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Lacrime di sposa, di Stefano Pastor

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marramee
view post Posted on 26/3/2013, 23:52




L’anello era dentro al dolce, ne ero certa. Era qualcosa di terribilmente stupido, ma anche dolcissimo. Adam parlava e parlava, non riusciva a stare zitto. Credeva di nascondere così il nervosismo.
Io sapevo che era l’uomo per me, ne ero quasi certa. Mi avrebbe fatto la domanda, forse si sarebbe pure inginocchiato, era nel suo stile. Lo volevo sposare? Tutto ciò sarebbe accaduto dopo, è ovvio, una volta trovato l’anello. Senza rompermi un dente, si sperava.
Il momento era sempre più vicino e io non avevo ancora deciso. Non ci riuscivo mai. Cercavo qualcosa che non esisteva: la perfezione. Adam era bellissimo, e dolce, gentile, divertente. Mi adorava, avrebbe fatto qualsiasi cosa per me. Ma sarebbe invecchiato, come tutti gli altri, magari pure ingrassato, forse avrebbe perso i capelli. L’amore sarebbe diventato abitudine, i suoi pregi difetti, la sua gentilezza affettazione. Anche la sua dolcezza si sarebbe perduta. O forse no.
Era quello l’uomo con cui desideravo trascorrere il resto della mia esistenza? Quante volte mi ero già trovata in una situazione simile? Centinaia, forse migliaia. Punti dell’esistenza in cui era necessario prendere una decisione. Scegliere una strada da cui era impossibile sfuggire. Io non ci riuscivo, forse non ce l’avrei mai fatta.
A un cenno di Adam il cameriere venne a portarci il dolce. Era già tagliato, e la mia fetta aveva sopra una montagna di panna. Gli occhi di Adam scintillavano, potevo sentire battere il suo cuore. Non era stupido, aveva notato la mia incertezza, era sicuro che sarebbe morto se io l’avessi respinto. Non riusciva a concepire di restare senza di me.
Aveva già programmato la nostra vita, la casa che avremmo comprato, i figli che avremmo avuto, ogni cosa fino alla pensione.
Nel momento più emozionante tirai indietro la sedia e mi alzai. “Vado a rifarmi il trucco”, gli dissi, nel più banale dei modi. Lui ne soffrì, ma non era sua abitudine imporsi. “È proprio necessario?”, azzardò. Gli tremavano le mani, aveva paura che fuggissi via.
Io avevo preso la mia decisione. “Torno subito, solo un minuto”.
Lo piantai lì. Trovai il bagno senza chiedere a nessuno, perché aveva già visto altri clienti usufruirne. Era vuoto, entrai e chiusi la porta.
Stavo malissimo. Anche a me tremavano le mani, le gambe non mi sostenevano. Mi appoggiai al lavandino e mi guardai allo specchio. Ero bellissima. Volevo aggrapparmi a quella bellezza, non lasciarla andare, ma anche Adam meritava di essere felice. Avrei potuto farlo, avrei potuto renderlo l’uomo più felice del mondo, se soltanto…
Come accettare una sola vita? Come accettare di sbagliare, di fallire? Allo stesso tempo, come accettare di perderlo, di non vederlo più. Quanti uomini avevo amato allo stesso modo? Avevo perso il conto, avevo anche perso ogni ricordo di loro. Li avevo abbandonati, perché non erano abbastanza. Perché non sapevo accontentarmi, perché il prossimo poteva essere migliore.
Appoggiai i palmi allo specchio e strinsi i denti. Il dolore era atroce e me lo meritavo tutto. Era un bene che fosse una simile sofferenza, almeno mi impediva di usare il dono in cose futili. Abbandonavo il mio corpo per una nuova esistenza, alla ricerca della perfezione. Continuavo quell’assurdo, infinito, eterno vagabondaggio nel mondo, rinata dalle ceneri di una vita distrutta.
Spinsi con tutta la mia forza, mi tirai indietro, emersi dalle sue carni. Separai il mio corpo con un rantolo, e subito crollai a terra. Ero nuda, ma anche questo avevo previsto. Lei, quella che io non ero più, rimase aggrappata allo specchio, ansimando come me, l’abito intatto. Per lei il dolore era stato anche maggiore.
Mi ero divisa, ancora una volta. Un’altra me veniva al mondo, per vivere l’esistenza che avevo rifiutato, per restare accanto ad Adam fino alla morte, per cercare la felicità.
La mia odissea continuava, alla ricerca di uno scopo, dell’amore che ponesse fine all’eternità. Che desse un senso alle mille vite che avevo rifiutato, che mi facesse sentire finalmente completa.
L’altra me depose la borsa a terra, senza mai girarsi. C’era un cambio d’abiti, di cui mi sarei servita. Soldi e documenti, tutto ciò di cui avrei avuto bisogno. A lei avevo lasciato i ricordi, di Adam rammentavo appena il volto. Se ci eravamo baciati non ricordavo quando. Avevo rinunciato a lui, ma mi avrebbe avuta comunque.
L’altra me lasciò il bagno. Mi alzai con fatica, il corpo ancora dolorante. Mi lavai e indossai gli abiti. Non era il caso che uscissi da lì finché non fossero andati via, in fondo noi eravamo identiche, però non riuscii a resistere, avevo bisogno di scoprire cosa mi ero persa.
Accostai appena uno spiraglio e li vidi. Adam doveva essere quello inginocchiato davanti a lei, e le teneva la mano. Era bellissimo.
Ne avrei trovato un altro, ancora più bello. Ne ero certa. Senza difetti, la perfezione assoluta, e la nostra vita sarebbe stata meravigliosa. Non dovevo desistere, accontentarmi, avevo l’eternità davanti.
Richiusi la porta e piansi.
 
