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La tredicesima carta, di Luca Romanello - 3207 caratteri

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kendalen
view post Posted on 26/6/2012, 21:26




La tredicesima carta
di Luca Romanello


Il pacchetto di alluminio era sul comodino, in uno spazio ripulito con cura dal sangue. Il letto, le pareti e il pavimento in compenso erano un impressionante rosone vermiglio intorno al cadavere fissato alla testiera come un insetto.
Graham Mian, ispettore veneto con sangue scozzese, non aveva mai amato Torino, ma da quando gli era stato assegnato quel caso la odiava ancora di più. Era però necessario che se ne occupasse lui: non si fidava dei colleghi del luogo. Si coprì la bocca, masticando una bestemmia.
― Ispettore, tutto bene? ― chiese l'agente Luca Lombardi, un giovane ottuso. Quella sera aveva la divisa in disordine e l'ispettore lo aveva già ripreso: d'accordo che a quell'ora di notte essere tirati giù dal letto non era una cosa piacevole, ma non era una buona scusa per essere sciatti.
― Ti pare che vada tutto bene?
― No, signore.
― Allora evita di fare domande idiote.
Si avvicinò al comodino, prestando attenzione a non calpestare le macchie di sangue, quindi prelevò il piccolo involucro con delicatezza, quasi con deferenza. Lombardi lo seguì, con un sacchetto di plastica trasparente aperto, e, quando Mian si voltò, gli finì addosso.
― Fai attenzione!
L'agente rimase a fissarlo come un babbeo per un istante, senza dire nulla. Poi bofonchiò qualcosa.
L'ispettore rigirò tra le dita guantate di lattice il pacchetto, quindi lo aprì con cautela.
― Non è meglio aspettare il RIS? ― chiese Lombardi.
― Carabinieri... Ma stai scherzando? Per scoprire che qui dentro c'è un re di picche non abbiamo bisogno di loro.
― Il... re? ― L'agente aggrottò le sopracciglia, poi una luce si fece strada nei suoi occhi. ― Oh, certo, l'ultima era una donna!
― Bravo, hai studiato.
― Grazie, sign...
― Tu l'ironia non sai dove stia di casa, vero? ― lo apostrofò. ― Ci va bene che ha quasi finito.
― Quasi fin... Ma come fa a dirlo? In un mazzo di carte francesi ce ne sono cinquantadue e questa è appena la dodicesima.
― Sì, ma il nostro uomo è fissato col numero tredici. Tredici carte di un solo seme. Tredici come il numero atomico dell'alluminio. Tredici come il giorno in cui uccide.
― Quindi sta dicendo che manca solo l'asso di picche e poi avrà finito?
― Sto dicendo che manca solo questo. ― Tirò fuori dalla manica un coltello e lo piantò nel collo di Lombardi senza che questi riuscisse a reagire. Il sacchetto di plastica trasparente cadde a terra, come una foglia morta.
Gli occhi dell'agente lo fissarono increduli. Poi si spensero. Le ginocchia cedettero. Mian lasciò che il corpo di Lombardi gli finisse addosso e lo macchiasse di sangue. Con un movimento da baro consumato, estrasse un asso di picche dalla medesima manica e lo infilò in una tasca della divisa dell'agente. Quindi simulò una colluttazione con movimenti che ricordavano una grottesca bachata.
Alla fine fece cadere sulla schiena il corpo del sottoposto e si mise su di lui, posizionandogli una delle mani sull'impugnatura del coltello. Era tutto pronto: Lombardi lo aveva attaccato e solo dopo una strenua lotta aveva avuto la meglio lui, finendo per ucciderlo. Udì le sirene delle volanti. La risoluzione di quel caso gli sarebbe servita per rafforzare la sua richiesta di trasferimento.
Chiuse gli occhi e attese i colleghi, sorridendo.
 
