Nero Cafè Forum

Il convento maledetto

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critib
view post Posted on 16/8/2012, 15:56




La cittadina, era fitta di nebbia al mattino presto, soprattutto nelle campagne, dove viveva la nobiltà negli splendidi e lussuosi palazzi.
Il papà di Diletta aveva uno studio da notaio in centro, poco distante da loro, dove si recava puntuale ogni mattina alle 8.30, dopo aver accompagnato lei a scuola. L’ultimo anno di liceo. Diletta era entusiasta. Quella sera a cena,avrebbe chiesto a suo padre di iscriverla all’università, alla facoltà di medicina. Aveva grandi progetti. L’infanzia era il ramo che prediligeva. Avrebbe studiato molto, fatto tirocinio, magari all’estero negli orfanotrofi, in Africa negli ospedali, sentiva dentro di se il bisogno di aiutare tutte quelle anime innocenti. Lo zio era un sacerdote, e spesso l’aveva portata in missione con lui, anche contro la volontà di suo padre, ma la madre, l’aveva sempre spinta verso la corrente dell’altruismo.
Suo padre era una persona severa e silenziosa, mentre sua madre, aperta e solare, per lei era anche un’amica.
“Papà, vorrei parlarvi di una cosa.” “Anche io Diletta cara. Iniziate voi, che poi finisco io.”
L’inizio non era niente di buono. Quando usava quella frase intendeva dire: ‘ Voi provate a proporre; io sarò il giudice e deciderò per voi.’
“Bé io, … vorrei …” prese abbastanza aria nei polmoni, e tutto d’un fiato disse: “Io intendo proseguire gli studi. Precisamente gli studi in medicina, seguire qualsiasi tirocinio, anche quelli all’estero.”
Martino, la guardò negli occhi, e poi guardò sua moglie Amalia. “Se non ti avessi promesso in sposa, sarei stato orgoglioso della tua scelta.”
A Diletta mancò l’aria e guardò sua madre. Si alzò, e per la prima volta mancò di rispetto ai suoi genitori. “Non mi importa ciò che tua hai deciso caro padre, io non sposerò nessuno. Diventerò un medico. Questo è quanto.”
Stava per lasciare la stanza, ma suo padre si alzò, e Diletta sentì gelarsi il sangue. Arrivò alle sue spalle con un soffio, la prese per un braccio e la voltò. “Bene, siete un adulta e come tale vi tratterò. Tu e tua madre vivete in un mondo dorato, è ora che vediate la visione reale delle cose. E’ alle porte una guerra mondiale che coinvolgerà forse il mondo intero." Martino prese il giornale, lo sbattè sul tavolo, e indicò il titolo il grassetto: 'LItalia dichiare guerra all'Austria-Ungheria '.E' sufficente o vuoi che aggiunga altro?" Sul viso di Martino tornò una calma apparente. "Basta così, i dadi sono stati tratti." Prese il giornale e si diresse sulla poltrona in salotto.
Diletta rimase a guardare fissa il tavolo.
Amalia si alzò, gli carezzò le braccia. Diletta alzò lo sguardo. La guardò per qualche istante negli occhi senza dire nulla; non gli importava più chiedergli perché non l’avesse avvisata, ne più gli in interessava in quel momento sapere perché avesse sposato ‘quel’uomo’. D’istinto poggiò la mano su quella di sua madre e la tolse. Una guerra. Una guerra di dimensioni mondiali. Nessun posto sarebbe stato sicuro per nessuno.
Dalla sua finestra osservò lo spicchio di luna. Pesante e rossastra, non sembrava sospesa, bensì caduta, lì per caso sopra la montagna. Nei suoi sogni, solo macerie e corpi in decomposizione.
Il giorno seguente, finite le lezioni invece di tornare a casa, decise di andar a far visita a suo zio. Lui di certo, l’avrebbe aiutata in quell’assurda situazione.
