Nero Cafè Forum

Come sempre, di Luca Pagnini

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black cat walking
view post Posted on 18/7/2011, 16:52




Almeno cinquanta ospiti avevano visto Maria al party, mentre il marito veniva ucciso dall’altra parte della città. Maria aveva previsto proprio tutto, le doverose lacrime durante l'intervista della polizia, l’appropriata reazione alla notizia, il giusto dolore. Era stordita. Il suo mondo era finito. Non poteva essere consolata. Quando alla fine gli amici la lasciarono da sola di fronte alla sua insistenza, per riposare e piangere, lei si versò un drink, sospirò e finalmente si concesse un piccolo sorriso soddisfatto. Poi un colpo alla porta. Potrebbe essere lui. E volere i suoi soldi... ma Maria non li aveva.
Doveva prendere tempo.
Senza indugiare afferrò la borsa e uscì dalla villa sbucando nel parco sul retro.
Da qualche parte – un'autoradio? – i Beatles cantavano Come together.
Alla luce dei lampioni, le fronde degli alberi mosse dal vento creavano sul prato dei giochi d’ombra che le impedivano di controllare i passi.
«Maledetti», imprecò sottovoce contro i tacchi dodici delle scarpe.
Stava chinandosi per toglierle, quando una figura le si parò davanti.
«Ciao, Maria».
La voce era ammaliante, come sempre.
La donna ebbe un tremito, poi incontrò lo sguardo che la stava scrutando e deglutì.
Scappare era impossibile, allora fece il gesto di spolverare una inesistente macchia sulla gonna di seta e sussurrò: «Ciao, Fausto».
«Non è tardi per andare a spasso?» le chiese lui avvicinandosi.
Il profumo del dopobarba la avvolse in una spirale che Maria conosceva e temeva.
Il cuore le stava scoppiando.
Inchiodandola con lo sguardo, Fausto le mise una mano tra le gambe e, lento, le sfiorò l’interno coscia salendo fino allo slip.
Con le bocche quasi a contatto, Maria sentì il basso ventre contrarsi.
Quando lui strappò le mutandine con un colpo secco, lei era già eccitata.

«Domani, a mezzanotte. Con il mio denaro».
Distesa sul prato, Maria annuì muta mentre Fausto si allontanava.
Le ci vollero diversi minuti per riprendersi dalla paura e dall’orgasmo.
Avrebbe ucciso anche lei, lo sapeva.
A meno che...

Il suo piano era semplice.
Fausto sarebbe stato puntualissimo, come sempre.
Come sempre lui l’avrebbe subito presa con la forza, in quella sorta di rito perverso, tra eros e thanatos, nato assieme al contratto per l’omicidio di suo marito.
La pretesa del compenso sarebbe arrivata solo dopo: troppo tardi.
Durante lo “stupro”, lei gli avrebbe sparato con il piccolo revolver che suo marito le aveva regalato per difendersi proprio in casi come quello.
Agli agenti sarebbe apparsa sconvolta.
“No, non lo conoscevo. Mi ha sorpresa qui, da sola…” avrebbe dichiarato piangendo.
Legittima difesa.
Incubo finito.

La sera dopo, alle 23 e 57, Maria si alzò dal letto e scese nel salone.
Le luci della villa erano tutte spente. Davanti alla portafinestra spalancata, le tende ondeggiavano per la corrente d’aria.
Lucida, Maria sollevò il ricevitore telefonico e compose un numero.
«113, dica…»
«C’è qualcuno in casa mia, vi prego venite!»
«Signora si calmi e mi dica l’indi…»
«Aiuto! È qui!» gridò, interrompendo la comunicazione.
I poliziotti ci avrebbero messo un po’ a rintracciare la chiamata, ma poi sarebbero arrivati di corsa. Fiera della propria interpretazione, Maria si lasciò cadere sul divano; quindi nascose la Colt dietro a un cuscino. Il metallo freddo della pistola la rassicurò.

L’uomo entrò preannunciato dal rumore dei suoi passi.
«Fausto?»
«Sì».
Mentre lui avanzava nell’oscurità, Maria si accorse di essere in apnea.
Allora s’impose di dominarsi, ma quando lui la attirò a sé, capì che ormai era troppo tardi.

Raggiunsero l’orgasmo assieme, dopo un tempo indefinito.
Appena lui si sollevò, lei gli sorrise riconoscente.
E sparò.

Fu in quel momento che due poliziotti, come comparsi dal nulla, le puntarono addosso il fascio di una torcia e le intimarono di gettare l’arma.

Al suo processo per duplice omicidio, entrambi gli agenti ricordarono bene ciò che avevano udito quella notte. Nei secondi precedenti la loro irruzione, Maria era stata colpevolmente sincera:
«Dài amore mio… insieme, insieme! Come sempre!»
 
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view post Posted on 21/7/2011, 09:12
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Martin Sileno

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Il racconto è scritto bene e in modo pulito. La sua trama semplice e lineare trasporta fino alla fine. Personalmente, però, proprio questa semplicità e linearità mi hanno coinvolto poco non creando, a mio avviso, un'atmosfera che ne ha risentito di personalità.
Non ho apprezzato il tuo continuo ripetere che hai usato del "come sempre" che riporata al titolo.
Penso altresì, che dovresti andare un po' meno a capo: vai a capo dopo ogni frase! altrimenti la narrazione visivamente appare come una sequenza schematica di eventi, che distrae il lettore.

 
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