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Olorin
view post Posted on 28/6/2012, 17:34




Un modo ‘sicuro’ il tuo, di disinnescare il tema proposto: trasformarlo nel fil rouge di un killer seriale.
Buono l’utilizzo dei cliché di genere – sicuramente necessario in un brano così breve - per richiamare tutta una serie di immagini immediatamente fruibili nella testa del lettore. Trovo però che purtroppo questa ‘prevedibilità’ così utile nella contestualizzazione del racconto e nella caratterizzazione dei personaggi, rimanga appiccicata anche alla trama, tanto che fin dall’intervento di Lombardi ho cominciato a chiedermi quale tra loro due fosse il killer. Avevo optato per il classico finto tonto che poi si rivela essere il genio malvagio, e qui devo dire di aver apprezzato il tuo dribbling dell’ultimo metro... :P
 
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kendalen
view post Posted on 3/7/2012, 12:10




CITAZIONE (Olorin @ 28/6/2012, 18:34) 
Un modo ‘sicuro’ il tuo, di disinnescare il tema proposto: trasformarlo nel fil rouge di un killer seriale.
Buono l’utilizzo dei cliché di genere – sicuramente necessario in un brano così breve - per richiamare tutta una serie di immagini immediatamente fruibili nella testa del lettore. Trovo però che purtroppo questa ‘prevedibilità’ così utile nella contestualizzazione del racconto e nella caratterizzazione dei personaggi, rimanga appiccicata anche alla trama, tanto che fin dall’intervento di Lombardi ho cominciato a chiedermi quale tra loro due fosse il killer. Avevo optato per il classico finto tonto che poi si rivela essere il genio malvagio, e qui devo dire di aver apprezzato il tuo dribbling dell’ultimo metro... :P

Ti ringrazio per il giudizio (e per la classifica :) ). Sono cosciente di aver scritto un pezzo prevedibile e poco originale: purtroppo ultimamente (leggi: nell'ultimo anno) le idee latitano paurosamente, dalle mie parti, quindi mi rifugio in trame come dici giustamente te "sicure". Però sono felice che almeno il "dribbling" finale sia stato apprezzato.
Ovviamente lo stesso discorso vale anche per il commento di RobertoBommarito (che ringrazio per il complimento sullo stile: sai com'è, quando manca l'idea, si cerca di puntare su altro...), per quello di Paola B.R. (la velocità è una delle poche cose positive che riesco a buttare dentro alle mie cose :P) e per quello di Longo Simonetta.

@lauralafenice (e, in parte, anche LeggEri): ecco, qui l'analisi del contenuto mi offre interessanti spunti di riflessione. Per prima, hai scoperchiato il "vaso di Pandora" della verosimiglianza del mio racconto. Però ho l'impressione di non essere stato capito - e la cosa, ripetuta anche per altri commenti, non fa che confermare che la responsabilità è mia. Ma torniamo al tuo commento:
"mi pare inverosimile che sulla scena del crimine si ritrovino solo in due" - vero, la mia idea era che fosse proprio l'ispettore Mian ad aver chiamato Lombardi, in piena notte. In teoria (o meglio, nella mia testa) la chiamata di un superiore dovrebbe essere sufficiente per far scattare un sottoposto - specie un po' tontarello - senza fare troppe domande.
"A dire la verità in un primo momento ho anche pensato che l'ispettore fosse l'assassino di tutti gli omicidi ma poi ho elaborato che lui vuole solo arrivare a 13 e chiudere la questione. Non so quale sia l'ipotesi giusta ma in ogni caso entrambe lasciano dei punti in sospeso che fanno vacillare la costruzione del racconto. Nel primo caso è inverosimile visto che si parla di un caso che gli è stato affidato e per cui è stato spostato in una città che non sopporta." - la mia idea era proprio questa: l'ispettore è il serial killer. In realtà, Mian non è stato destinato a Torino per risolvere quel caso, ma gli è stato affidato DOPO. In pratica, ha costruito tutto il caso del serial killer e ha fatto in modo che gli venisse affidato proprio per poter essere di nuovo trasferito ad altra sede, in virtù del merito acquisito (motivo per il quale "Era però necessario che se ne occupasse lui: non si fidava dei colleghi del luogo" e odiava ancora di più Torino perché per andarsene da lì si era autocostretto a diventare un omicida). Troppo macchinoso, eh?
"Poi fai un riferimento all'alluminio che pare decontestualizzato rispetto al resto." - ecco, questa osservazione invece non l'ho capita: a quale riferimento alludi? Quello del numero atomico? Lo tira fuori perché le carte sono impacchettate nell'alluminio.
Ok, è tutto un po' confusionario, mi rendo conto. È uno dei miei problemi, avere le cose in testa e non riuscire a esplicitarle nei racconti. Per poi magari soffermarmi troppo su particolari di poco conto. Con il fattore tempo che gioca contro, poi, per quanto io sia veloce anche a rileggere, la cosa è ancora più evidente...

