Nero Cafè Forum

Posts written by TETRACTYS

view post Posted: 12/2/2014, 17:44 Malattia mortale, trasmissibile per via sessuale - Fucina dell'Aguzzino
Un racconto particolare ritmato da un conteggio e con un colpo di scena che lascia un po' con l'amaro in bocca.
Devo ammettere che non avevo capito che quei numeri si riferissero ai 42 secondi, perché inizialmente li avevo interpretati come una strana numerazione di versetti. L'ho capito solo ai 22 secondi, quando è stata ripetuta l'importanza del conteggio. Non so quanto sia azzeccata questa scelta narrativa, in quanto rende piuttosto lento il racconto, così spezzettato, e già pesante di suo.
L'ambientazione viene evocata mediante nomi e terminologie tecnologicamente esotiche, con richiami più o meno espliciti alle religioni.
Interessante la scelta del numero 42, probabile citazione di Douglas Adams: la famosa risposta di un supercomputer alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto, generata dopo sette anni di calcoli. Evidentemente aveva a che fare coi droni che pattugliano l'accesso al segreto della vita ;)
Il finale si rifà alla definizione scherzosa che si dà della vita: una malattia incurabile, a cui si è aggiunto “trasmissibile per via sessuale”.
In conclusione, un racconto che inizia con una elaborata introduzione per giustificare la battuta finale. Pregevole, comunque, il tentativo di costruire un'intera mitologia futuristica in soli 5k.
view post Posted: 12/2/2014, 17:04 Veleno d'argento - Fucina dell'Aguzzino
Ho trovato interessante l'aver scelto come punto di vista quello dell'albero. Testimone dell'invasione di questi “insetti alieni”, vede crescere la tragedia attorno a sé, fino a quando gli esseri umani non vengono sostituiti dai nuovi venuti. Ed è alla fine che diventa evidente l'importanza di questo punto di vista: l'albero dimentica ciò che era stato col passare del tempo, si è abituato alla nuova realtà senza rimpianti.
È l'immagine della natura che, indifferente, vede nascere e morire le specie. L'albero ci sarà sempre, mentre uomini e “insetti” si ripareranno alle sue foglie e, prima o poi, passeranno per lasciare il posto a qualcun altro.
All'inizio ho avuto un po' di difficoltà a capire chi stava raccontando. Il fatto che sia un albero è piuttosto insolito, perciò potrebbe essere utile fornire qualche indizio in più già nella prima frase, invece di concentrare l'attenzione sugli “insetti”, altrimenti si rischia di dover tornare più volte indietro chiedendosi: “Ma ho capito bene?”.
In conclusione, un interessante racconto che tratta in modo essenziale una insolita apocalisse da un punto di vista altrettanto insolito.
view post Posted: 12/2/2014, 16:47 Ali di fata - Fucina dell'Aguzzino
Carissimo kendalen, quanto tempo! Da quando sei sparito dallo Skannatoio avevo perso le tue tracce ed eccoti qui, con un racconto struggente che è un pugno nello stomaco.
Bellissimo l'alternarsi tra la storia e il corsivo che prelude “fiabescamente” alla tragedia, senza rivelarla in modo esplicito.
Mi è piaciuto anche il modo col quale hai presentato la sindrome, non l'hai mai citata direttamente, se non con quel geniale “daun”, e per la protagonista sarebbe tutto normale, se non fosse per il comportamento di chi le sta intorno.
Interessante, poi, come hai saputo mostrare la nascita dell'immotivato senso di colpa, dovuto al disagio di non comprendere le reali ragioni del comportamento di chi circonda la protagonista.
Insomma, un racconto che tratta un tema delicato e una tremenda tragedia con delicatezza, senza eccedere, facendo riflettere il lettore e lasciandogli nel cuore un'immensa tristezza.
view post Posted: 12/2/2014, 12:02 L'esca - Fucina dell'Aguzzino
CITAZIONE (Cattivotenente @ 12/2/2014, 10:29) 
Sono la farina verde che vuole la tua anima... :sick:

Peccato essere in gironi diversi! Mi sarebbe piaciuto farti nero come il tuo avatar :D
view post Posted: 12/2/2014, 08:11 L'esca - Fucina dell'Aguzzino
CITAZIONE (Cattivotenente @ 12/2/2014, 00:34) 
C'incontriamo anche qui, dunque...

Hai in mente un'altra #sfidanellasfida?