Con passo svelto, raggiunse presto il convento. Silenzioso tra i rumori della città, fatto di giardini in fiore, alternati da ortaggi. Molti monaci erano indaffarati nei loro doveri, immersi ognuno nel proprio compito. Sembravano compiaciuti mentre seminavano, innaffiavano,curavano fiori e ortaggi. Lei era sempre la benvenuta. Salutò con cenno della mano tutti, suonò il campanello del portone che portava agli uffici e alloggi. Suo zio si affacciò, e quando vide che era lei, un sorriso illuminò il suo volto. “Mia cara! Salite.” Diletta corse su per le scale, e lo zio la accolse in un abbraccio. “Sé non venivate, sarei passato io. Non credete che due settimane siano troppe senza ne chiamare ne venire?” L’ammonì. “Avete ragione. Perdonatemi zio.”
Diletta si voltò e andò verso l’enorme libreria. Si soffermò sul reparto dei libri di medicina. Li sfiorò con un dito. Landolfo percepì la preoccupazione della sua adorata nipote. “Zio, è vero che è alle porte un guerra? Si sussurra, che raggiungerà dimensioni mondiali.” “E’ questo che vi preoccupa cara Diletta?” “In parte.” “Cos’altro?” “Mio padre vuole darmi in sposa.” Landolfo rimase in silenzio, anche se la notizia lo aveva visibilmente turbato. Si avvicinò alla nipote che era ancora intenta a leggere i titoli dei libri della libreria, e gli poggiò una mano sulla spalla. “Hai accettato?” Diletta si voltò, lo guardò negli occhi, e con un alito di voce disse: “Mi faccio suora piuttosto che sposare un uomo che non amo e che addirittura neanche conosco. Ho rifiutato.Mi disconosce come figlia se non faccio quello che dice.” Landolfo andò a sedersi nella sedia della scrivania.
“Zio, a me non importa se non avrò più il suo cognome, se tu e la mamma me lo permetterete;” fece una pausa “se me le concederete, prenderò il vostro cognome.” “Mi lusinga ciò che mi chiedi. Ma vedi mia cara, lui è pur sempre tuo padre. Ti ha cresciuto, ti ha mantenuto, non vi ha fatto mai mancare niente. Sarebbe un affronto, un dolore, credo troppo grande da sopportare anche per lui.” “Zio! Forse avete ragione, cosa mai dovrei fare io? Mi ha messo alle strette, non mi lascia scegliere.” “Proverò a parlarci io. Cercherò di farlo ragionare.” “Sai che è una fatica inutile. Sai che quando prende una decisione è irremovibile. Io ho già scelto il mio destino, non lascerò che lui decida per me, è troppo quello che mi chiede. Il mio più grande desiderio è aiutare gli altri. Ed è quel che farò, con o senza la sua benedizione, con o senza il suo cognome.” “Approvo i tuoi progetti; li ho sempre approvati. Sono cambiate però un po’ di cose. È vero, una grande guerra è alle porte e nessuno può fermarla. Possiamo solo pregare e sperare.” “Quindi avete cambiato opinione. Siete passato dalla sua parte ?” “Non è questo quello che ho detto. Penso invece che dovremmo trovare una soluzione che vada bene per tutti.” “E sai qual’ è? Perché se c’è una soluzione che non farà soffrire nessuno, sarò la prima a metterla in atto, ma ne dubito.” “Il tuo cuore giovane e ribelle, annebbia la vista al tuo cervello mia cara. La famiglia è una cosa preziosa, i genitori vanno amati e rispettati; considerando il fatto che sono degli esseri umani e in quanto tali possono sbagliare. Un solo Dio non ha difetti.”
Landolfo prese e il telefono e compose il numero di sua sorella. “Amalia mia cara, sono Landolfo.” “Volevo avvisarvi che c’è stato un cambio di programma. Questa sera invece di cenare qui, io e Diletta ceneremo insieme a voi.”
