Portami al mare
Non avevo mai visto il mare. Tutti i miei compagni c’erano stati, almeno una volta. Per me era diventata un’ossessione. Mia madre, fosse stata ancora viva, mi ci avrebbe portato. Mio padre era più duro da convincere: tornava a casa tardi e non aveva nessuna intenzione di parlare. Di sabato sera parlava, invece, se aveva bevuto troppo, e di solito condiva tutto con schiaffi e pugni e calci. Figuriamoci se potevo chiedergli: “Papà, domani andiamo a fare una gita al mare?”
Ma un giorno il miracolo mi riuscì. Era luglio, domenica mattina, e mio padre stava in giardino allungato sulla sdraio, vicino al cancello aperto. Io leggevo un fumetto, cercando di non disturbare.
Passarono Gianna, con un completino rosa di spugna, e sua madre, che era stata molto amica di mia mamma e ancora rivolgeva qualche parola a mio padre, se capitava.
“Buongiorno, Aldo, come stai?”
Mio padre aprì a malapena gli occhi, poi Gianna intervenne, rivolta a me: “Stiamo andando al mare, vuoi venire?”
Quasi non riuscivo a rispondere, per l’emozione.
“Posso papà?”
Ma poi mi scappò un “Ti prego!” che, lo capii subito, era un errore grosso.
Mio padre, tirandosi su, mi piantò in faccia uno sguardo duro e sardonico. Poi cambiò espressione e si rivolse con tono mellifluo a Gianna: “Grazie, cara, ma anche noi abbiamo deciso di andare al mare, più tardi. Ciao e divertitevi!”
Come ho potuto essere così stupido? Volevo crederci. Cominciai ad asfissiare mio padre di domande: “Com’è il mare? Azzurro come? Grande quanto?”. Lui non rispondeva, e mi guardava sempre più divertito.
Infine mi caricò in macchina in fretta e furia e partimmo.
“Come faremo il bagno senza costume?” fu l’unica cosa che dissi durante il viaggio.
Arrivammo. Non c’era nessuno in quel tratto di costa, solo scogli. Eppure era magnifico, il mare. Non avevo parole ed ero felice. Intanto mio padre trafficava nel porta bagagli.
Di colpo mi prese alle spalle, mi mise una mano sulla bocca e mi sollevò. Fece qualche metro, trascinandomi. Io non cercavo neppure di urlare, non capivo. Ammetto di aver pensato che fosse uno scherzo, che volesse fare un tuffo con me, come avevo visto nei film che guardavo alla tv.
Invece mi legò una pietra al collo e mi gettò in acqua, da un pontile diroccato.
Sono morto così, quasi contento: volevo che qualcuno lo sapesse. E se pensate che i morti non possano parlare, tanto peggio per voi.