| «Signorino, la informo che il cane ha girato l'angolo. Mancano pochi secondi». Il bambino smise di leggere e alzò gli occhi verso il maggiordomo. «Bene, Ermanno. Sono davvero ansioso di vedere se la cosa andrà a buon fine». «Non sarà deluso. La ragazza sa il fatto suo». Il maggiordomo sfilò le mani di plastica al bambino senza far caso ai moncherini. L'altro gli gettò uno sguardo d'intesa.
«Paco! Paco! Torna qui!» Paco fece finta di non sentire e scomparve dietro l'angolo della strada. Tommaso, imprecando tra sé, si mise a rincorrerlo. Lo trovò che annusava il di dietro di un cocker nero. «Dai, Paco, vieni...» «Simpatico, questo cagnolone», disse la ragazza che teneva il cocker al guinzaglio. «Sì, ma fa sempre di testa sua». Lei affondò gli occhi color nocciola nei suoi, e dita invisibili gli toccarono il cuore. «Mi chiamo Clara».
Si dettero appuntamento all'atelier dove lui lavorava. Era sicuro di incantarla con le sue sculture, che ritraevano animali dalle facce umane. «Che espressione inquietante ha questo qua», disse a un certo punto lei indicandone uno. «Ne hai di idee, tu». «Se è per questo ne ho una magnifica anche adesso», disse lui avvicinandosi per baciarla. Clara si ritrasse appena un poco. «Aspetta un secondo». Tommaso la guardò sorpreso. «Ti piaccio davvero?», gli chiese lei con uno sguardo languido. «Moltissimo». «E se fossi una fata, e potessi avermi solo in cambio di qualcosa di molto prezioso, cosa daresti per me?» «Qualsiasi cosa». «La cosa più preziosa per un artista come te sono le mani», disse lei. «Allora, mia signora, ecco a te le mie mani». La ragazza sorrise, e senza dire altro appoggiò le sue labbra su quelle di Tommaso.
«Finalmente! Sono le mani che ho sempre voluto», disse il bambino guardando le nuove estremità che gli erano spuntate. Ermanno e Clara, seduti accanto a lui, si congratularono.
Tommaso si svegliò in preda a un incubo in cui un bambino dalla faccia antipatica gli giocava un brutto tiro. Ancora ansimante cercò Clara nel letto accanto a lui, ma non c'era più. Fu in quel momento che si accorse delle mani. Immobili, rigide. Piccole come quelle di un bambino. Non è possibile! Guardò meglio. Due ridicole mani di plastica. Allora si ricordò le parole della ragazza. Cosa daresti per me? Sul suo viso si dipinse una maschera di terrore. E gridò.
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