Sai che è colpa tua se ho iniziato a scrivere tardi? Dovevo finire di leggere e commentare il tuo racconto dello Skannatoio e mi sono completamente dimenticato di questa gara. Alle 23 ho dato un'occhiata su Facebook e ho visto l'avviso!
Non ho avuto il tempo per rileggere :( La tua subdola tattica per eliminare un temibile concorrente è riuscita ;)
view post Posted: 11/2/2014, 23:59 L'esca - Fucina dell'Aguzzino
«Soffre molto?», chiese Achab.
Il capitano era sceso sottocoperta saltellando sui gradini con la gamba buona. Ismaele era nella sua amaca, privo di conoscenza da due giorni, che sudava e si lamentava.
Starbuck, il primo ufficiale, si stupì della domanda. Achab non si era mai preoccupato per un semplice ramponiere prima di allora.
«Non è cosciente. Gli rimangono poche ore di vita», rispose sconsolato. «Ho fatto bene a farlo isolare quando le prime piaghe sono comparse».
La prudenza di Starbuck era ormai proverbiale tra i membri dell'equipaggio.
«Si è capito di che si tratta?»
Stubb, il secondo ufficiale, un uomo che nessuno aveva mai visto preoccupato in vita sua, si tolse l'inseparabile pipa dalla bocca e rispose: «Ho visto piaghe come quelle a Manila. Peste! Non può scamparla».
«Bene, tenetemi informato», ordinò Achab. Poi urlò ai marinai sopracoperta che gli gettassero una cima, appoggiò al cappio il piede sano e si fece issare attraverso la botola.
* * *
Avvenne quello stesso pomeriggio.
Deggu, il gigantesco negro, era di vedetta. I marinai sul ponte lo udirono gridare dalla coffa: «Soffia a babordo!»
Tutti corsero al parapetto. Come un oscuro presagio di morte, sotto una coltre di nubi minacciose che si addensavano all'orizzonte, gli uomini videro uno sbuffo di vapore bianco.
Il timoniere puntò verso quel punto lontano e, mano a mano che si avvicinava, divenne chiaro: era una balena bianca.
«Moby Dick!» sentenziò Achab. «Vele al vento!» urlò.
Subito i marinai corsero ai posti di manovra.
L'inseguimento durò fino a sera. Il mare si ingrossava e caddero i primi fulmini sulla superficie del mare.
Quando furono abbastanza vicini, fu chiaro che quel mostro, bianco come un cadavere in putrefazione, irto di ramponi, che sbuffava vapore fetido, era davvero fuggito dalle formaci infernali. S'inabissava e tornava a sfidarli. La bestia non era spaventata: aspettava i suoi inseguitori.
Achab, fuori di sé, ordinò di preparare le lance e scese con alcuni uomini sottocoperta.
Sulla prima lancia saltarono Starbuck, Tashtego il tamponiere, e i marinai addetti alla voga.
Cominciarono a remare tra i flutti che sommergevano la barca, con l'indiano pronto a scagliare il suo rampone. Videro uno sbuffo a dritta e là puntarono.
La bestia si trovava a poche decine di metri ormai quando s'immerse improvvisamente.
In quell'istante Starbuck si accorse che Achab con la seconda lancia li aveva raggiunti. A bordo c'erano Flask, il terzo ufficiale, e il tatuato Quiqueg posizionato sulla prua e armato di rampone.
A pochi metri di distanza, mentre attendevano che il mostro riaffiorasse, Flask gridò a Starbuck: «Una pazzia! E' una pazzia!»
Il fragore della burrasca aveva coperto in parte quelle parole e l'ufficiale in seconda non capì a cosa si riferisse, finché non vide Ismaele a bordo steso tra le panche dei rematori.
«Achab deve essere impazzito», pensò. «Voleva annegare quel disgraziato prima che morisse di peste?»
Non fece in tempo a chiedere spiegazioni al capitano, che il mostro riemerse tra le due lance. I ramponieri scagliarono i loro arpioni che si conficcarono nella carni putride di Moby Dick, già irte di ferri appuntiti, ma non servì a nulla: la scialuppa di Starbuck fu travolta e gli occupanti caddero in mare.
Achab impazzito, ordinò di inseguire la balena, mentre Quiqueg era pronto con lascia a tagliare la fune che li legava alla bestia.
Non fu necessario. Moby Dick puntò verso di loro decisa. Quando fu a pochi decine di metri i marinai decisero di affrontare la burrasca, subito seguiti da Flask.
Achab, invasato dal furore, agitava le braccia e urlava: «Vieni mostro dell'Inferno. Vieni! Ho per te un boccone prelibato, ancor più della mia gamba. Vieni...»
Fu un attimo. La mandibola diella bestia calò sulla scialuppa spezzandola e Moby Dick s'immerse sparendo tra i flutti.
Nessuno la rivide mai più.
view post Posted: 5/1/2013, 20:43 L'ultima notte - Fucina dell'Aguzzino
Grazie a entrambi per il commento. In effetti c'è uno stacco molto netto, troppo.
view post Posted: 28/12/2012, 15:41 Nero 24 - Fucina dell'Aguzzino
Lo commento anche se è fuori gara.