“Avanti zio, qual è questa grande idea che ti ha illuminato?” “Ti farai suora.” Diletta rimase sconcertata. Arrabbiata, come un fiume in piena iniziò a parlare.“Sei forse impazzito zio? Tutto questo è assurdo. Mio padre che mi vuole dare in sposa ad una sconosciuto, e tu a Dio. Per quanto possa avere fede, e per quanto possa credere in Lui, non ho nessuna vocazione. Se è questo quello che vuoi proporre stasera, farai bene a rinunciare.” Le intenzioni di Landolfo, erano ben diverse. Proporre la sua verità. Non la verità assoluta. “Nipote cara, il vostro impeto mi sconforta. Non mi avete fatto finire di parlare. Seguirai tutto l’iter, vivrai come tale, ma non prenderai i voti. Studierai medicina, farai tirocinio, e quando arriverà il momento, sarai tu a decidere se tornare ‘libera’, o essere la sposa a Dio. Nel frattempo il tempo passerà, questa guerra se inizierà così finirà, e darti in sposa ad uno sconosciuto, per tuo padre a quel punto sarà soltanto un ricordo lontano. Tutto questo, eviterà tragedie e provvedimenti drastici.” Diletta tentennò, poi rispose:“Bé se la metti su questo piano, allora zio scusatemi. Credete che funzionerà? Ci crederanno?” “A questa domanda non ho risposta. Quanto prima lo sapremo.”
La cena fu lenta e silenziosa. Martino prese voce.“Sai che sono molto diretto. E dico apertamente quello che penso. Pregio o difetto questo lo lascio decidere agli altri. Siete qui per perorare la causa di mia figlia? Perché se così è, non vi faccio perdere tempo. La mia decisione è stata presa, e se soltanto ragionasse, e conoscesse l’uomo in questione, sono certo che cambierebbe idea. È una brava persona, soprattutto potente.” “Scusate se mi permetto, e forse si, va bene così, meglio centrare subito il problema e affrontarlo. Io più di voi sono diretto. Vostra figlia si vuole fare suora.”
“Sono … sconcertato." Dopo un lungo silenzio Martino riprese a parlare: "Mi dispiace, ma Diletta sposerà Sebastiano. Magari in un altra vita chissà ... potrà farsi suora, o medico, o qualsiasi cosa lei voglia."
Poi si rivolse a Landolfo: “Caro cognato, le nozze, le celebrerete voi."
Amalia e Landolfo si guardarono. I piani, non stavano andando come previsto.
La mattina successiva Diletta si svegliò stanca. Il sogno tormentato che aveva fatto, gli aveva lasciato dei postumi come quelli che ti lasciano una serata a base di alcool. Lei persa nella nebbia fitta, cercava la direzione giusta da prendere. Sotto i suoi piedi cadaveri insanguinati, polvere ovunque, odore di morte. Un silenzio agghiacciante urlava dentro le sue orecchie. Un cimitero in decadenza, dove suore inginocchiate in bilico su tombe di marmo devastate, e i loro occhi rivolti al cielo, piangevano lacrime di sangue. Le loro labbra si muovevano, anche se dalla loro bocca non usciva voce. Cercò di decifrare il labiale, e con uno sforzo enorme ci riuscì. Pregavano in una lingua a lei sconosciuta. L’unica parola che riusciva a capire era Ave Maria.
La decisione di suo padre era irremovibile.
Qualche sera più tardi Martino invitò a cena Sebastiano. Medico affermato, affascinante, sulla quarantina, dai modi gentili e affabili. Diletta ne rimase sorpresa. Un medico. Perché non gliel’aveva detto suo padre? Lo aveva immaginato vecchio e ciccione … comunque, affascinante o no, lei non aveva tempo per sposarsi. Doveva combattere una guerra, e l'avrebbe combattuta a modo suo.
Il caffè fù servito dalla cameriera in salotto. Sebastiano e Martino conversavano con una complicità assoluta. Amalia ascoltava, e accennava finti sorrisi di approvazione. Diletta scoppiò in lacrime. Sebastiano, sorpreso, prese dalle tasche il suo fazzoletto di stoffa, e lo porse a Diletta. Lei lo portò agli occhi per asciugare le lacrime. Colse il piacevole odore di pulito in quel pezzo di cotone bianchissimo. Martino si irrigidì.
"Cosa succede mia cara?" Le lacrime scendevano copiose. A singhiozzi, raccontò la sua verità a Sebastiano, nell'ultimo tentativo di fermare quanto 'il padre, padrone' aveva deciso.
Adirato nei confronti di Martino, Sebastiano, si inginocchiò, e prese tra le mano, le mano delicate e sottili di Diletta.
