| Almeno cinquanta ospiti avevano visto Maria al party, mentre il marito veniva ucciso dall’altra parte della città. Maria aveva previsto proprio tutto, le doverose lacrime durante l’intervista della polizia, l’appropriata reazione alla notizia, il giusto dolore. Era stordita. Il suo mondo era finito. Non poteva essere consolata. Quando alla fine gli amici la lasciarono da sola di fronte alla sua insistenza, per riposare e piangere, lei si versò un drink, sospirò e finalmente si concesse un piccolo sorriso soddisfatto. Poi un colpo alla porta. Potrebbe essere lui. E volere i suoi soldi… ma Maria non li aveva. Altri colpi insistenti. Il trillo del campanello. Maria era paralizzata. Fissava la porta sgomenta, incapace di muovere un muscolo. D’un tratto i colpi cessarono. Silenzio. Se n’era andato. Forse non era lui. Magari era qualche conoscente imbecille che si era attardato per fare “in intimità” le condoglianze alla fresca e piacente vedovella. Con le mani che le tremavano si riavviò i capelli e bevve il drink. Truffare il vecchio boss Angelo Bonacasa forse non era stata una buona idea. Ma dieci milioni di euro erano stati una tentazione troppo forte. Il vecchio era lì, paralizzato dall’ictus nel letto d’ospedale. Li aveva fatti chiamare, lei e Francesco, i suoi bravi commercialisti a Milano. Avevano parlato da soli. Il vecchio si sentiva morire e voleva che certi suoi soldi in Svizzera andassero ai nipoti, giù in Sicilia. “Non c’è problema” gli aveva risposto Francesco. Bastava che firmasse l’ordine di bonifico con il codice segreto. Al resto avrebbero pensato loro. Con la solita discrezione e puntualità. Il vecchio aveva dato il codice segreto del conto ed aveva firmato. Poi li aveva congedati con un sorriso. A Zurigo non avevano battuto ciglio. Dieci milioni di euro furono trasferiti in un fondo estero e da lì a qualche ora in un conto cifrato alle isole Cayman. Intestatari: Francesco Trentin e Maria Malaguti. Il vecchio, però, si era ripreso. Inaspettatamente. Pur se semiparalizzato aveva scatenato la caccia. Senza fine. Voleva i soldi, certo. Ma voleva anche loro. Soprattutto loro. Erano fuggiti. Da tre anni facevano i giramondo. In Brasile, in quel buco sperduto, sembrava che tutto si fosse acquietato. Si erano persino sposati, lei e Francesco, per non destare sospetti. Nomi falsi, ovvio. Per dieci milioni di euro era possibile anche quello. Come andare a letto con suo marito Francesco: grasso, calvo e con il doppio mento. Ripugnante, ma intelligente e furbo. Non quanto lei, però. Sapeva che Bonacasa li aveva rintracciati ed era in città. Gli aveva telefonato di nascosto. Francesco odiava i party. E così, mentre lei si era affrettata ad accettare un banale invito ad una cena mondana, suo marito era intento ad un incontro segreto ed intimo: una escort prezzolata, ingaggiata da lei stessa per fargli la corte. I killer di zio Angelo lo avevano massacrato. In fondo, aveva sempre odiato Francesco. Un porco lussurioso. Ma il vecchio boss non si sarebbe accontentato. Ora toccava a lei morire. Squillò il telefono. “Oh, ciao.” Rispose. “Sei arrivata? Finalmente! Fatti portare da un taxi all’Hotel De Rio. Sto arrivando. Non vedo l’ora.” Ci mise un bel po’ ad arrivare all’Hotel de Rio. Lo stesso albergo in cui alloggiavano Bonacasa ed i suoi scagnozzi. La parrucca bionda ed il travestimento avevano chiesto il loro tempo. Quando arrivò, salì diretta alla camera 125. Là aveva dato appuntamento al suo carnefice. La porta della stanza era socchiusa. Una valigia sul letto. Per terra seminuda, con il viso stravolto ed il corpo martoriato e squarciato, vide se stessa. O meglio, il corpo della sua sorella gemella, Claudia. Non la vedeva da vent’anni. Morta non le fece una bella impressione. Sostituì i documenti ed andò via. L’indomani la Polizia arrestò all’aeroporto Angelo Bonacasa: due video lo inchiodavano sulle scene del duplice omicidio dei coniugi Ramirez. Maria sorrise. Poi prese l’aereo diretto alle Cayman.
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