Ed è un peccato che sia fuori, perché ci sono molti elementi apprezzabili in questo piccolo scorcio di storia. All'inizio ho avuto l'impressione che non sapessi dove andare a parare. Forse è vero, ma nonostante ciò, alla fine si aprono prospettive interessanti.
Prima di tutto l'ambientazione: il romanesco, lo stornello, la caratterizzazione delle comparse anche solo con un nomignolo evocativo, come sanno fare a Roma, rendono le immagini stereotipate, certo, ma allo stesso tempo vivide. E poi il secondo elemento interessante: da questi primi 1800 caratteri si è profilato un hard-boiled de noantri, in cui sarebbe bello rivedere Tomàs Milian, nei panni di un disilluso Philip Marlowe de noantri, appunto. Forse un filone anni '70 assai sfruttato, ma che sarebbe bello far rivivere dopo trent'anni.

A sproposito: il molare sinistro ha ceduto sotto la scarica pugni? Ne era presente uno solo? ;)
view post Posted: 28/12/2012, 15:21 lista RACCONTI AMMESSE E VOSTRE CLASSIFICHE (MC IX EDIZIONE) - Fucina dell'Aguzzino
Classifica del TETRA

1 - "Stasi" di Roberto Bommarito
2 - "Giù al fiume" di Marco Migliori
3 - "Dolcetto o scherzetto?" di Peter7413
4 - "Ti perdono..." di Marco Fronzoni
5 - "La superstite" di Viola Lodato
6 - "La torta" di Alessandra Corrà
7 - "Due dei" di Stefano Riccesi
8 - "Nascondino di Capodanno" di Nicola Rocca


Commenti

* "Ti perdono..." di Marco Fronzoni
Il racconto scorre via lieve e senza intoppi. Quel minimo di ambientazione permesso dai 1800 caratteri c'è ed è sufficientemente evocativo (il freddo, lo scricchiolio della neve ecc.). Si capisce dopo poche righe dove tutto andrà a parare (d'altra parte era difficile tenerlo nascosto a lungo): una vendetta covata; infatti, come è noto, si tratta di un piatto che va gustato freddo ;)
Il tema è centrato, perché c'è il capodanno e c'è l'urlo, prima soffocato dal protagonista maschile e poi, s'immagina acuto, di quello femminile.
Purtroppo il tutto suona arbitrario e forzato dalle richieste del tema, ma in un paio d'ore era obbiettivamente difficile fare di meglio.

* "Giù al fiume" di Marco Migliori
Uno scambio di persona, causato da una festa in maschera, fa incontrare un malcapitato vestito da barbone con un branco di "ragazzi bene" in cerca di emozioni violente. In pratica se la prendono con un povero disgraziato che potrebbe benissimo essere uno di loro, e il tutto avviene sotto gli occhi di un vero barbone ubriaco ed esterrefatto.
L'idea non è male, ma la realizzazione denota una certa fretta (in effetti in due ore che si poteva fare?), tanto che inizialmente non mi era chiaro se l'autista della mercedes che caccia gli amici dall'auto fosse lo stesso che viene picchiato alla fine. Mi era venuto il dubbio perché pensavo che il tizio fosse già in maschera all'inizio e perciò lo scambio di persona mi è sembrato inverosimile. Tuttavia, a una seconda lettura, ho capito di essermi fatto un'idea sbagliata che ha reso più difficile la comprensione del testo.

* "Due dei" di Stefano Riccesi
Un racconto che mette molta carne al fuoco e per questo non riesce a cuocerla a puntino. Ben delineato l'amore carnale: con pochi tratti riesci a evocare la passione tra l'io narrante e Sara. Purtroppo il "Segreto", che è anche la causa della condanna a morte del protagonista, resta indistinto: pochi elementi per individuare le caratteristiche della minaccia, tanto che non è chiaro perché l'io che racconta sappia tutto, ma non riesca a sottrarsi al suo destino. Certo, 1800 caratteri sono pochi, tuttavia è opportuno scegliere bene cosa trattare: condensare la materia per un romanzo non è mai una buona idea.
Comunque è molto efficace l'inizio, che ben descrive lo stato d'animo del protagonista.

