| Lo faceva apposta, Mario. — Le dico, raggiungerà la funzionalità piena in massimo sei mesi. Potrà fare un sacco di cose che lei non si immagina nemmeno. E non come adesso, ma per tutto il tempo. — Mi scusi — mormorò la vecchia — ma io speravo che lei potesse dirmi, insomma... Cercava rassicurazioni, era chiaro. Ma Mario rigirava il coltello nella piaga. Ci avrebbe fatto perdere un sacco di tempo, ma non c'era niente da fare: si diverte così. Mi guardai intorno. Una volta quello doveva essere stato un salotto elegante, con tutti quei libri e quadri bizzarri, quelli che una volta si chiamavano arte moderna. Ormai queste cose non vanno più. Anche nell'arredamento conta l'oro, il cristallo, e in generale la marca, insomma far vedere che si è speso. E poi la dimostrazione di essere qualcuno: foto in vacanze lontane davanti ad alberghi di lusso o durante partecipazioni a trasmissioni televisive. Non vedevo niente del genere, lì. Mario e la vecchia continuavano a parlare, con il marito che faceva la bella statuina. Non c'era bisogno di me. Mi spostai verso il corridoio e lanciai un'occhiata in cucina. Una giovane donna seduta al tavolo stringeva un fagottino di stoffa al petto. Forse all'epoca dei due vecchi sarebbe stata carina, ma adesso sei un cesso se non pesi meno di quaranta chili, di cui cinque di protesi per tette, culo e labbra. Un miracolo che avesse trovato qualcuno che la mettesse incinta. Alzò gli occhi verso di me. Il suo viso arrotondato e occhialuto si trasformò in una maschera di odio. Distolsi lo sguardo. Appena capiscono che non sono io che comando partono le recriminazioni, e non ne avevo nessuna voglia. Alla fine del corridoio c'era la porta del bagno, aperta. Una sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato o incompleto affiorò, e mi resi conto di averla avvertita da quando eravamo entrati. Tornai in salotto a passo di carica. Mi affacciai alla finestra e chiesi: — Qual è la vostra macchina, fra queste? La vecchia stava ancora cercando di farsi rassicurare da Mario. Si girò, la fronte aggrottata. — Quella bianca, perché? — Signora, perché forse abbiamo una soluzione! Conosco uno che cerca auto di quel periodo, penso per un film. Non sa quant'è difficile, al giorno d'oggi, trovare cose vecchie! Il viso della vecchia si distese. — Lei dice? — Basta che parta, non serve che vada a duecento! Deve fare solo qualche metro. La donna si girò verso il marito. Le tremavano le mani. — Giorgio! Le chiavi! Scendemmo nel cortile quasi di corsa. — Un momento — dissi. — Prendo la videocamera sul furgone. In capo a un paio di minuti ero di ritorno con la custodia del lanciafiamme. Il vecchio era già salito sul catorcio e cercava di metterlo in moto, senza successo. La moglie guardava alternativamente lui e Mario. — Signor Giorgio! — Alzai la custodia. — Aspetti, mi dia una mano a montare il cavalletto! Mentre scendeva, mi voltai di schiena per non farmi vedere. Sentivo i suoi passi. Uno, due, tre. Aveva superato l'angolo della macchina. Aprii la custodia. Quattro, cinque, sei, sette. Afferrai il lanciafiamme. Otto, nove. Doveva essere al centro del piazzale. Mi girai e gli puntai l'arma contro. Capì subito. La sorpresa sul suo viso durò appena un attimo, svanì prima ancora che venisse avvolto dalle fiamme. La moglie strillò. Strillavano tutti, dalle finestre che davano sul cortile. Mario si avvicinò. — Sei sicuro? Puntai il lanciafiamme tutto intorno per spiegare al vicinato che non era il caso di fare polemiche. — Di case dove comanda la donna ne ho viste, ma qui sembrava quasi che il marito non ci avesse mai abitato. Mario annuì. — Sicuro, eh? — Non aveva capito. — Vabbe', speriamo. Perché se ti sbagli... Avevo ragione. In pochi minuti il fuoco si estinse, lasciando solo la cenere e il grosso uovo. Mi avvicinai e spezzai il guscio con il calcio del lanciafiamme. Indicai il bambino, cercando con gli occhi la vecchia. — Fa parte della sua famiglia. Vuole dare questo invece dell'altro? Ancora stupore sul suo viso. Niente rabbia. Urgeva un colpetto. — Non le aveva detto niente, vero? — Alzai le spalle. — Senta, cerchi di capire una cosa. Lei non era la donna della sua vita, solo una delle centinaia che ha avuto. Questa era una delle tante famiglie, non contava più delle altre e di certo non più delle prime. Cinque minuti e il contratto di vendita era firmato. — Andiamo? — Mario aveva in braccio il bambino. Mi chinai e raccolsi dalla cenere le perle di cristallo. — Lacrime di fenice. Chissà perché piangono. Non per la paura della morte, dato che non muoiono. Non per quello che lasciano, che è solo una delle loro tante vite. Mario saltellava sul posto. — Dai, muoviti! Se arriviamo alla fabbrica entro sera ci sarà ancora il tizio che mette i giunti meccanici per strumenti intercambiabili al posto delle braccia. Faranno i cingoli in nottata e domani già potrà iniziare l'addestramento. Un giorno di provvigione in più per noi! Guardai il bambino. Guardai le perle di cristallo. Scoppiammo a ridere.
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