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Il bianco, di Raffaele Marra

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Raffaele Marra
view post Posted on 22/4/2014, 20:52 by: Raffaele Marra




IL BIANCO

Bianco, sospiro interrotto, tremore.
Alex guarda il soffitto chiaro; è da lì che, di solito, provengono le voci.
Avviene quasi sempre così: la luce si accende da sola, poi si sente mormorare qualcuno, infine arriva la voce che lo chiama per nome.
Il giovane fugge per la casa, lamentando parole senza senso, sudando e tremando. Poi si ferma, si inginocchia e guarda il pavimento lucido che gli restituisce il riflesso sbiadito di un volto irriconoscibile.
Occhi chiusi, silenzio momentaneo, solitudine forzata, attesa che volerà via come gli ultimi inutili frammenti di razionalità. Nel buio formicolio delle sue palpebre calde Alex rivede, per un attimo, i volti di coloro che non ci sono più: David, Alberto, Jessica, Maria. Rivede anche Susy: con lei, una sera fa, ha fatto l’amore piangendo, immaginando che tutto sarebbe finito presto, troppo presto.
«Alex…»
Ci siamo. Spaventato spalanca gli occhi nel bagliore doloroso del suo mondo, fatto di arredi hi-tech e di sedie vuote.
La voce è la solita, ma questa volta sembra più accorata del solito. Alex, ancora una volta, non risponde.
«Alex, siamo tutti qui. Coraggio, ti aspettiamo…»
Il giovane prende a passeggiare nervosamente per la casa, grattandosi il capo, chiedendosi cosa stia per accadergli. È confuso, incapace di pensare, di ricordare, di prendere una decisione. Eppure è certo: non lo avranno, non passerà il confine, resterà lì per sempre.
«Alex, vieni qui. Avanti, raggiungici. Qui è meraviglioso.»
Si blocca. La voce è quella di Susy: la ragazza sta piangendo. Alex guarda il soffitto chiedendosi se sia la porta del Paradiso o solo un fulgido riflesso dell’Inferno. Forse hanno ragione: forse dovrebbe andare via, accettare il trapasso con dignità, rassegnarsi all’idea di entrare nel mondo delle voci dal soffitto.
«Sta per farlo…»
Ora la voce è tornata la solita, quella di sempre. Ma parla a qualcun altro, non a lui. Alex si dirige verso la cucina, dove un tempo erano in tanti a promettersi amicizia eterna, a raccontarsi la vita, a ingannare il futuro.
«…abbiate fede: a minuti sarà qui con noi.»
Dovrei andare via, pensa sconfitto. Non sa più dove, né perché. Ma sa che dovrebbe lasciare quella casa per sempre.
Apre il cassetto delle posate.
Afferra il lungo coltello, quello lucido con il manico bianco, perfetto come tutto ciò che lo circonda.
«Oddio, ma cosa fa?»
Alex sorride, mentre pensa a Susy che lo abbraccerà, mentre ascolta la voce di sempre aumentare di volume, mentre sente altre voci crescere in un mormorio scomposto che non può essere un canto di angeli.
«Alex, non farlo!»
La mano porta il coltello alla gola, là dove uno squarcio crudele si apre in pochi istanti rovesciando nel bianco un fiume rosso che violenta e corrompe il candore lucido della casa mentre la porta si apre vomitando all’interno tre uomini urlanti.
«Alex! È solo un gioco, lo hai dimenticato? Sei il vincitore. Cristo!»
Il corpo senza vita resta disteso, immobile come la scena di quel mondo fittizio, scosso dalle voci che si accavallano, dalle urla, dai lamenti.
Poi, come sempre, il soffitto riprende a parlare con un’unica voce. La solita voce.
«Amici del Grande Occhio, credo sia il momento di mandare la pubblicità.»
 
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