* "La torta" di Alessandra Corrà
Una frustrazione esasperata per un malessere esistenziale che raggiunge l'apice proprio nel periodo delle feste. La narrazione coglie bene questo aspetto dell'io narrante. Tuttavia non è molto ben reso il crescendo che porta alla tragedia finale: frustrazione, malessere esistenziale, "qualsiasi cosa invece del vuoto", ma un'azione che coinvolge tutta la comitiva, invece della sola Elena, sembra esagerata.
L'altra cosa che non mi ha convinto è un flusso di coscienza ben articolato che in un racconto sta bene, ma è meno credibile se all'inizio si scrive: "Un giorno ho raccontato tutto al mio avvocato" seguito da un due punti con virgolette. Meglio un punto fermo per poi proseguire come se si raccontasse al lettore: a me suona più convincente.
Comunque... panna per una vegana? Uhm...

* "Nascondino di Capodanno" di Nicola Rocca
Il racconto è davvero poco coinvolgente e il "capodanno" è ridotto a un semplice pretesto. Ciò che avviene è soltanto raccontato e non mostrato, riducendo in modo notevole l'impatto sul lettore. Per giunta il protagonista non dimostra lui stesso alcun coinvolgimento emotivo. Non è scrivendo "ho paura" che si fa capire al lettore qual è il terrore che attanaglia un personaggio.
Ma il limite del racconto è soprattutto un altro. Si fa credere in ogni modo che il Lupo sia qualcun altro, per poi scoprire che, invece, è l'io narrante: il lettore non si può che sentire tradito da un'azione del genere. Almeno qualche indizio concedilo!

* "Dolcetto o scherzetto?" di Peter7413
Un racconto di Halloween fuori stagione. In questo caso il Capodanno è solo un pretesto: poteva andare bene qualsiasi altra festività, ma in effetti c'era bisogno di molto rumore per la chiusura. Purtroppo è mancata la tua solita ispirazione con incursioni nel surreale. In questo racconto c'è di positivo la reazione tranquilla della bimba che interagisce col figuro in modo del tutto naturale, però rimane tanto non detto e un senso di incompiutezza, di racconto fine a se stesso che lo rende l'esatto opposto, in quanto a efficacia, del tuo "Elfo dei boschi", tanto per fare un esempio.

* "La superstite" di Viola Lodato
Molti capovolgimenti di chiavi di lettura per un racconto così breve, ma è una tua caratteristica condensare tanti diversi argomenti in pochi caratteri (beh, mi riferisco ai soli tre corti che ho letto di te, un po' poco per emettere una sentenza del genere ;) ). Comunque ci sono davvero tante storie che meriterebbero più spazio: la malattia, l'essere immuni da essa, la solitudine, gli ologrammi, il suicidio pirotecnico con cariche esplosive.
Di bello c'è sicuramente l'attaccamento per quella realtà fittizia, che è diventata la realtà della protagonista, e l'affetto che prova per gli ologrammi, tanto che è dispiaciuta di non poterli ritrovare in un possibile aldilà.
L'inizio poteva far sembrare il racconto simile, nelle tematiche, a "La torta", ma dalla metà in poi parte per la tangente in modo inaspettato. Questo sarebbe un bene per il racconto se non fosse così corto: si aprono tante strade che, però, subito si interrompono.

* "Stasi" di Roberto Bommarito
Il migliore di questa edizione, almeno per me. Finalmente un Capodanno metaforico, un'introspezione completa (per lo spazio a disposizione) del personaggio e delle ragioni che lo fanno agire, una psicologia mostrata e non raccontata, una sola idea che non ne apre cento come vuoti a perdere, e un colpo di scena finale, forse un po' telefonato, ma che chiude il cerchio della storia. Insomma, un Bommarito in forma con un racconto che dimostra, ancora una volta, cosa significa scrivere un corto: metterci dentro tutto quello che ci può stare (e solo quello), per lasciare al lettore un'immagine indelebile, con l'impressione di aver assistito a uno sprazzo di vita, un'esistenza estrema, ma credibile nella sua eccezionalità.

