Nero Cafè Forum

APPUNTAMENTO PRESO COL DESTINO, di Mara Bomben

« Older   Newer »
  Share  
Mara Poirot
view post Posted on 1/4/2012, 20:16




[APPUNTAMENTO PRESO COL DESTINO

Sono qui sul lungomare di Barcola. Uno scrittore che fissa l'orizzonte lontano in questo pomeriggio di pioggia, di una primavera che si ostina a non arrivare. Quando decido di tornare, la notte mi avvolge in pochi minuti. Sul molo Audace non c'è nessuno. Vedo un ragazzo che, sotto un lampione, mi saluta con la mano. E' Massimo. Lo riconosco subito. Il mio compagno di classe del liceo classico "Francesco Petrarca". Ora possiede una catena di concessionarie di auto di lusso. Stranamente sembra preoccupato. Un gruppo di imprenditori russi gli ha proposto di rilevare tutto. Teme che, cedendo loro un pacchetto di azioni, le utilizzino per riciclare denaro sporco, droga, armi, prostituzione. Lo lascio davanti alla sua Mercedes metallizzata posteggiata di fronte al molo. Mi dice che, tra poco, vedrà un amico e poi andrà a casa a guardare la partita di calcio.
Il cielo si è schiarito. Mentre la mia auto fila verso i Campi Elisi, vedo la luna, dietro a una nuvola, illuminare per un attimo il molo. Massimo cammina incontro al buio, là dove non ci sono i lampioni, verso la diga. Verso il blu notte. Un'oscurità che lo farà sparire per sempre.
Sono già le 7 e 40, quando sento la radio in cucina accesa sul radiogiornale del mattino. Una notizia risuona come una lama su un vetro ruvido. C'è stato un probabile omicidio nella notte sul molo Audace, accanto al monumento in bronzo con la rosa dei venti. Nessun cadavere. Ho uno strano presentimento. Penso a Massimo, a un uomo che cammina sotto la luce fioca di lampioni nella nebbia, sul mare, nel silenzio, nel buio di una città misteriosa e strana. Lo immagino disteso in una pozza di sangue. Morto.
Mi vesto in fretta. E sono fuori. La questura e l'ispettore Staro mi aspettano. Quando mi vede, mi chiede cosa voglio. Gli rispondo che ho sentito di un presunto omicidio. Gli parlo di Massimo, che ho passato con lui la serata, che l'ho visto camminare sul molo Audace verso le nove di sera. L'ispettore Staro prende appunti. E' gentile e mi propone un sopralluogo sul molo. Accetto volentieri. Evidentemente sa che sono un buon osservatore e potrei cogliere particolari del delitto che lui non noterebbe. In fondo scrivo gialli. Un po' di pratica d'investigazione l'ho anch'io.
Ci sono parecchi agenti in fondo al molo. Distinguo il medico legale. Staro gli fa cenno che può parlare liberamente di fronte a me. Ora sono proprio davanti a una grande macchia di sangue rappreso. Il dottor Alessi parla di gruppo A positivo riguardo alle analisi. Un tipo molto comune.
Ho un lampo. Un flash sul passato. Ricordo che, durante una partita di calcio, Massimo si era ferito in maniera grave contro le assi di ferro della porta e aveva avuto bisogno di una trasfusione di sangue. Massimo aveva il gruppo O positivo. Un gruppo raro con poche scorte in ospedale. Anch'io per sua fortuna, avevo l'uguale tipo di sangue. Sono un ragionatore e un ottimo investigatore. Penso in fretta. Se il sangue sul molo non è di Massimo, allora, sicuramente, è di un altro uomo, il probabile aggressore.
Riesco a vedere tutta la scena notturna. Il mio amico picchiato da un russo. Una violenta colluttazione. Spunta un coltello. Massimo che riesce a impadronirsi della lama e ferisce profondamente l'addome dell'aggressore. Questa è la mia logica. Quindi Massimo potrebbe aver ucciso il russo e poi essere fuggito nella notte, approfittando dell'oscurità del molo. Sono così assorto che l'ispettore Staro mi scuote il braccio, chiedendomi se ho qualche intuizione per aiutarlo nelle indagini. Capisco in un lampo che, se gli faccio sorgere il dubbio che il mio amico sia un assassino, inizia un'immediata caccia all'uomo.
Rimango zitto alcuni secondi. Prendo tempo. Poi rispondo che Massimo, forse, è andato via un po' prima dell'aggressione. Staro non mi sembra convinto. Comunque non insiste. C'è del marcio in questa storia. Qualosa di nascosto che non riesco ancora a mettere a fuoco.
Guardo lontano. Il cielo è nero, scuro all'orizzonte. Stanotte pioverà forte. Ogni traccia di sangue sparirà con il temporale. I miei dubbi invece resteranno. Profondi e incerti.
