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Paránoia, di Chiara Paci

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view post Posted on 22/4/2014, 22:21




— Ti prego non lo fare.
Tecmessa afferra il polso di Aiace.
— Pensa a me, pensa a nostro figlio.
Lui abbassa la mano, posa la spada a terra.
— Ti prego.
Gli accarezza il viso. Quante volte lo ha fatto prima, per accoglierlo di ritorno dalla battaglia?
Lo invita a seguirla. Con la spugna che viene dal mare e l'acqua calda gli toglie di dosso il sangue e la polvere, come mille altre volte, felice che quel padrone così alto e bello e nobile sia ancora vivo.
Fuori piove. Una pioggia fredda, preludio d'inverno, che invita a rimanere al caldo, sotto la tenda. Lo spoglia. La spugna emana vapore, è piacevole da tenere in mano e gli strappa finalmente un sorriso. Lui la tira a sé e lei gli accarezza i capelli.
— Li senti, Tecmessa? Ridono di me. Tutto l'esercito ride di me. Il grande Aiace ha sterminato un gregge di pecore!
Si stringe le labbra. Quale dio può averlo ridotto così? Gli accarezza il collo e le spalle, dove l'armatura ha lasciato una zona più chiara sulla pelle abbronzata.
Distoglie lo sguardo: non vuole che lui la veda piangere.

Le ricorda, Tecmessa, quelle pecore sgozzate. E ricorda di aver pensato che fosse tutto finito, che la mente di Aiace se ne fosse andata.
Lo vede ancora mentre accatasta i corpi e li chiama per nome, uno per uno. E se chiude gli occhi, non può scacciare l'immagine di lui che trascina un montone, lo costringe a terra, gli lega le zampe e gli porge una coppa di vino, chiamandolo col nome del re.
— Ti piace bere, Agamennone? Ti piace la tua gloria, costruita sul nostro sangue?
I belati della povera bestia terrorizzata e Aiace che le versa a forza il vino in gola.
— Quante volte ti ho salvato la vita? A te, a tuo fratello e a tutto l'esercito, ed è così che mi ringrazi?
I pugni contro il muso e le costole del montone e i volti dei soldati, incapaci persino di intervenire di fronte alla ferocia del loro comandante.
— Adesso guardalo il tuo esercito! Un solo giorno mi è bastato per distruggerlo! Ora ne sei convinto che sono io il più forte e il più meritevole?
E poi, la spada che si abbatte sulla testa dell'animale e Aiace, in ginocchio, coperto di sangue e terra, che perde i sensi e si affloscia di lato.

— Mi hanno condotto alla pazzia, capisci?
Aiace si alza. Tecmessa lo abbraccia, non può lasciarlo andare.
— Hanno voluto che io impazzissi, hanno pregato gli dei perché succedesse. È la loro invidia che mi costringe.
Lui si china e raccoglie la spada da terra.
Gli si butta al collo e lo bacia. Lascia che le mani scendano fino alle natiche, vuole essere per lui quel sollievo che è stata tante volte, e che lo convincerà a desistere.
Ma la respinge.
— Ricordami com'ero, Tecmessa. Non come mi hanno fatto diventare.
Aiace si appoggia la spada al ventre e la tira a sé. Nessun nemico era mai arrivato a tanto. Cade a terra e lei si inginocchia accanto a lui.
Prende la spugna e lava via il sangue. Come ogni giorno, quando il suo signore torna dalla battaglia; e poi, ripulito e rifocillato, la vuole una volta ancora nel suo letto.
 
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Beppe Roncari
view post Posted on 22/4/2014, 22:29




Se Tecmessa fosse stata una pecora... ;-)
 
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simolimo
view post Posted on 24/4/2014, 11:29




ciao Chiara ^_^ , sempre piacevole leggerti e "incontrarti". questa volta la tua penna ci ha portato oltre confine, fino alla mitologia greca e all'ennesimo brutto gioco degli Dei verso i poveri umani. Aiace e la sua pazzia voluta da Atena a cui la schiava Tecmessa non riesce a imporsi. la tragedia è obbligata. e qui un po' ci rimango male. come spesso accade, ma è un mio mero gusto personalissimo e opinabile, quando si scrive di eventi e storie già note io ritengo che sia essenziale dare una riscrittura delle stesse, una nuova interpretazione, o uno spin off. Non voglio sapere quel che già so, ma vorrei vedere come una mente brillante possa rivisitare e cambiare e plasmare quella storia conosciuta e condivisa per renderla attuale e diversa...
diciamo che dal punto di vista formale non ho alcun suggerimento da lasciarti, beh, sei già così brava e dosata di tuo, ma per quanto riguarda il commento personale, ecco, la tua storia non mi ha dato nulla in più di prima che iniziassi a leggerla... e quando leggo ho voglia di scoprire una storia nuova, una storia che mi porti a viaggiare ovunque l'autore voglia spingermi.
perdonami quindi Chiara, ma non ho apprezzato il tuo pezzo. non come avrei dovuto, immagino.
spero di rileggerti alla prossima :)
ciao ciao ^_^
 