Fuori gara

* "Nero 24" di Luigi Bonaro
È un peccato che sia fuori gara, perché ci sono molti elementi apprezzabili in questo piccolo scorcio di storia. All'inizio ho avuto l'impressione che non sapessi dove andare a parare. Forse è vero, ma nonostante ciò, alla fine si aprono prospettive interessanti.
Prima di tutto l'ambientazione: il romanesco, lo stornello, la caratterizzazione delle comparse anche solo con un nomignolo evocativo, come sanno fare a Roma, rendono le immagini stereotipate, certo, ma allo stesso tempo vivide. E poi il secondo elemento interessante: da questi primi 1800 caratteri si è profilato un hard-boiled de noantri, in cui sarebbe bello rivedere Tomàs Milian, nei panni di un disilluso Philip Marlowe de noantri, appunto. Forse un filone anni '70 assai sfruttato, ma che sarebbe bello far rivivere dopo trent'anni.

Edited by TETRACTYS - 28/12/2012, 15:45
view post Posted: 28/12/2012, 15:13 Stasi - Fucina dell'Aguzzino
Il migliore di questa edizione, almeno per me. Finalmente un Capodanno metaforico, con un'introspezione completa (per lo spazio a disposizione) del personaggio e delle ragioni che lo fanno agire, una psicologia mostrata e non raccontata, una sola idea che non ne apre cento come vuoti a perdere, e un colpo di scena finale, forse un po' telefonato, ma che chiude il cerchio della storia.
Insomma, un Bommarito in forma con un racconto che dimostra, ancora una volta, cosa significa scrivere un corto, metterci dentro tutto quello che ci può stare (e solo quello), per lasciare al lettore un'immagine indelebile, con l'impressione di aver assistito a uno sprazzo di vita, un'esistenza estrema, ma credibile nella sua eccezionalità.
view post Posted: 28/12/2012, 15:01 La superstite - Fucina dell'Aguzzino
Molti capovolgimenti di chiavi di lettura per un racconto così breve, ma è una tua caratteristica condensare tanti diversi argomenti in pochi caratteri (beh, mi riferisco ai soli tre corti che ho letto di te, un po' poco per emettere una sentenza del genere ;) ). Comunque ci sono davvero tante storie che meriterebbero più spazio: la malattia, l'essere immuni da essa, la solitudine, gli ologrammi, il suicidio pirotecnico con cariche esplosive.
Di bello c'è sicuramente l'attaccamento per quella realtà fittizia, che è diventata la realtà della protagonista, e l'affetto che prova per gli ologrammi, tanto che è dispiaciuta di non poterli ritrovare in un possibile aldilà.
L'inizio poteva far sembrare il racconto simile, nelle tematiche, a "La torta", ma dalla metà in poi parte per la tangente in modo inaspettato. Questo sarebbe un bene per il racconto se non fosse così corto: si aprono tante strade che, però, subito si interrompono.
view post Posted: 28/12/2012, 14:48 Dolcetto o scherzetto? - Fucina dell'Aguzzino
Un racconto di Halloween fuori stagione. In questo caso il Capodanno è solo un pretesto: poteva andare bene qualsiasi altra festività, ma in effetti c'era bisogno di molto rumore per la chiusura. Purtroppo è mancata la tua solita ispirazione con incursioni nel surreale. In questo racconto c'è di positivo la reazione tranquilla della bimba che interagisce col figuro in modo del tutto naturale, però rimane tanto non detto e un senso di incompiutezza, di racconto fine a se stesso che lo rende l'esatto opposto, in quanto a efficacia, del tuo "Elfo dei boschi", tanto per fare un esempio.
view post Posted: 28/12/2012, 14:32 Ti perdono... - Fucina dell'Aguzzino
CITAZIONE (Olorin @ 28/12/2012, 12:40) 
Scommetto che anche nei vostri racconti troverò qualcuno che alla fine urla, per un qualsivoglia fantasioso motivo, la notte di capodanno! :D :D :P

... e potremmo scommettere che anche negli altri racconti ci sarà qualcuno che si chiama Luca ;)
view post Posted: 28/12/2012, 12:48 NASCONDINO DI CAPODANNO - Fucina dell'Aguzzino
Il racconto è davvero poco coinvolgente e il "capodanno" è ridotto a un semplice pretesto. Ciò che avviene è soltanto raccontato e non mostrato, riducendo in modo notevole l'impatto sul lettore. Per giunta il protagonista non dimostra lui stesso alcun coinvolgimento emotivo. Non è scrivendo "ho paura" che si fa capire al lettore qual è il terrore che attanaglia un personaggio.
Ma il limite del racconto è soprattutto un altro. Si fa credere in ogni modo che il Lupo sia qualcun altro, per poi scoprire che, invece, è l'io narrante: il lettore non si può che sentire tradito da un'azione del genere. Almeno qualche indizio concedilo!
54 replies since 4/8/2010