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Margherita gialla
view post Posted on 27/3/2013, 02:30




Ho dato il terzo posto a questo racconto. Trovo il tuo stile estremamente piacevole da leggere. Inviti proprio alla lettura! ^^ La protagonista, per quanto si sappia poco di lei, è ben caratterizzata. Fa delle scelte opinabili e ne è in qualche modo consapevole. Sempre alla ricerca di una potenziale felicità che non arriva mai perché non è capace di accontentarsi. Un racconto a tratti amaro, dunque. Mi è piaciuto parecchio, ma ho deciso per il terzo posto perché quello sul super piccione è geniale e quello di nerina è particolarmente originale nell'interpretazione della traccia. Ma tutti e tre i vostri racconti sono scritti in maniera impeccabile.
 
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fra.maia
view post Posted on 27/3/2013, 11:15




Bel racconto e soprattutto bellissima l'idea. A una prima lettura avevo trovato un po' pesante la prima parte (prima che lei vada in bagno), un po' ripetitiva, però rileggendolo a mente fresca non mi è più sembrato così, anzi ci sono i giusti elementi che portano a comprendere la seconda, che resta immaginifica e con un senso. Che si vuole di più ^^
Pensare che una storia così poi sia venuta nello spazio di poco tempo la rende ancora più gradevole, per cui complimenti. Forse gli darò il secondo posto e non il primo solo perché l'altro racconto che mi è molto piaciuto incontra di più i miei gusti personali, ma ripeto che è molto bello.
A rileggerti.
 
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Olorin
view post Posted on 28/3/2013, 13:39




Racconto che ruota intorno a un’idea molto interessante. Ci sono però a mio parere un paio di passaggi che sospendono l’immedesimazione:

CITAZIONE
Punti dell’esistenza in cui era necessario prendere una decisione. Scegliere una strada da cui era impossibile sfuggire. Io non ci riuscivo, forse non ce l’avrei mai fatta.

