito.