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Delitto al Pinot Grigio

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Jane09
view post Posted on 25/3/2012, 07:50




Delitto al Pinot Grigio

di Maria Arca

La carrozza si fermò davanti a un imponente castello in riva al mare.
Qualcosa nell’aria –forse il profumo di sale, il vento impetuoso o le urla stridule dei gabbiani– mi fece rabbrividire. Mi strinsi nel cappotto e ripensai al motivo per cui mi trovavo lì: investigare sull’omicidio del conte Vernaccia, un uomo eccentrico, snob e avaro, ma prodigo nell’acquisto di vini pregiati. Amava in modo particolare il Pinot grigio, per questo era un’ironia che fosse stato ucciso da un bicchiere di Chianti e veleno.
Venne ad aprire la porta un maggiordomo dall’aria triste. “La signorina Mannal la raggiungerà tra poco” annunciò quando gli spiegai il perché della mia visita.
Lo seguii in un salottino con vista sul mare. Mi avvicinai alla finestra e fui sorpreso di vedere, vicino alla scogliera, una donna dalla bellezza eccezionale. I suoi capelli ramati e la carnagione d’avorio spiccavano contro il blu del mare in modo fantastico. Sembrava appena uscita da un quadro rinascimentale.
Un discreto colpo di tosse mi strappò alle mie osservazioni. “Spero di non disturbarla, ispettore.”
Mi voltai di scatto verso una giovane donna vestita di grigio, che mi fissava con aria leggermente ironica. Era attraente ma c’era qualcosa di freddo in lei che mi mise subito a disagio.
“Sono Caterina Mannal, la segretaria del conte. Desidera un tè?” mi chiese con tono efficiente.
“Sì, la ringrazio.”
Dopo aver ordinato il tè, la signorina Mannal si sedette e disse: “Cominci pure, ispettore. Suppongo abbia molte domande.”
La fissai per un lungo istante ma non riuscii a leggere nulla nel suo volto così controllato.
“Da quanto tempo lavora qui?” cominciai.
“Tre anni. Il conte era un uomo difficile ma la paga era buona.”
La guardai sorpreso, ricordandomi della reputazione della vittima.
Lei si lasciò scappare un breve sorriso. “Mi perdoni se suono poco modesta, ma il conte pagava per la qualità.”
“Potrebbe dirmi quando è stata l’ultima volta che l’ha visto vivo?”
“Questa mattina. Quando il maggiordomo ha scoperto il cadavere mi trovavo nella mia stanza e stavo finendo di scrivere una lettera.”
“Sa chi è entrato in biblioteca oltre al maggiordomo?”
“Solo io. Il conte era riverso sulla scrivania e accanto a lui c’era un bicchiere di vino mezzo vuoto. L’arma del delitto a quanto pare.”
“È a conoscenza dei termini del testamento del suo datore di lavoro?” chiesi con studiata indifferenza.
In quel momento la governante entrò, portando nel salotto un vassoio con tè, pasticcini e tartine.
Senza nemmeno guardare quello che faceva, Caterina mi porse una tazza di porcellana azzurra e un piattino rosa. Quel piccolo errore mi rincuorò alquanto perché sembrò tradire il nervosismo che nel volto e nei gesti si era tanto premurata di nascondere.
“A parte qualche lascito alla servitù, l’intera fortuna va ad Alessandro Vernaccia.”
Beh, quella era una notizia interessante, pensai mentre sorseggiavo un po’ di tè caldo e forte. Naturalmente, il nipote del conte salì al primo posto nella mia lista di sospetti.
L’irritante creatura che avevo davanti sembrò leggermi nel pensiero. “Mi dispiace informarla che il signor Vernaccia non può essere responsabile dell’omicidio.”
“Posso chiederle perché?”
“Semplice. Alessandro è fuori città e il vino con cui è stato ucciso il conte è arrivato solo questa mattina.”
“Il conte ha lasciato un lascito anche per lei, signorina?”
“Mi dispiace deluderla ancora, ispettore, ma io rimango a mani vuote e nella necessità di trovarmi un altro posto.”

Nel pomeriggio interrogai i domestici che purtroppo confermarono la deposizione di Caterina Mannal.
“La cassa di Chianti è arrivata questa mattina alle nove” spiegò il maggiordomo con tono grave. “Si trattava di un errore però perché il conte odia in generale tutti i vini rossi. Eppure deve avere deciso di assaggiarla quando l’assassino gliel’ha offerta.”
“Qualcuno è venuto a fare visita al conte?”
Il maggiordomo scrollò le spalle. “Non che io sappia ma c’è una porticina sul retro da cui si può passare senza essere visti. Suppongo che l’assassino ne abbia fatto uso.”
Era quello che supponevo anch’io.

Dopo aver finito di interrogare i domestici, decisi di fare una passeggiata in riva al mare e fui felice di ritrovare la creatura misteriosa e sfuggente che avevo scorto dal castello.
“Suppongo che voglia interrogare anche me” annunciò senza preamboli.
“Ogni informazione è ben accetta. Posso sapere il suo nome?”
“Sono Viola Paregi, la fidanzata di Alessandro Vernaccia.”
Quell’uomo ha tutte le fortune, mi dissi. “Allora non mi spiacerebbe farle un paio di domande. Dove si trovava al momento del delitto, signorina?”
“Stavo facendo una passeggiata. Un po’ debole come alibi, temo.”
“Cosa le fa credere di aver bisogno di un alibi?”
Lei sorrise. “Beh, ho un movente, no?”
“Mi dica cosa ne pensa di Caterina Mannal?” chiesi all’improvviso.
Lei scrollò le spalle. “È in assoluto la persona meglio organizzata che conosca, sempre vestita di un sobrio grigio, come se fosse un’uniforme.” Viola si voltò e fissò il mare. “Ancora non riesco a credere che il conte sia morto. È veramente uno scherzo crudele che l’assassino abbia usato del Chianti per ucciderlo.”
“Il suo fidanzato era affezionato a suo zio?”
“A modo suo sì. Non si immagini certo che lo odiasse o fosse disperato per denaro. Alessandro è uno spendaccione ma se la cava sempre in qualche modo.”
“Questo è vero, mia cara” disse un giovane alto e attraente sbucato all’improvviso da dietro il castello. Aveva i capelli biondi un po’ arruffati e gli occhi azzurri stanchi e vivaci nello stesso tempo.
Il nipote del conte –o meglio il conte perché era lui l’erede del titolo- si avvicinò a Viola e le diede un bacio sulla guancia. “Lei deve essere l’ispettore Delonghi, vero? Allora, cosa vuole sapere? O devo chiedere al mio avvocato di essere presente?”
Non so quanta dell’antipatia che provai nei suoi confronti fosse dovuta all’invidia, ma so che lo trovai insopportabile fin dal primo momento.
“È addolorato per la morte di suo zio?” chiesi bruscamente.
Lui mi guardò sorpreso, poi tirò indietro la testa e scoppiò a ridere. “Cos’è? Un trucco da poliziotto? Crede che davanti a una domanda così diretta confessi? No, non sono addolorato. Ritenevo che mio zio fosse un vecchio arcigno e noioso.”
“Sono lieto che la morte violenta del suo unico parente la rallegri tanto” risposi freddamente. Poi lanciai un’occhiata al mio orologio. “Spero di avere l’opportunità di rivolgerle qualche domanda domani mattina.”
Alessandro fece un cenno con il capo.
Mentre mi voltavo per tornare in albergo, la voce di Viola mi raggiunse. “Ho pensato a tutto, sai? Mi auguro che non ci siano problemi.”

La mattina successiva tornai sulla spiaggia. Ripensai alle conversazioni del giorno precedente, a Caterina con la sua aria fredda ed efficiente, a Viola, bellissima e dolce e ad Alessandro, egoista e fortunato. Chi aveva ucciso il conte?
Vidi due donne camminare nella mia direzione. “Ti giuro, mia cara, che è completamente cieca…” stava dicendo una delle due. Il resto della frase andò perso.
Rimasi immobile a fissarla mentre facevo la connessione e vedevo tutti i pezzi del puzzle andare al loro posto…

“Chieda alla signorina Mannon e alla signorina Parigi di raggiungermi, per favore” ordinai al maggiordomo qualche ora dopo.
“Come desidera, signore.”
Le due donne arrivarono pochi minuti più tardi. Entrambe sembravano nervose e preoccupate.
“Temo di dovervi informare che Alessandro Vernaccia è appena stato arrestato con l’accusa di omicidio.”
Viola sussultò ma mi accorsi che non era sorpresa.
“Ridicolo” disse Caterina. “Alessandro era fuori città al momento del delitto.”
“Mi scusi, avrei dovuto essere più preciso. È stato arrestato con l’accusa di complicità. Naturalmente è stato qualcun altro ad avvelenare il vino, qualcuno che avrebbe beneficiato in egual misura dell’eredità del conte.”
Mi voltai verso Viola. “Peccato che abbia fatto un piccolo errore.”
“Quale?” sussurrò lei senza staccare gli occhi dal mio viso.
“Quello di usare la bottiglia sbagliata. Il conte non beveva Chianti, amava solo i vini bianchi.”
“Non capisco.”
“Lei no ma sono sicuro che la signorina Mannon ha afferrato perfettamente quello che intendo. Lei ha un problema alla vista, non è così?”
“No.”
“Davvero? Eppure quando ha servito il tè, mi ha dato una tazzina e un piattino di colori diversi. E non è forse per questo che si veste sempre di grigio? Ha paura di abbinare colori troppo diversi tra loro.”
Caterina sussultò.
“È inutile che lo neghi, sa? Mi dispiace, Viola. Alessandro voleva rompere il fidanzamento per sposare la signorina Mannal, una donna pronta a tutto pur di mettere le mani sul patrimonio del conte. Sa benissimo che era uno snob e che non avrebbe permesso che suo nipote sposasse una semplice segretaria.”
“Il suo ragionamento è affascinante, ispettore” rispose Caterina.
“Sa qual è stata la sua sfortuna, signorina?”
Caterina scosse il capo.
“Che il fornitore abbia mandato per sbaglio una cassa di Chianti. Solo una persona incapace di distinguere i colori avrebbe potuto non accorgersi di aver versato un bicchiere di vino rosso. Lei è scesa in cantina, ha preso un bicchiere di vino pensando che fosse Pinot, l’ha riempito di veleno e l’ha portato al conte, che era impegnato con il lavoro e non si è nemmeno accorto di cosa beveva. Si sentiva al sicuro perché nessuno conosceva il suo movente.”
“Non ha nessuna prova, temo.”
Solo in quel momento mi concessi di sorridere. “Ha ragione, ma il suo complice non ha considerato questo particolare. Quando gli abbiamo offerto un patteggiamento, ha confessato.”
Caterina non mi diede la soddisfazione di mostrare alcun sentimento. “Suppongo di dovermi congratulare con lei” fu la sua unica osservazione.
“Sarebbe molto sportivo da parte sua.” Mi voltai verso Viola che sembrava quasi sollevata.
“Lei è un genio, ispettore” mi disse con un sorriso.
Sorrisi lusingato e ancora una volta mi ripetei che non c’era al mondo uno stupido più grande di Alessandro Vernaccia.

FINE

Edited by Jane09 - 27/3/2012, 09:01
 
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