Si passa dalla focalizzazione sul problema della scelta di un partner per la vita di un momento prima, a una frase che apre il contesto rendendosi applicabile a molteplici situazioni, anche più determinanti di quella citata poc’anzi. Non so se l’intento fosse quello di ‘spalancare’ l’ampiezza delle considerazioni della protagonista e generalizzarne l’endemica nonché patologica incapacità a dare una svolta definitiva al corso della sua vita, ma quello è l’input che ho ricevuto insieme all'aspettativa che venisse più concretamente declinato in esempi e conclusioni.

CITAZIONE
Continuavo quell’assurdo, infinito, eterno vagabondaggio nel mondo, rinata dalle ceneri di una vita distrutta

E la vita distrutta quale sarebbe? In realtà ‘quelle’ vite proseguono autonomamente con delle sorte di cloni, non vengono distrutte, bensì lasciate a sé stesse. Bisogna fare un passaggio interpretativo ulteriore per poter dire che la ‘vita’ viene distrutta nella sua accezione di ‘possibilità di essere vissuta coscientemente dalla protagonista…’
Da questo punto di vista anche il tema lo vedo trattato – perché comunque c’è e viene trattato – in maniera un po’ velata.
 
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marramee
view post Posted on 28/3/2013, 16:51




Ciao Olorin, spiego con piacere come ho immaginato la cosa.
Innanzi tutto "vita distrutta" perché la mia fenice, dividendosi, abbandona gran parte dei ricordi all'altra lei, quindi ogni volta distrugge la sua vita ed emerge dalle ceneri. Anzi, questo è il cuore della storia, perché il pianto finale è per ciò che ha perso e scordato.

Questa capacità è applicabile a molteplici situazioni, infatti, ovvero ogni bivio dell'esistenza, anche se il carattere della fenice lascia intendere che la sua ossessione sia trovare l'uomo perfetto, quindi è probabile che sia dominata solo da questo bisogno.
 
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Peter7413
view post Posted on 31/3/2013, 17:38




Stefano! Ma bentornato! Sono felicissimo di riaverti a Minuti Contati! :)
Parto dall'unico punto negativo del tuo lavoro: a mio avviso avresti potuto inserire qualche riga di dialogo, sparsa, per alleggerire la lettura. Non dico che sia pesante, anzi, ma in questa forma si apprezza di più in seconda lettura (e in questo concordo totalmente con Nerina, in prima lettura la prima parte risulta un po' pesante). Per il resto, un'ottima idea e un racconto davvero valido che rimane impresso. Fantastica l'immagine di questa fenice un po' sui generis che cerca l'accoppiamento perfetto (e in questo penso che se tu calcassi di più sull'aspetto animalesco inserendo la necessità della ricerca non solo della felicità attraverso il partner, ma anche del maschio migliore per la riproduzione il testo diverrebbe ancora più potente), molto buono il modo in cui ce la descrivi mostrandoci i suoi processi mentali, ho molto gradito anche la tua interpretazione del tema. In conclusione, un lavoro davvero molto buono che, inoltre, conserva dei notevoli margini di miglioramento.
Spero di rivederti fra noi anche nei prossimi mesi!
 
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marramee
view post Posted on 2/4/2013, 23:30




Ciao Maurizio, felicissimo di ritrovarti.
Hai perfettamente ragione. In origine c'erano più dialoghi, ma sono proprio quelli che ho sacrificato per entrare nei 5000 caratteri (avevo sforato di un paio di migliaia, sigh).
Spero anch'io di riuscire a partecipare più spesso a Minuti Contati.
 
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Giampyr
view post Posted on 4/4/2013, 14:14




Ciao. Il tuo racconto è scritto molto bene, molto visivo, ma noto qualche contraddizione nel pensiero del personaggio e poi la Fenice risorge dalle proprie ceneri, non dà vita a dei suoi cloni; se hai voluto dare una tua interpretazione, va bene, ma mi risulta un po' troppo amara, restituendo questa creatura mitologica più umana e meno leggendaria. Forse avrei visto meglio che lei venisse lasciata da lui e che poi risorgesse comunque dalle sue "ceneri" amorose per riprendere l'eterna ricerca.
 
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7 replies since 26/3/2013, 23:52   155 views
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