"Io non vi costringerò a sposarmi se non lo volete. Sentire la vocazione per Dio, è una cosa profonda, e va rispettata. Tuo padre, mi aveva informato diversamente. Sapevo che volevi fare il medico." Sebastiano amareggiato sospirò, e rivolgendosi a Martino, con fare urtato, gli comunicò che le nozze sarebbero saltate.
L'ira aveva riempito il corpo di Martino, e Diletta, spaventata, l'aveva ben notato.
Quando si salutarono, Sebastiano baciò la mano a Diletta e gli sussurrò all’orecchio: “Peccato, sono sicuro che saremmo stati felici insieme.”
Si congedò. Da quella sera, per parecchio tempo non lo rivide più. Ma lui si era infiltrato nei suoi pensieri.
Martino mollò un ceffone a Diletta, e gli ordinò di ritarsi nella sua stanza. Telefonò a suo cognato e gli disse di organizzare la partenza di sua figlia per il convento la mattina seguente.
Diletta aveva origliato tutto. Dispiaciuta, ora, non era poi così convinta che andare in convento fosse poi così una così grande idea.
Quando arrivò al convento, rimase delusa. Vecchio e buio. Lontano, sperduto in una montagna. Sembrava un posto dimenticato da Dio, e non benedetto da Lui. Comunque, doveva ricordarsi che era tutta una messa in scena. Chissà, se avesse sposato Sebastiano, magari l’avrebbe aiutata a studiare medicina, e magari avrebbero potuto aprire uno studio insieme …
La sua stanzetta era piccola, e spoglia. Un letto, un comodino con una candela, un rosario, e la foto della Vergine Maria. La minuscola finestra era dotata di sbarre. Le notti, lì, sembravano interminabili.
Studiava e pregava.
Nel frattempo, la guerra, infima e sottile era arrivata.
Di fronte al loro convento, un convento di frati. L’unica cosa che a Diletta piaceva di quel posto era la biblioteca, che era in comune con questi frati. Tutto, in tutti luoghi di quel posto era avvolto da un assordante silenzio. Anche lo bombe che sentivano sganciare dagli aerei sembravano lontani anni luce. Si teneva spesso in contatto con i genitori e lo zio, per essere sicura che tutto era a posto.
Le notti erano ormai insopportabili, proprio non riusciva a dormire. Sentiva continui, e strani lamenti. Una notte si alzò, si affacciò dalla piccola finestra e vide una suora che veniva sorretta da altre due. Piangeva. La riconobbe. Era suor Lisa. La suora simpatica e cicciottella che cucinava per tutte loro. Si preoccupò. Corse verso la porta, ma non riuscì ad aprirla.
Non si era mai accorta che qualcuno, la sera la chiudesse a chiave, semplicemente perché fino a quella sera non aveva mai provato ad uscire. Non gli rimase che rimettersi a letto, comunque l’indomani avrebbe chiarito il malinteso. Nessuno, poteva rinchiuderla.
Il giorno seguente, tutte le suore erano in chiesa a pregare, cosa abbastanza normale, come era normale che di tanto in tanto i frati si univano a loro in preghiera.
Quando entrò in chiesa, rimase di stucco. Era una messa funebre. Suor Lisa era morta. Finito il rito, mentre tutti gli altri accompagnarono il feretro al piccolo cimitero sul retro, lei rimase in chiesa.
Sola.
Non era mai andata oltre alle solite stanze, anche se quel posto era immenso. La chiesa doveva ammettere che era bella. Risaliva al 1200. Affreschi, mosaici, statue erano perfetti. Pregò che la guerra non distruggesse tutte le chiese e i favolosi monumenti che si trovavano a Roma e in giro per il mondo, pregò per l’intera umanità. Chiese a Dio di proteggere i suoi familiari. Toccò il piede della statua della pietà e pregò ancora. Mentre pregava, sentì un pianto soffocato. Si avvicinò al lato destro della parete. Iniziò a toccare i vari bassorilievi.