E' trascorso solo un giorno dal mio incontro con Massimo. Sua moglie vive in Strada di Romagna. Quando suono il campanello, ricordo lei. Una mia vecchia fiamma del liceo. Valeria è ancora molto bella, sebbene siano passati più di vent'anni. Mi sorride e invita a entrare. Il salotto è pieno di libri e trofei di tennis vinti da Massimo. Sulla parete tante fotografie di lui, dei suoi viaggi in Russia, dei suoi amici. Beviamo qualcosa seduti sul divano in pelle chiara. Lei sembra un po' imbarazzata. La mia presenza le fa ricordare il passato, le nostre notti d'amore. Valeria racconta le storie delle pressioni dei russi per avere le concessionarie d'auto. Argomenti che conosco. Quello che scopro di nuovo è il fatto che Massimo ama giocare al casinò di Sezana. Ha contratto ingenti debiti. La interrompo, chiedendole da quanti giorni non lo vede. La risposta è : "circa una settimana". Resto stupito e ragiono in fretta. Se l'altro giorno l'ho visto sul molo Audace, significa che deve aver dormito da qualche altra parte. Ma dove e con chi? Si è nascosto ai creditori? Le chiedo, con discrezione, se pensa a una fuga d'amore con qualche donna. Valeria sospira e si versa un altro whisky. Il marito la tradisce spesso con una, conosciuta al casinò. Il mio sguardo cade su alcune fotografie sparse sulla libreria del salotto. Le domando se posso tenermene alcune. Lei risponde di sì. Una, in particolare, colpisce la mia attenzione.
E' Massimo sulla terrazza del suo appartamento, mentre saluta con la mano. Dietro a lui, il profilo del castello di Villa Geringer.
C'è qualcosa di strano, che conosco in quello scatto.
E' tardi. Il sole sta tramontando. Saluto con un bacio Valeria e mi avvio in discesa lungo il colle di Scorcola. Mi sembra di aver fatto un viaggio a vuoto. Mi sto sbagliando. Ancora.
E' sera inoltrata e sono ancora a guardare le foto di Massimo, e poi le altre, le mie, trovate in una vecchia e rugginosa scatola di latta.
Avvicino due fotografie quasi uguali. In entrambe c'è lui su un balcone e, come sfondo, Villa Geringer. Ma le abitazioni, da cui sono state scattate, sono chiaramente differenti. Il profilo del castello è certamente speculare. Una è stata fatta, probabilmente da Valeria, sul terrazzo di casa sua, mentre la seconda è sicuramente dell'altro versante della collina di Scorcola. Per questo motivo, il profilo di Villa Geringer appare alla rovescia.
Trascorro poche ore di sonno. Sono sicuro che quella foto sul balcone sia la traccia giusta per ritrovare Massimo. Con l'autobus salgo il colle che sovrasta Trieste e scendo al capolinea. Andrò in discesa, cercando di intuire, visivamente, da quale casa possa essere stata scattata la foto. Finalmente trovo un angolo, in una laterale, da cui si ha la stessa prospettiva. Mi guardo intorno e riconosco la bicicletta di Massimo agganciata a una ringhiera di ferro. Lui deve essere vicino. Ci sono solo due palazzine lungo quella breve stradina. Tenterò con vari campanelli. Forse avrò fortuna.
"C'è Massimo?"è la domanda di rito. Finalmente una voce di donna mi risponde: "Chi lo vuole?" Rispondo: "Sono Luca Viviani, un suo compagno di liceo."
Attendo. Il portone scatta e salgo le scale. Massimo è sul pianerottolo. Preoccupato e mortificato. Chiede se qualcuno mi ha seguito e mi invita a entrare dentro velocemente. Le mani gli tremano, mentre si versa un whisky. La ragazza che è con lui si chiama Nadja ed è molto bella. Massimo le fa un cenno di lasciarci soli.
La storia è molto meno complicata da come l'avevo immaginata. Dopo esserci lasciati, quella sera sul molo Audace, Massimo aveva un appuntamentto con i suoi "futuri soci russi". Aveva detto "no" alle loro proposte economiche e, come risposta, aveva ricevuto un paio di pugni di "convincimento". Tuttavia, con due mosse di arti marziali, aveva neutralizzato il primo aggressore. Il secondo, invece, aveva un coltello. Nella lotta seguente Massimo, benché ferito da un colpo di lama, era riuscito a disarmarlo e a colpirlo nell'addome. Subito dopo, aveva raggiunto la sua Mercedes e abbandonato il molo. Si era rifugiato dalla sua giovane amante slava. Ma ora, visto che ero giunto fin lì, anche la polizia e la mafia russa potevano aver individuato il suo nascondiglio.
Cerco di tranquillizzarlo, riferendogli la mia conversazione con l'ispettore Staro. Resto qualche attimo a pensare, a studiare una strategia d'azione. Con tutta probabilità, il russo è morto. La mafia dell'Est per un po' non cercherà Massimo. C'è bisogno di una sua denuncia. Solo così la polizia avrà l'identikit dei malavitosi russi. Deve raccontare a Staro della sua aggressione, simulando invece una rapina, poi la colluttazione e la fuga del rapinatore ferito. Massimo sembra convinto. Chiama Nadja. Beviamo altri bicchieri di whisky. Ormai siamo ubriachi.
Sono le tre di notte quando mi sveglio sul divano. Lui dorme con la testa appoggiata sul seno della slava. Scrivo un biglietto che appoggio sul tavolino di fronte al divano. Solo un breve testo: "Non fare sciocchezze Massimo. L'investigatore Luca Viviani Poirot ti scoprirà sempre e ti salverà, se gli chiederai un consiglio da vecchio amico."
E' notte fonda quando cammino a piedi lungo le Rive in direzione dei Campi Elisi. Verso casa. Una Mercedes nera, dai vetri scuri, si affianca. Penso che il finestrino si abbasserà e un uomo, dalla voce profonda e straniera, mi chiederà di Massimo. Invece l'auto scura si allontana velocemente.
Una notte è andata. Un'altra storia si è conclusa nel buio dei silenzi di un molo e una piazza vuoti. Troppo vuoti.[size=7]


Edited by Mara Poirot - 2/4/2012, 20:05
 
Top
0 replies since 1/4/2012, 20:16   64 views
  Share