Nero Cafè Forum

L'indagine

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Byron18
view post Posted on 21/2/2012, 17:22




Claudio aprì la porta, vestito come un adolescente nonostante la pesantezza dei suoi cinquantasei anni. E mi osservò come se fossi colpevole di qualcosa.
Colpevole di avere lo stesso sangue di mia sorella, la stessa irrequietezza forse.

«Potevi fare a meno di portarti l’amichetta al funerale» dissi acido.

«Ha insistito lei... non so dirle no»

«Cosa stai cercando?» chiese dopo aver vagato, assente, per casa.

«Non lo so. Qualche indizio... una traccia»

«Una traccia di cosa? È stato un incidente. Hai sentito la polizia. Prenderanno quel pirata della strada e tutto finirà lì».

Aprii un cassetto, un altro ancora. «Non aveva un’agenda, qualcosa?»

«Non lo so... che pensi?»

«Non penso nulla Claudio. Il marito sei tu. Dovresti dirmi tu qualcosa!» obiettai perdendo la calma.

«Io e Marta non eravamo più marito e moglie da tempo. Forse non lo siamo stati mai. Ci siamo sposati giovani... anzi l’unico motivo era la gioventù e quella speranza nella vita insieme che hanno i giovani. Non ci legava più nulla, tranne l’abitudine e questa casa... e a volte neanche quello. Se pensi che ci sia sotto qualcosa, perché non vai dalla polizia?»

«E’ solo una sensazione...aveva un’amante?»

«Non so. Può darsi» disse con distacco.

«E che tu l’avessi... lo sapeva?»

«Non sono cose che ti riguardano» rispose con fastidio.« Ma... sì. Marta lo sapeva, e non le importava»

«Qui non ho trovato nulla di particolare... rimane il <i>laptop. Ti spiace se lo prendo?»

«Fa’ pure. Senti, per la denuncia di successione... che devo fare? Sei tu l’avvocato di famiglia»

«C’è tempo, non preoccuparti. Mi faccio sentire io».

Lo sistemai nello scrittoio ingombro di fascicoli, libri, riviste che mi ripromettevo, giorno per giorno, di collocare altrove. E lo accesi. Apparve un’immagine esotica sullo sfondo. Mare calmo, azzurro, palme. Ricordai che da piccola Marta voleva fuggire ai Caraibi, andare a vivere al sole. Quanti anni poteva avere... otto dieci, pensai.
Aprii i file senza metodo. Relazioni di lavoro, appunti, download. Nulla che potesse indicarmi qualcosa, a parte la lettera affettuosa di un certo Renato. Trovai il cognome e cercai il numero di telefono.

«Sono Carlo Tafari» mi presentai e udii la voce di una donna «cerco Renato...».

Sentii la donna ripetere il mio nome ad alta voce e un rimestio confuso.

«Carlo Tafari?» rispose un uomo con tono interrogativo, forse per darsi tempo di cercare un volto nella memoria. «Il fratello di Marta...» sussurrò e sentii dei rumori. Una porta che si apriva e chiudeva.

«Lei mi conosce...» chiesi sospettoso.

«Sua sorella mi parla spesso di lei»

«Di me?» replicai curioso.

«È successo qualcosa a Marta? Sono giorni che provo a chiamarla al cellulare...»

«Possiamo incontrarci?...» proposi.

L’appuntamento era per la mattina seguente, in via Ruggero Settimo, sotto i portici della Rinascente. Nonostante lo sforzo arrivai in ritardo e rallentai per cercare di individuare l’uomo nella folla.
Si muoveva su e giù, a scatti, davanti l’ingresso.

«Sono Carlo» dissi porgendo la destra.

«Renato» farfugliò ricambiando la stretta.

«Ho trovato delle lettere nel computer di Marta... in quali rapporti era con mia sorella?» domandai per capire
che uomo avessi davanti. Se capace di assumersi le responsabilità derivanti dal proprio comportamento o meno.

«Non mi aspettavo una domanda del genere. Ma comunque... amanti, da quasi due anni»

«Clandestini?»

«Ho moglie e figli. Lei un marito a cui non importa nulla. Ma ho insistito io nel mantenere le apparenze. Una relazione nascosta, ma libera. Leggera.Qualche coccola, sesso, problemi pochi...»

«Marta le aveva detto se era successo qualcosa negli ultimi tempi?»

«Qualcosa? No... i soliti discorsi sul marito»

«Cioé?»

«La innervosisce il suo ennesimo tentativo di incidere un CD, come fosse un vero artista. E quelle serate nei pub a suonare, circondandosi di ragazzine usate come un elisir di giovinezza. Ma ne parla col solito distacco, fastidio. A me Claudio ha sempre dato l’idea di uno che fugge la realtà creandone una comoda, piacevole. Una realtà alternativa dove si è apprezzati»

«Non è quello che fate insieme?» obiettai.