“Diletta, mia cara, avete perso qualcosa?” Diletta sussultò.
“Suor Isabel, mi avete spaventato. Non ho perso nulla, pregavo per suor Lisa. E’ stata una morte improvvisa, non trovate?”
“No. suor Lisa stava male, aveva un tumore.”
“Ah. Non lo sapevo. Sembrava scoppiare di salute. Volevo chiedervi, Suor Isabel, come mai la sera vengo chiusa a chiave nella mia stanza. Non me ne ero mai accorta.”
“E’ la prassi per le novizie mia cara. Stasera, digiuneremo. Un fioretto per suor Lisa. Potete ritirarvi.”
Tutto sembrò estremamente strano a Diletta. Si ritirò nella sua stanza, con lo stomaco che brontolava, e il sonno che proprio non voleva arrivare. Di nuovo pianti e lamenti. Qualcuno quella sera, dimenticò di chiudere a chiave la sua porta. Uscì. Due suore piangevano. Nel buio non l’avevano vista. Le seguì. Entrarono in chiesa. Toccarono la stessa parete che quel pomeriggio aveva toccato lei. Memorizzò il punto che avevano toccato. Un piccolo angelo in alto. Si aprì un varco dietro la pietà, che si richiuse immediatamente alle loro spalle.
Attese qualche minuto. Fece lo stesso. Dinanzi a lei una scalinata buia, illuminata da fioche fiaccole. Prese a scendere. Finite le scale, un cunicolo stretto.
I lamenti si facevano più forti. Una porta socchiusa. Sbirciò.
Una messa nera. Frati e suore incappucciati. Sangue. Una suora al centro stava partorendo. Una donna tagliò il cordone ombelicare, e passò il neonato ad un frate. Il frate lo uccise. Scioccata corse su per le scale. Arrivata a metà si fermò, e come un automa tornò indietro.
Dalla fessura, cercò di guardare i volti, purtroppo però i cappucci ne facevano scorgere solo i tratti. La donna che aveva passato il neonato al frate, con le mano ancora insaguinate, si diresse verso la porta. Diletta prese a tremare. L'aveva forse vista? Sbirciò di nuovo. Innoridita, riconobbe il volto della donna. Sua madre. Con il poco coraggio che le era rimasto prese a correre. Sentì un tonfo alle spalle. Lei aveva chiuso la porta.
Tornò nella sua stanza.
Non riusciva a capire cosa l'avesse più sconvolta.
L’indomani, cercò di apparire il meno turbata possibile. Forse, si era confusa. Quella donna non poteva essere sua madre. Le idee, caotiche e aggrovigliate, non seguivano un filo logico. Ripensò a Suor Lisa. No, non era morta di tumore,ma di parto, o peggio ancora, l'avevano uccisa come il suo neonato. Con questi maldestri pensieri, si diresse dalla Superiora, Suor Isabel.
La suora si trovava nei suoi studi.
“Suor Isabel, vorrei chiamare mio zio, per sentire se è tutto a posto.”
“L' ho sentito pocanzi. E’ tutto ok mia cara. Ti saluta. Non è facile prendere la linea. Richiameremo poi.” Suor Isabel, sospettava che Diletta avesse intuito qualcosa, ma mai che avesse visto.
Turbata, Diletta si diresse in chiesa. Si inginocchiò di nuovo dinanzi alla pietà. Pregò. La chiesa era vuota. Ogni suora, a quell’ora aveva una mansione da svolgere. Toccò di nuovo l’angelo. Il varco si aprì. Scese. Gli mancò l’aria per qualche istante. Arrivò alla porta degli orrori. Entrò. Odore di sangue. Un altare. Candele ovunque. Salì sull’altare. Si accasciò come se gli avessero dato un pugno allo stomaco. Gli girava la testa. Visione di messe nere, visioni di suore che si univano con i frati, visioni di suore partorienti, di bambini che nascevano, di frati che li uccidevano appena nati con un chiodo in testa. Ogni donna, ogni suora, aveva il volto di sua madre.