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Ceranu
view post Posted on 25/4/2014, 10:33




Ciao Chiara, piacere di leggere ancora una tua opera. Oggi siamo in Grecia e partecipiamo da vicino ad un mito. Racconto scritto scontatamente bene (ormai per me sei una certezza), non trovo nessuna sbavatura, tutto scorre liscio. Ma questa volta ho un problema in più, ho da poco letto “il mio nome è nessuno” di Valerio Massimo Manfredi, quindi una storia già famosa di per se viene riproposta ancora. Questo nulla toglie allo sforzo che hai fatto, e all'ottimo lavoro, ma lo farà sulla classifica. Mi dispiace molto, perché ho apprezzato veramente. Alla prossima.
 
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view post Posted on 25/4/2014, 13:32




Be', ceranu, vorrà dire che la prossima volta chiederò la lista delle tue ultime letture prima di mettermi a scrivere.
 
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Beppe Roncari
view post Posted on 25/4/2014, 13:51




Ciao Chiara, non posso che apprezzare il richiamo mitologico del tuo racconto, per di più su uno dei personaggi che più apprezzo dell’Iliade, Aiace Telamonio, portato dagli dèi alla pazzia affinché non si vendichi di Odisseo che gli ha soffiato le armi di Achille.
Tuttavia, per l’appunto, nel caso del tuo racconto, come in quello di Raffaele Marra, si tratta a mio modo di vedere di un episodio di raptus di follia momentaneo, e non di paranoia, che è invece frequente, duratura e pervasiva. Tanto più che Aiace ne è ormai consapevole e per nulla paranoico, ma a conoscenza dei fatti:
CITAZIONE
— Mi hanno condotto alla pazzia, capisci? […] — Hanno voluto che io impazzissi, hanno pregato gli dei perché succedesse. È la loro invidia che mi costringe.

Non è paranoia di Aiace, è la pura verità.
Sul resto, lo stile è buono.
Ero poi semiserio sulla battuta: “magari ha scambiato per Tecmessa anche una pecora!”
Questa sarebbe stata una riscrittura originale, in cui Aiace non è momentaneamente pazzo per volere di Atena ma davvero paranoico e vittima di persistenti allucinazioni. Mi aspettavo, speravo, che facesse il suo ingresso in campo la “vera” Tecmessa e gli dicesse: - Aiace! Che stai facendo con quella pecora?!?
Ma è solo un’idea, spero che non ti offenda. ^_^
 
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view post Posted on 25/4/2014, 18:28




In realtà gli altri mica lo volevano far impazzire, né lo deridevano sul serio.

Del resto il tuo re Mida non è nemmeno folle, almeno i nostri un po' lo sono. :P

Comunque carina l'idea della pecora, anche se il pdv si sarebbe stranito alquanto.
 
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ilma197
view post Posted on 26/4/2014, 14:35




Ciao Chiara, il racconto è scritto molto bene, ma l'ho trovato un po' insipido. Di fatto, è una riscrittura di un mito, senza nessun elemento che dia originalità. Inoltre, mostri molto bene l'amore tra Aiace e Tecmessa, ma la pazzia, che avrebbe dovuto essere l'elemento centrale, rimane quasi sullo sfondo. Mi dispiace dover dare un commento negativo, perché, ripeto, la scrittura e impeccabile e i tuoi altri racconti che ho avuto modo di leggere qui su Minuti Contati mi sono sempre piaciuti molto, ma questo l'ho trovato davvero poco ispirato.
 
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Selene B.
view post Posted on 27/4/2014, 11:20




Tra gli scherzi e gli eccessi che il tema della paranoia permetteva, hai fatto una scelta particolare: non l’hai buttata sul comico, ma sul tragico. È un bel racconto, ben scritto. Rende la malinconia della donna che vede la follia dell’uomo che ama ma non smette per questo di amarlo; rende la disperazione di chi non tollera di non essere più se stesso, a causa della follia. Non mi pare che tu abbia introdotto grosse novità nella storia, però è stato bello leggerla.
 
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view post Posted on 29/4/2014, 19:08




Grazie a tutti per i commenti.
 
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L'Inquisitore
view post Posted on 30/4/2014, 11:05




Il problema dei racconti brevi incentrati su figure conosciute è sempre il solito: si tendono a dare per scontati i protagonisti, quasi fossero dati a priori. Qui vedo, però, una ricerca maggiore verso lo sviluppo degli stessi, anche se, anche qui, qualche elemento sembra mancare nel testo poggiando le sue radici su qualcosa di esterno. Detto questo, ritengo che il tema della paranoia sia presente e determinante ai fini dello sviluppo. La frase finale manca un po’ il suo obiettivo tragico e pertanto non convince a pieno. La forma, come sempre anche per Chiara, risulta ineccepibile.
 
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10 replies since 22/4/2014, 22:21   107 views
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