«Può darsi. Non l’ho mai considerato in questi termini... forse siamo tutti insoddisfatti ed evitiamo ciò che non controlliamo più»

«Parla mai di lavoro?»

«Raramente... più spesso parla di lei»

«Di me?»

«Lei è lo specchio in cui osserva la propria immagine riflessa, così dice»

«Non capisco»

«Racconta che lei odia il suo lavoro. Che lo rende infelice. E che anche il matrimonio è un’anello di questa catena d’infelicità. Preferisce morire piuttosto che diventare come lei... lo ripete spesso»

«Come me?»

«Dice che fa ciò che odia perché odia se stesso. Non la rivedrò più...» aggiunse, e mi parve che il suo sconforto fosse sincero. «Marta dov’è? Se vuole troncare non c’era bisogno che mandasse lei»

«Marta è stata uccisa tre giorni fa da un’auto. Un pirata della strada. Non si è neanche fermato»
Renato mi guardò negli occhi, spalancando i suoi.

«Senta, se le viene in mente qualcosa di particolare...» dissi congedandomi.

Gli lasciai il mio numero di telefono e con la coda dell’occhio vidi che iniziava a piangere.
Decisi di camminare, senza meta, nel puerile tentativo di liberarmi dei miei problemi semplicemente non affrontandoli.
Pensai che Marta mi conosceva bene, pur essendo lei la minore.
Vivevo in due gabbie. E da anni, ogni mattina, non facevo altro che uscire da una per entrare nell’altra e viceversa. Odiandole entrambe.
Marta era sempre stata diversa, libera, solare e con una grande forza interiore. Non si sarebbe mai arresa ad una situazione che le andava stretta. Avrebbe continuato a cercare... a cercare cosa, pensai.
Non so come mi ritrovai in corso Tukory, davanti l’agenzia del Banco di Sicilia in cui lei lavorava.

«Condoglianze» mi disse il direttore. «Scusi se non sono potuto intervenire ai funerali... ma qui siamo solo in due» si giustificò e mi venne in mente quella locuzione latina excusatio non petita, accusatio manifesta.

«Manca qualcosa? Voglio dire vi manca del denaro, titoli? È possibile che la morte di mia sorella sia collegata ad un maldestro tentativo di rapina alla banca?» chiesi, cercando di dare un senso alla sua morte.

« Lo escludo. Ormai le casse sono automatizzate. A prova di furto... interno ed esterno. Se mi capisce. Sua sorella è stata vittima di un tragica fatalità. La vita non è altro che un’insieme di eventi legati dal sottile filo della causalità...»

«Non ho fede nel destino. Posso parlare con i colleghi?»

«Era molto riservata... raramente parlava della sua vita privata» disse la donna dai capelli rossi e dal naso storto. La voce era sgradevole, il modo di fare sbrigativo e mascolino. «Eravamo soltanto in due oltre al direttore. La conoscevo da un paio di mesi appena... la direzione ci sposta in continuazione, e poi non avevamo molto in comune. Anzi, non avevamo proprio nulla»

«Non ricorda qualcosa di particolare negli ultimi giorni?»

«No...» ci pensò un momento, come se ci fosse un elemento che le sfuggisse. «Una busta. Ha ricevuto una busta qualche giorno fa. Dopo averla aperta è stata tutta la giornata distratta, disorientata. Come se pensasse ad altro o dovesse prendere una decisione importante»

«E le ha detto niente al riguardo?»

«Non avevamo quel tipo di confidenza»

«Ha letto il mittente di quella busta per caso?»

«No...»

Mi allontanai lentamente e tornai a casa.

«Dove sei stato?» mi chiese Ada già in vestaglia.

«In giro...»

«La precisione non è il tuo forte»

«Marta aveva un amante... un certo Renato. L’ho incontrato stamattina»

«E...»

«Cosa?»

«Se non hai voglia di parlare puoi benissimo tenerti tutto per te. Guai a svelare i segreti della famiglia Tafari!»

«Sei fuori luogo» farfugliai di malavoglia.

«Ha telefonato un certo Augusto» fece lei con tono vagamente beffardo. «Mi ha detto di essere un amico...
intimo di tua sorella. Così mi ha riferito» disse e capii che ce l’aveva con me. E che ero sempre io il fulcro dei suoi malumori. Qualunque cosa accadesse ero io il suo parafulmine.
Era me che odiava, non c’era nient’altro nella sua vita tranne il suo odio. «Voleva parlare con te. Mi ha lasciato il suo numero».

Afferrai il post it e lo composi.