Pianse. Provò dolore un dolore così forte, così insopportabile. Scempio nella casa di Dio. Scheletri incappucciati contro soldati, mentre la luna rossastra esplodeva sul monte facendo scorrere fiumi di sangue. “Dio dove sei? Perché fai accadere tutto questo?”Si aggrappò al letto di cemento al centro dall’altare. Si rialzò a fatica. Toccò il Cristo sopra di esso. Un muro, si socchiuse. Un altro accesso segreto, da cui uscì un feto indescrivibile. Aveva il terrore di vedere cosa ci fosse oltre. Si fece forza. Orrore. Tre enormi scaloni, al centro della stanza, incavato, un ossario aperto, pieno di piccoli corpicini. Ora, il dolore era troppo grande da sopportare.
Entrò dentro. Li prese uno ad uno. Piccoli corpi in decomposizioni. LI accarezzò. Li cullò. Cantò loro la ninna nanna. Pregò. Sfinita, si addormentò.
Nero pece. Le fiaccole consumate, spente.
Si sentì scuotere. Lontana anni luce, lentamente riuscì ad aprire gli occhi. “Sogno, o siete voi Sebastiano?” “Non sognate. Un mio amico, mi ha raccontato di questo posto. Non sono riuscito a rintracciare tuo zio. Andiamo mia adorata, vi porto via di qui.
Una fiat 50 hp li attendeva oltre il cancello, nascosta tra gli alberi. L'aria pulita le invase i polmoni.
Giunti a Roma centro, Diletta chiese all'autista di rallentare.
Ancora sconvolta da ciò che aveva vissuto, ammortizzò anche quel colpo. Polvere e macerie ovunque. Osservò. Il colosseo era ancora lì, intatto. Così pure il vaticano. I resti dei fori imperiali, erano ancora in piedi.
Lentamente, arrivarono dallo zio. Scese solo l'autista per avvisarlo del loro arrivo.
Lo zio salì nella 50 hp. Dopo i convenevoli abbracci, Diletta tra le lacrime, gli raccontò tutto.
Decisero di tornare indietro. Landolfo, voleva costatare cosa accadeva in quel posto, che lui reputava sicuro.
Giunti al convento, Suor Isabel li accolse.
Scesero nei sotteranei. L'odore di sangue era ancora fresco.
Nell'altare, seduta di lato una donna incappucciata.
Diletta indietreggiò. Si voltò verso lo zio. Anche lui aveva indossato il cappuccio. Cercò tra i presenti Sebastiano, ma era come sparito. Cercò di fermare la memoria. Cosa gli era sfuggiuto? Il panico cresceva dentro di lei.
Amalia si avvicinò verso sua figlia.
Diletta le urlò di starle lontano, e con vece tremolante chiese di Sebastiano.
Il volto di sua madre, aveva assunto una strana luce perversa, una luce folle.
"Figlia mia, avete altro a cui pensare in questo momento, non preoccupatevi per Sebastiano."
"Mi preoccupo per lui, e per voi. Quando racconterò a papà tutto questo ....."
Amalia scoppiò in una fragorosa risata. "Cosa ti fà credere che glielo racconterai? ... e poi ... " continuò la sua sadica risata.
"Voi, non conoscete ..." Amalia sembrò riflettere, in realtà stava formulando la frase esatta da dire a Diletta, ma non la trovava.
"Tagliamo corto. Senza convenevoli ne prefazioni. Vi presento vostro padre." E gli indicò Landolfo.
Diletta, sconvolta, stordita, per qualche strana ragione, aprì l'ossario, e entrò dentro.
"Vedo che le tue scelte non cambiano cara figlia. Strano gioco del fato.Eri destinata a prendere il mio posto in questa setta ....ma vedo che non ne sei all'altezza. Forse ti sentirai più realizzata ad aiutare queste piccole anime innocenti, anche se credo che per loro potrai fare ben poco ..."
"Madre presente e affettuosa. Madre che cura le ferite, madre consigliera, madre amica. Perchè? Ho sostato nove mesi in te, e diciotto nella tua casa. Cosa non riesco a capire?
"Destino figlia mia. Il Dio di questa setta, aveva deciso così per te, e tu, mettendoti contro tuo 'padre' e assecondando vostro 'zio', facevi il nostro gioco. Ma non sei all'altezza."
Landolfo, prese la mano di Amalia, e insieme toccarono il Cristo in croce. Il meccanismo si azionò,e chiuse il muro.
Buio tutt'intorno. Paura, ma luce nel cuore.
Eco di lamenti e sussurri. Eco di messe nere. Nella mente, solo ninne nanne.
Desideri Cristina

