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Stefania, di Roberto Bommarito

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Roberto Bommarito
view post Posted on 26/3/2013, 22:29




Stefania



I suoi occhi cerchiati di nero come se stessero affondando in un abisso, le gambe piene di piccoli tagli lasciati dalla lametta, le ali con le penne sciupate, la prima volta che vidi Stefania sembrava una puttana come le altre.
«Te la faresti?» domandava mio cugino, alla guida della sua nuova Ford Ka. Di solito guidava quella stupida macchina come se si credesse la reincarnazione di Senna, rallentando solo per passare in rassegna le ragazze che battevano il marciapiede.
Con l'alito che puzzava di alcool, insisteva: «E quell'altra invece? Che ne dici?»
Eravamo giovani. Eravamo due emeriti coglioni. Più fumo che ossigeno nei polmoni, l'ennesima bottiglia di Smirnoff che rotolava sul sedile posteriore dell'auto, eravamo bravi a fare la parte dei duri, specie dopo le undici di sera. La verità era che la disperazione ci terrorizzava tanto da costringerci a sbagliare.
«Sì, quella me la farei» rispondevo di tanto in tanto, mezzo ciucco pure io.
Abitavamo nello stesso quartiere. Sceglietene pure uno a caso. Un quartiere qualsiasi di una città qualsiasi. Vanno tutti bene, purché sia dimenticato da Dio.

Stefania. Conoscere il nome di una puttana significa avere sorpassato una linea invisibile che separa il mondo delle menzogne comode da quello reale, duro, brutto, merdoso, puzzolente, marcio, schifoso, terrorizzante dei bassifondi.
«Rimani» mi disse una volta lei, dopo aver fatto.
Erano passati due anni dai tempi in cui io e mio cugino facevamo i coglioni, sostando vicino alle ragazze, prendendole in giro.
Non disse la stessa cosa a mio cugino. «E io?» protestò lui, buttando via il condom usato. Lei tacque. Prima di andarsene, lui insistette: «Però a lui fargli pagare di più, altrimenti m'incazzo.»
«Cosa vuoi?» le domandai, una volta rimasti soli.
Lei si alzò dal letto, ancora nuda, bella e usata. Voltandosi, aprì le ali e mi domandò: «Come sono?»
Le dissi la verità. «In uno stato orrendo.»
«Orrende abbastanza che potrebbero prendere fuoco da sole?»
«Non essere ridicola» le feci. «Lo sai come stanno le cose, no? Voi fenici non potrete rinascere finché non tornerà un minimo di speranza nel mondo. Così come stanno le cose, c'è troppa disperazione perché avvenga.»
Si lasciò cadere al bordo del letto, sconfitta. Fissò il pavimento senza dire nulla. Io invece fissai lei. O meglio, le sue lacrime.
Non riuscii ad abbandonarla. Non quella notte, né tanto meno quelle che seguirono.

«Sei impazzito?» sbottò mio cugino, spalle al muro, mentre io gli puntavo contro il coltello a serramanico.
Aveva le mani sporche.
«Perché?» gli domandai, avvicinandomi di un passo.
«L'ha voluto lei» ribatté lui. «Ma perché ti scaldi tanto?»
«Cosa ti ha dato in cambio?»
Lui scrollò le spalle. «Nulla, è stato divertente, tutto lì.»
Puzzava di benzina.
«L'hai fatto per gelosia?»
Quando dico che aveva le mani sporche, intendo nere. Nere come il carbone. «Aspetta» fece lui, «non mi dire che provavi qualcosa per quella troia?»
«Io? No, certo che no» dissi. «E tu?»
La verità è che un mondo senza speranza fa tanto paura da indurci a mentire agli altri, a noi stessi.
«Nemmeno io» fece lui, scuotendo la testa come se avesse una cazzo di molla al posto del collo, un attimo prima che lo tagliassi.
Ogni volta che osservo una donna dormire al mio fianco, penso alle lacrime di Stefania. Era solo una puttana che non è rinata dalle sue ceneri, ripeto a me stesso. A volte riesco pure a crederci. Poi mi giro dall'altra parte. E chiudo gli occhi.
 