«Sono Carlo Tafari»

«Augusto Bontempo... ho letto la notizia sulle cronache... ero, scusi se sono così brutale, l’amante di Marta. Il giorno in cui è morta mi ha lasciato una busta chiusa, con l’avvertimento di sbarazzarmene in caso le fosse successo qualcosa»

«Come sbarazzarsene» risposi titubante.

«Anch’io pensavo che scherzasse. E poi di solito si dice il contrario. Ma oggi non ne sono più tanto sicuro. Non so che fare. Crede di poter venire a casa mia?»

Era un bell’appartamento, nel vecchio centro storico, poco distante dall’Oratorio del SS Salvatore.
Osservai la busta, credevo si trattasse d’un plico voluminoso. Invece era proprio una busta.

«La apra» fece l’uomo, visibilmente scosso.

«Forse dovremmo portarla alla polizia» ribattei, colto da un’improvvisa mancanza.

Lacerai la carta e uscì un foglio.

«Sei un bel figo, ma mi stancherò e ti lascerò » lessi deluso.

«Che significa?»

«Nulla. Voleva prenderla in giro, è chiaro. Conosceva Marta da molto?»

«Un paio di mesi. Ma conoscerla è una parola grossa. Ci siamo incontrati ad uno speed date»

«Prego?»

«Un locale per incontri veloci. Da allora ci vedevamo qui due volte a settimane. Marta non desiderava una relazione, si lamentava di averne abbastanza. Solo sesso. Ma io... io invece mi stavo innamorando»

«Posso tenerlo?» chiesi prendendo il biglietto.

«Certo. Un momento. Credo che queste chiavi le abbia dimenticate Marta... le prende lei?»


«Non hai trovato nulla» mi domandò Ada quella sera, prima di infilarsi sotto le coperte.

«No»

«Solo muffa e fango, scommetto. Succede questo quando si rimesta nella vita privata. È stato solo un incidente, Carlo. Smettila di fare il detective Non è questo il modo di agitare le acque stagnanti della tua vita»

«Vorrei che qualche volta mi sostenessi»

«Non è un romanzo giallo. Non vedo enigmi dietro la morte di Marta. Non si nascondono misteri dietro la vacuità della vita, nessun inganno nella banalità della morte»

Edited by Byron18 - 21/2/2012, 17:53
 
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William Munny
view post Posted on 6/3/2012, 15:57




Ciao Byron18,
hai scelto un nick impegnativo... Ho letto il tuo racconto, ho qualche annotazione. La prima riguarda la notizia della morte di Marta. L'amante abituale non ne sa nulla, ignora l'accaduto e, secondo me, impiega troppo tempo a chiedere conto per il motivo della visita di Carlo, mentre Augusto è informato... Quanto risalto può avere la triste notizia di una vittima dell'ennesimo piarata della strada? Perchè Carlo si limita a telefonare (a vuoto) e non cerca Marta tramite facebook o qualche conoscente in comune? Augusto, per come lo hai presentato, non sembra un malato di informazione... Nella realtà può accadere che si ignorino notizie di cronaca, accadute anche al vicino, ma in un racconto si crea un mondo dove tutto dovrebbe rientare nella costruzione del racconto. se qualcosa accade, da qualche parte ci sarà una causa.
Ho apprezzato molto il finale, giocare hai detective non è cosa per tutti... e non sempre conduce da qualche parte.
Mi è piaciuto lo stile, anche se ti direi di togliere la E del primo rigo... Parti con il Mi... più efficace.
Sui personaggi... Carlo l'investigatore di cui seguiamo le gesta, che lavoro fa, perchè si è arreso alla routine del suo, non tanto felice, matrimonio... perchè cerca ancora l'appoggio della moglie?
Spesso mi muovono la critica di caratterizzare poco i personaggi... se non trovi offensiva la mia proposta, ti va di condividere con me questa critica?
Sempre dentro i diecimila caratteri, facci vedere un pò di più... l'appartamento di Augusto ad esempio....
Ok, sono stato un rompiscatole, ma le mie sono opinioni, prendile per quello che valgono!
Nel complesso il racconto è buono.
Buon Detective!
 
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Byron18
view post Posted on 6/3/2012, 19:31




Byron è il mio gatto. Il protagonista non va su facebook perché non ci sono mai andato io e perché 10000 caratteri spazi inclusi sono pochi per fornire spiegazioni. Carlo fa l'avvocato, lo leggi quando Carlo e Claudio si stanno accomiatando.
Ho voluto postare una non storia. Perché la vita raramente è misteriosa e più di sovente è banale. Non c'è nessun giallo, nessun assassino, nessun enigma. Ci sono le vite dei protagonisti, muffa e fango e le vite nascoste dietro vite e rapporti normali.
Cosa c'è di più sconvolgente e terrificante della normalità?
Grazie per la lettura, che ricambierò, e per i suggerimenti.
Gaetano
 
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2 replies since 21/2/2012, 17:22   86 views
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