Edited by critib - 16/9/2012, 16:28
 
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Irene Vanni
view post Posted on 17/8/2012, 08:39




Mi spiace ma è stato difficoltoso leggere questo racconto, ci sono problemi sintattici e grammaticali (addirittura di accenti, come sul “se”, o di apostrofi come a “un” usato con soggetto femminile, impossibile segnalarli tutti) che impediscono la scorrevolezza, la scrittura è ancora molto acerba, le idee espresse ingenue, i personaggi bidimensionali. Non vai mai a capo, neppure nei dialoghi, tutto appare caotico e confuso, e tirando le somme del succo, in realtà non racconti molto. Tutto l’incipit è una sequela di frasi fatte, a partire dal sole alto nel cielo della prima frase, poi si finisce nell’infodump, con questo padre che parla per un intero paragrafo come un libro stampato per far sapere dati sulla situazione storica al lettore che i personaggi con cui sta parlando invece conoscono benissimo è inverosimile, pesante e pedante. Ammetto di non essere riuscita a leggerlo per intero. Tutto il racconto è fondato su questo noioso litigio per poi trattare in maniera frettolosa il finale, che diventa ancora più caotico. L’unico consiglio concreto che mi sento di suggerire è di leggere molto...
 
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critib
view post Posted on 17/8/2012, 21:18




Bene, critiche accettate. Probabilmente si sono verificati problemi nel copiare e incollare il racconto, come probabilmente qualche errore di distrazione mi e' sfuggito.Per mia fortuna, e lo so' per certo;il racconto e' piaciuto a tutte le persone da cui e' letto (come prof etc). Consiglio comunque a voi, prima si far inserire nel vostro forum un racconto, di verificare se e' consono alle vostre richieste....insomma, se vi garba tanto per capirci.
Grazie comunque per l'opportunità.
 
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Redazione Nero Cafè
view post Posted on 19/8/2012, 05:05




[mod on]
Il concorso è aperto a tutti, sta a chi scrive constatare che i canoni del proprio racconto rispettino quelli imposti del regolamento. Trattandosi anche di una palestra letteraria, ogni autore o lettore è libero di commentare gli scritti degli altri. Commenti che, tra l'altro, sono utili all'ottenimento dei punti Noir, come da Regolamento.
Un consiglio spassionato: è bene dare il giusto peso alle considerazioni di chi legge il racconto. Spesso un estraneo è molto più imparziale di un conoscente nel giudicare un elaborato.
[mod off]
 
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jwdr1996
view post Posted on 20/8/2012, 03:57




Critib, il fatto che tu parli di "prof" mi fa capire che sei giovane: io approfitterei delle indicazioni che ti sono già state fornite da chi mi ha preceduto per rivedere in modo critico il tuo racconto, soprattutto se sei affezionato a quello che hai scritto. Ritengo, come Irene (io e lei siamo autori di altri racconti postati in questo stesso forum e i commenti hanno principalmente la funzione di segnalare errori e di contribuire a migliorare - anche attraverso la discussione - i testi pubblicati), che sia importante conoscere le regole anche formali dello scrivere (con particolare riferimento a punteggiatura, formattazione, ortografia, sintassi), magari- perché no - per trasgredirle un domani. Ma in modo consapevole. Sei ancora in tempo per modificare il tuo racconto, rendendolo più leggibile anche dal punto di vista grafico. Spero che tu colga gli stimoli che ti inviamo e che in fondo si riassumono in un invito a coltivare lettura e scrittura come ineguagliabili forme di comunicazione ed espressione. :) Bruno
 
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critib
view post Posted on 20/8/2012, 10:27




Ho cercato di correggere il mio racconto laddove 'ho visto' gli errori. Quando l'ho inserito nel forum, l'ho tagliato quà a là per rispettare le battute richieste. Non faccio questo lavoro per mestiere.Ho fatto tutt'altro. Leggo molto e scrivo. Nei ritagli di tempo. Scrivo le mie fantasie. Fantasie colte nelle leggende, fantasie colte nei racconti popolari, fantasie mie e basta. Scrivere è la mia passione di sempre. Un sogno chiuso lì, nel cassetto.
Grazie.Per i consigli.
 
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William Munny
view post Posted on 24/8/2012, 17:32




Ciao Critib,
Anch’io, come chi mi ha preceduto, ho notato qualche difetto. Sono problemi che potrai risolvere studiando, leggendo ed esercitandoti. Se, come affermi, scrivere è la tua passione, sono sicuro che non ti peserà affatto dedicare ancora più tempo alla “noiosa triade scolastica”.
Passiamo al racconto. Alcune “scene” possono essere migliorate.
Prendiamo, ad esempio, la lunga spiegazione del padre sulla situazione politica mondiale; non funziona molto perché stai spiegando una situazione che, grosso modo, i lettori conoscono. Anziché descrivere nel dettaglio chi o cosa, sfrutta a tuo vantaggio la situazione, metti un giornale in scena, un titolo ad effetto e fai capire quando è ambientata la vicenda.