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Margherita gialla
view post Posted on 27/3/2013, 02:49




Mmm, difficile commentare per me questo testo. Alcune costruzioni di frasi non mi hanno convinta, come questa ad esempio: "I suoi occhi cerchiati di nero come se stessero affondando in un abisso, le gambe piene di piccoli tagli lasciati dalla lametta, le ali con le penne sciupate, la prima volta che vidi Stefania sembrava una puttana come le altre."
Cambi due volte il soggetto della frase. Prima è lei "i suoi occhi", poi sono le gambe e le ali (perché nella subordinata non specifichi 'sue' o 'di lei' da nessuna parte) e poi addirittura il soggetto diventa Io quando dici "la prima volta che la vidi".
Il testo è tutto così, ci sono frasi costruite un po' male unite a un linguaggio volutamente crudo che però, per gusto personale, non apprezzo molto.
Unito alla trama poco originale... Purtroppo devo dirti che non mi è piaciuto.
 
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Roberto Bommarito
view post Posted on 27/3/2013, 07:28




Ciao Margherita, e benvenuta (credo che questa sia la tua prima partecipazione) :)

la costruzione delle frasi, incluso la prima, è corretta. senza scendere nei dettagli, la struttura che ho usato forse non viene insegnata a scuola ma si usa spesso nella letteratura minimalista. vedi bartheleme, ali smith ecc. è tutto in regola ;)

anyway capita anche che un testo possa non piacere, no problem :)

buon mc piuttosto! spero che sia un'esperienza costruttiva!
 
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Olorin
view post Posted on 27/3/2013, 10:24




Mah... date la tua provenienza e una fatale concomitanza di eventi, trovo che nel tuo pezzo si senta moltissimo l'influenza di un autore emergente, interiormente afflitto da mille contraddizioni e tribolazioni: Mario Balotelli. :D ;)
 
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Margherita gialla
view post Posted on 27/3/2013, 10:26




Capisco che possa essere una 'libertà letteraria' di alcuni scrittori, uno stile di scrittura particolare. Io però non apprezzo questo modo di costruire le frasi, anche perché dire che in italiano sia corretta come costruzione è sbagliato. Magari è uno stile, ripeto, non propriamente corretto, ma personale. Molti scrittori hanno un loro modo di esprimersi che a volte esula dalle regole, ma da qui a dire che sia corretta dal punto di vista grammaticale, mi spiace ma ce ne vuole. E' una questione di punteggiatura. Se la prima virgola fosse stata un due punti e l'ultima un punto e virgola, la frase sarebbe stata perfettamente corretta. Ma così messa, con tutte quelle subordinate alla principale che dovrebbero condividere lo stesso soggetto, è grammaticalmente errata. Detto questo, ti ringrazio molto per gli auguri. Ho preso questo contest come un esercizio per imparare. Il mio testo è gran lungi dall'essere perfetto, anzi. Rileggendolo ho trovato millemila difetti xD In bocca a lupo anche a te per il mc e scusami se sono stata tanto criticona :)
 
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fra.maia
view post Posted on 27/3/2013, 10:59




Mi sento in imbarazzo a commentare questo racconto per un motivo: ma le ali alla fine erano vere?
Doh.
Forse erano una metafora, o forse invece esiste davvero questo mondo dove le fenici sono ridotte a fare le puttane perché non c'è più speranza.
E' imbarazzante non capirlo.
Lo stile di scrittura a me è piaciuto, e se fosse il primo caso di una metafora che fingo di avere perfettamente compreso ^^ (se mi dici che è così mi sforzo, la mia immaginazione che ha subito associato prostituzione e degrado con l'eroina, ha immaginato che le ali, ridotte male, fossero le braccia bucate. L'eroina volare fa volare. E la sensibilità di una persona che non ce la fa ad affrontare la vita come tutti gli altri si adatta a una prostituta eroinomane, però temo sia una mia interpretazione errata) se fosse il primo caso dicevo mi piacerebbe.
Se fosse il secondo anche però da lettrice che si fa mille film in testa, avrei preferito un mezzo ancoraggio in più che mi confermasse lo stato di fenice vera e propria.
Il significato in ogni caso ^^ mi piace, è sempre quello in fondo, che la speranza non c'è più. Triste abbastanza, credibili i personaggi, tutti e tre, adatta la scrittura. Solo io un po' tarda, forse.
 
