| La faceva facile, Carlo. Doveva averlo detto centinaia di volte, e di certo ogni volta ci credeva. Fino alla donna successiva, s'intende. — Se ci tieni, devi dirlo. — Carlo fece scivolare il boccale vuoto al centro del tavolo. — Ti amo. Non è complicato. Lo fissai. Quegli occhi cerulei e quelle labbra morbide che davano un'idea di romantico, contrastata dalla mascolinità degli zigomi e del mento, avevano fatto strage di cuori. Per lui era facile davvero. Si piegò sul tavolo. Nonostante gli odori del pub mi arrivò un refolo del suo profumo, una base di pino con una gradevole sfumatura dolce. — Senti, Roberto. È un po' che ci conosciamo, no? Mi raddrizzai sulla sedia. Sorrisi e annuii. Carlo si scostò dal viso i lunghi capelli biondi da vichingo. — È parecchio, sì. È per questo che ti voglio aiutare. È semplice: se ami, devi dire ti amo. — Sì. Raddrizzò le spalle, evidenziando il petto ampio sotto la giacca scura, e guardò intorno. — Vediamo se posso ordinare un'altra birra. — Pareva non ci fosse niente in lui che non fosse fatto per piacere. — Ecco... — Dai, non cercare scuse. — Sorrise. Quei denti bianchi completavano la bocca carnosa in modo irresistibile. — Hai ragione. — Mi schiarii la voce. — Quando sono sicuro, non devo... Si era distratto un momento per cercare una cameriera con gli occhi. — Sì, dicevo che hai ragione, e... Mi posò la mano sul polso. Sentii il calore delle sue dita sulla pelle. — Senti, Roberto. Ti conosco da un po', e mi piaci. Però sei un po' uno scemo. Elena non la meriti. Lei è una ragazza eccezionale, tu uno qualsiasi. Almeno fa' quello che farebbe un uomo degno di questo nome e dille che la ami. Per una volta, riscattati dalla tua mediocrità e mostrale che hai almeno il coraggio di dire la verità. Alzò il bicchiere vuoto e lo indicò a una cameriera. Non riuscivo a dire una parola. — Allora, lo farai? — Scusa, devo andare in bagno. Entrai in bagno che avevo la guance infuocate. Mi chiusi dentro e mi guardai allo specchio. Due lacrime mi scendevano lungo il viso. Le asciugai e mi soffiai il naso. Cinque minuti dopo, cancellavo tutte le foto con Carlo dal cellulare. E intanto ripetevo come un mantra: — Carlo, vaffanculo. — Strappai quella ben nascosta nel portafogli. — Carlo, vaffanculo. — Mi sciacquai la faccia. — Carlo, vaffanculo. Feci un respiro profondo. Ero pronto a dirgli quelle due parole. All'inizio della serata sarebbero state "ti amo", ma adesso erano cambiate.
|