@GDN76: ehehe, mi hai parzialmente beccato sul nome del protagonista (e sulla città, è ovvio). Ma, in realtà, non dipende dalla mia passione per la Scozia. Lo ammetto, quando ho letto TREDICI non avevo idee e ho fatto una ricerca su Internet. Su Wikipedia, alla voce 13 (numero), ho trovato questo:
CITAZIONE
È il quinto termine della successione di Mian–Chowla.
...
È il maggiore limite inferiore conosciuto che risolve il Problema di Graham.

Considerando che Mian (Marco) è stato anche un giocatore dell'Auxilium Torino quando era ancora in serie A2... Vabbeh, metodo becero becero per trovare un nome, eh? :D

@Paolo_DP77: metti il dito sulla piaga della credibilità e della verosimiglianza di un simile piano per farsi trasferire. Vero, poco credibile. Però stiamo parlando di un uomo capace di uccidere 13 persone a sangue freddo. Quindi qualche problemino ce l'ha, con la testa. Avrebbe potuto trovare un piano migliore? Sicuramente. Gli avrebbe consentito di sfogare il suo odio per la città nello stesso modo? Probabilmente no. È una piega forzata degli eventi? Ehm... gosh... sigh... :)
Mi trovo invece sinceramente in difficoltà nel momento in cui scrivi "e quella frase sembra voler infilare a forza il 13 nella storia": posso essere d'accordo con il fatto che puzzi di infodump (e, lo ammetto, il sottoposto babbeo serviva anche a far dire questa battuta a Mian), ma che abbia voluto infilare a forza il 13 nella storia non mi pare proprio. Semmai, quella frase ribadisce il concetto, ma il 13 è già presente. O sbaglio io?

@giudappeso: lieto di averti dissetato come l'acqua. :) Sono perplesso dal fatto che dici che la storia si consuma troppo rapidamente: in un racconto di questa taglia penso che sia relativamente normale, se non si vuole fare una cosa molto più limitata. Descrivo una sequenza sola, il culmine di una serie di omicidi, facendo leva, come molti hanno fatto notare, sui cliché del genere. O forse ti riferisci solo al finale, a come Mian fa fuori Lombardi?

@andrea varano: grazie per il primo posto in classifica, sinceramente non pensavo che qualcuno mi ci mettesse (io, per dire, non mi ci metterei proprio :) ). Sul "giovane ottuso", la mia scelta è stata quella di inserirlo a quel modo perché ho cercato di adottare il punto di vista di Mian, quindi di entrare nei suoi pensieri: anche se non specifico che sta pensando una certa cosa, tutto dovrebbe essere filtrato da lui, così come "giovane ottuso". Dici che non funziona?
Capisco la perplessità sulla bachata, invece, anche se i balli latino-americani sono sufficientemente diffusi da non rendere la cosa così strana (secondo me). La scelta di usare un ballo, come metafora, è stata dettato dal desiderio di usare qualcosa che facesse apparire il movimento in qualche modo grottesco.