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Roberto Bommarito
view post Posted on 27/3/2013, 12:33




@Olorin: :D per fortuna che non seguo da tempo il calcio, così posso fingere di non aver capito! :P Che? Come? Cosa? Balo-chi?

@fra.mala: grazie per il commento. e sopratutto benvenuta anche a te! spero che ti troverai a tuo agio qui e che imparerai tante cose utili! :)
le ali sono reali, nel racconto. invece di pensare a una fenice uccello, ho voluto immaginare una fenice umana, vittima della disperazione e quindi incapace di generare speranza (rinascere) :)
grazie di nuovo per la lettura!
 
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fra.maia
view post Posted on 27/3/2013, 13:07




Niente fenici tossiche? :o:
 
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Roberto Bommarito
view post Posted on 27/3/2013, 13:41




in modo implicito sì, cioè era nella mia testa anche se non l'ho scritto. ho avuto contatto con questi ambienti e centri recupero anche durante gli studi di psicologia, ed è un elemento che a volte emerge in quello che scrivo. quell'elemento c'è di certo. hai percepito bene :)
 
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Olorin
view post Posted on 2/4/2013, 16:53




Il brano mi pare apprezzabile, però ho patito l’impalpabilità dell’elemento fantastico rispetto a quello brutalmente realistico.
L’indicazione circa la natura delle ‘fenici’ rimane volutamente imprecisata, ma poiché è un aspetto particolare che ha catalizzato la mia attenzione, è facile cadere nella tentazione e accanirsi nel volergli trovare definitivamente una collocazione attendibile all’interno della trama, senza riuscirvi per mancanza di dati sufficienti. Tra l’altro nella vicenda di Stefania tale risvolto non è nemmeno così trascurabile, visto che la sua disperazione e la soluzione che lei spera e che ottiene artificialmente sono strettamente connesse alle sue ali di fenice.
Il botta e risposta propedeutico all’epilogo sembra un po’ più artificioso dei dialoghi precedenti e il finale vagamente frettoloso.
Nel complesso è un racconto che lascia perplessi ma non insoddisfatti… come quando vai in un ristorante, mangi bene ma il conto alla fine ti sembra esoso.
 
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Peter7413
view post Posted on 2/4/2013, 22:36




Ciao Roberto!
L'idea da cui sei partito era più che apprezzabile, ma devo ammettere, come Nerina, di essermi trovato in difficoltà anch'io nel capire se si trattava di metafora o cosa. In entrambi i casi qualcosa non torna.
Caso 1: è veramente una fenice. Beh, a questo punto devi dirmi di più riguardo questo mondo, devi spiegarmi la fenice, il perché della sua presenza, il perché della sua situazione. Allo stato attuale sembra solo un escamotage per introdurre il tema dell'edizione, a forza, visto che a quel punto bastava prendere un qualunque essere, dotarlo di ali e dire che era una fenice.
Caso 2: non è una fenice e il suo richiamo alle ali non è altro che quello O alle braccia (bucate) O a un paio d'ali tatuate sulla schiena (azz, la mia ex si chiamava Stefania e aveva due alette tatuate proprio sulla schiena...). In questo caso avresti dovuto dare una decisa accelerata sull'aspetto di degrado da alcol e droghe (disperazione) montando un racconto il cui climax doveva essere proprio quello del rogo della ragazza, che davvero si credeva una fenice e che riusciva a convincere i due ragazzi a darle fuoco.
La soluzione che hai scelto tu mi sembra poco chiara e poco ottimizzata, forse anche un po' con il pilota automatico innestato a dare via libera alla tua innegabile capacità di scrittura che però, in questo caso, rimane molto fine a se stessa.
A rileggerci!
 
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Giampyr
view post Posted on 4/4/2013, 21:09




Ciao. Il tuo stile è secco e conciso, quasi "minimalista". Il racconto si legge veramente tutto d'un fiato. Ma la morale che sottende alla storia non convince fino in fondo. Se il mondo è disperato, perchè la Fenice dovrebbe essere senza speranza? E perchè il protagonista, rendendosi conto di essere disperato, non fa niente per uscire dalla sua condizione? E, in ultimo, la puttana come metafora di tutti i reietti che non riescono a risorgere dalle proprie ceneri esistenziali?
 
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