Martino prese il giornale e, mostrandolo alla figlia, disse: “Guardate qua.”
Diletta vide il titolo in grassetto. L’Italia dichiara guerra all’Austria-Ungheria.
Il padre sorrise e chiese: “credete che la guerra si fermerà, solo perché voi intendete studiare medicina?”
Diletta sentì le sue mani chiudersi a pugno, cercò l’appoggio della madre, ma vide che la donna fissava un punto a terra.
“Durante una guerra ci sono dei feriti che necessitano di cure e io…” ma fu interrotta.
“E voi cosa? Voi – continuò il padre – siete una donna, prendete esempio da vostra madre.”
A quelle parole Amalia sollevo il viso e sorrise alla figlia.
“Io so badare a me stessa e voglio studiare medicina, non ho bisogno di un marito.”
Il padre chinò il capo e disse: “Voi non capite, - si avvicinò alla finestra e la aprì – vedete la strada, quella stessa strada che oggi vi sembra tanto sicura, ieri era invasa da banditi comunisti, socialisti e repubblicani.”
“Erano solo dei ragazzi” disse Amalia con un filo di voce.
“Dite che erano solo dei ragazzi? Voi donne non capite nulla.”
Amelia tornò a guardare a terra.
Il padre si avvicinò a Diletta e puntandole l’indice disse: “Voi non dovete studiare, ma sposare chi vi può proteggere.”
Diletta trattenne le lacrime.
“Se non vivessimo in tempi così caotici, appoggerei la vostra nobile aspirazione, ma è più sicuro garantirvi un futuro”.
Dopo queste ultime parole il padre abbandonò la sala da pranzo.

Ho cercato di mostrarti come avrei scritto io la “scena”... Sicuramente c’è qualche difetto e non è l’unica soluzione possibile, ma è il mio tentativo per:
-informare, molto blandamente, il lettore della situazione storica (l’accenno all’Austria-Ungheria dovrebbe riportare alla prima guerra mondiale. Il titolo del giornale l’ho copiato da La Stampa dell’epoca… su internet si trova qualunque cosa)
-caratterizzare i personaggi seguendo quello che hai scritto nel racconto. Un padre tiranno e un po’ maschilista, una madre assente e una figlia che cerca di opporsi.

Quello che ho scritto è solo un pessimo esempio… Tu potresti cercare il tuo modo per alleggerire la storia e renderla più scorrevole!

Per la trama provo a suggerirti… Se lo zio tentasse di uccidere Diletta, mandandola al convento?
Ti chiedi perché dovrebbe farlo?
Stupiscici, mostraci un buon motivo perché lo zio materno nell’illusione di aiutarla, in realtà la voglia uccidere.
Ho scritto troppo e, se ti sembra il caso, butta pure via tutte queste parole che ho messo in fila!
Buon Lab.
 
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critib
view post Posted on 25/8/2012, 15:58




Ciao William, grazie per i suggerimenti. Non ho mai avuto la possibilità di confrontarmi con qualche altro scrittore, questi consigli, non potranno fare altro che migliorami. Ho modificato il racconto, reinventandolo un pochettino, quando hai un attimo, magari potresti rileggerlo. Ci tengo alle opinioni costruttive.
........"Sbagliare è umano, perseverare è divino"..................
e come disse il grande filosofo Socrate: "Sò di non sapere". (questa frase mi rappresenta moltissimo).
A presto
Cri
 
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William Munny
view post Posted on 25/8/2012, 20:42




Ciao Critib,
non ringraziarmi per i suggerimenti, non ho fatto molto; al limite ti ho fatto vedere come si sbaglia... in una maniera diversa! Eh, eh, eh!
Appena possibile rileggo il racconto e, se è il caso, scrivo. Amo il lab perchè è una occasione per confrontarsi e imparare dai propri errori!
Non ti sei mai confrontato con altri scrittori? Con me ti è andata male, io sono uno scribacchino, ma se continui a frequentare il Lab, o forum dedicati alla scrittura, vedrai che ne trovi qualcuno!
Buon Lab!
Mirko
 
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8 replies since 16/8/2012, 15:56   199 views
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