Edited by kendalen - 3/7/2012, 13:44
 
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Paolo_DP77
view post Posted on 3/7/2012, 13:06




CITAZIONE
Mi trovo invece sinceramente in difficoltà nel momento in cui scrivi "e quella frase sembra voler infilare a forza il 13 nella storia": posso essere d'accordo con il fatto che puzzi di infodump (e, lo ammetto, il sottoposto babbeo serviva anche a far dire questa battuta a Mian), ma che abbia voluto infilare a forza il 13 nella storia non mi pare proprio. Semmai, quella frase ribadisce il concetto, ma il 13 è già presente. O sbaglio io?

Sì, pensandoci meglio hai ragione, il 13 è sicuramente già nella storia. Voglio solo dire che sembra un frase un un po' appiccicata al resto, e proprio in quella frase si ribadisce il per tre volte il numero 13. Dà l'impressione che si voglia insistere sul tema ma era meglio trovare un modo più organico, meno forzato, per far entrare questi elementi. E' solo una questione di forma, non di contenuto.
 
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kendalen
view post Posted on 3/7/2012, 13:22




CITAZIONE (Paolo_DP77 @ 3/7/2012, 14:06) 
CITAZIONE
Mi trovo invece sinceramente in difficoltà nel momento in cui scrivi "e quella frase sembra voler infilare a forza il 13 nella storia": posso essere d'accordo con il fatto che puzzi di infodump (e, lo ammetto, il sottoposto babbeo serviva anche a far dire questa battuta a Mian), ma che abbia voluto infilare a forza il 13 nella storia non mi pare proprio. Semmai, quella frase ribadisce il concetto, ma il 13 è già presente. O sbaglio io?

Sì, pensandoci meglio hai ragione, il 13 è sicuramente già nella storia. Voglio solo dire che sembra un frase un un po' appiccicata al resto, e proprio in quella frase si ribadisce il per tre volte il numero 13. Dà l'impressione che si voglia insistere sul tema ma era meglio trovare un modo più organico, meno forzato, per far entrare questi elementi. E' solo una questione di forma, non di contenuto.

Allora siamo d'accordo, mi sa. Infodump. Sigh. :)
 
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Andrea Varano
view post Posted on 3/7/2012, 13:36




QUOTE (kendalen @ 3/7/2012, 13:10) 
@andrea varano: grazie per il primo posto in classifica, sinceramente non pensavo che qualcuno mi ci mettesse (io, per dire, non mi ci metterei proprio :) ). Sul "giovane ottuso", la mia scelta è stata quella di inserirlo a quel modo perché ho cercato di adottare il punto di vista di Mian, quindi di entrare nei suoi pensieri: anche se non specifico che sta pensando una certa cosa, tutto dovrebbe essere filtrato da lui, così come "giovane ottuso". Dici che non funziona?

No, non mi sono spiegato. Il giudizio in sé ci sta eccome. Il mio appunto era solo sulla forma. Mi sembra che "(virgola) un giovane ottuso" sia una specie di post-it appiccicato lì. Io (ma io, perché di sofisticherie personali sto parlando) avrei scritto:

― Ispettore, tutto bene? ― chiese l'agente Luca Lombardi, il giovane più ottuso che Mian avesse incontrato in polizia.

QUOTE (kendalen @ 3/7/2012, 13:10) 
Capisco la perplessità sulla bachata, invece, anche se i balli latino-americani sono sufficientemente diffusi da non rendere la cosa così strana (secondo me). La scelta di usare un ballo, come metafora, è stata dettato dal desiderio di usare qualcosa che facesse apparire il movimento in qualche modo grottesco.

Capisco e non c'è nulla di sbagliato. Mentalmente ho ricostruito l'associazione ballo - grottesco e il risultato a cui puntavi mi è stato chiaro. Però non avevo una immagine di repertorio da mettermi davanti agli occhi e quindi la tua figura ha perso di immediatezza. Diciamo che l'ho capita ma non l'ho provata, non l'ho vista.
 
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