| Nora guardava il cliente da sotto le ciglia finte tempestate di glitter. Quando le sbatteva, era come se un ventaglio si abbassasse a sfiorarle le guance grasse e rasate di fresco. Adorava sbattere gli occhi porcini pesantemente truccati, ma questa volta non lo faceva per civetteria, ma per pura costernazione. - Ninì che facciamo? - piagnucolò Daisy, grattandosi una chiappa, anche quella rasata di fresco. Lo faceva sempre, quando era nervosa. - Controlla se respira – rispose Nora all'amica, tamponandosi il faccione con i guanti di raso sfilacciato. Grasse macchie di cerone lordarono la stoffa rosa confetto, unendosi all'unto di vecchia data. - Ma secondo te respira? - strillò l'altra, perforandole i timpani. - Taci cretina! Vuoi che accorrano tutti? - Oddio che casino! Ma che ti è preso, si può sapere? Daisy scoppiò a piangere. Nora sospirò rassegnata. Sì, era un casino irrimediabile. Il cliente era morto stecchito, per quanto incredibile fosse. Pensare a una soluzione era tempo perso. Non c'era. Si tolse la parrucca, quella alla Zsa Zsa Gabor che adorava, raccolse la vestaglia di voile sulle ginocchia e sedette sullo stomaco del morto. I suoi chili di troppo ondeggiarono per un attimo, fino a quando l'adipe si assestò. Avrebbe tanto voluto piangere anche lei. Anzi, visto che ormai peggio di così non sarebbe potuta andare, lo fece. Si permise una lacrima. Un grosso gocciolone che le rigò la guancia, facendo colare il fard color fragola sul petto ricoperto di lustrini. Guardò il cliente. Dal cranio sfondato fuoriusciva un liquido scuro e vischioso, che colava sul tappeto logoro. Un corno era spezzato. La bocca spalancata sui denti aguzzi e sporchi esprimeva la rabbia degli ultimi istanti di vita. Satana in persona giaceva riverso sotto di lei, in una squallida camera a ore di un anonimo antro infernale. E chi diamene avrebbe mai potuto pensare che potesse schiattare, santiddio! Eppure, così era. Puzzava già; non il solito olezzo di selvatico, ma qualcosa di più mortifero. Senza dubbio. - Mi ha chiamata travestito di merda, e puttana – disse Nora in un sospiro.- Non ci ho visto più, mi spiace.- L'abbraccio di Daisy non tardò ad arrivare. Nora tirò su col naso. Lei non era quelle cose. Era una regina, era la ricerca esasperata della bellezza. Esagerata, colorata, gioiosa. Era la farfalla che la vita non le aveva concesso di essere, e che portava tatuata sulla schiena, dalla nuca all'osso sacro. Intinse un dito nel sangue e si pitturò le palpebre cascanti. Nessuno poteva chiamarla puttana, nemmeno Satana. Lei era poesia.
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