Aida teneva lo sguardo basso, come ogni volta che era stata in quella sala d’attesa.
— È la sua prima volta?
La domanda, per quanto se l’aspettasse, la fece sussultare.
— Si troverà bene. Ero disperato, come lei adesso. Lavoravo in banca, mi sentivo in gabbia. Il dottore mi ha fatto ricominciare gli studi. Medicina, mica una cosa semplice. Ora sono medico e felice.
— Come mai è qui, allora? — chiese una vecchietta con l’aria della frequentatrice assidua.
— Mia moglie mi ha lasciato.
— Non c’ha l’aria di uno che c’ha il cuore spezzato. Anzi, la vedo piuttosto allegretto.
— Certo! Sono qui da Buradi! Il mio problema è già risolto. Domani io e Carla passeggeremo, di nuovo, mano nella mano.
Aida avrebbe voluto tapparsi le orecchie. Stare ad ascoltare i fatti altrui era un brutto modo per passare gli ultimi minuti di vita. Ma non aveva scelta. Perché non esisteva alcuna scelta.
— Sarà pure bravo, ma a me, sto dottore, non mi ha ancora fatto riconciliare con mio figlio.
— Non vi ha fatti riconciliare o, dopo, lei l’ha di nuovo allontanato?
— Insolente. — La donna si girò dall’altra parte e smise di parlare.
L’uomo si accostò all’orecchio di Aida: — Pare che persino J.J. abbia preso appuntamento con lui. Per la ripartenza di Star Wars, sa?
— Signorina Stornelli, si accomodi — disse la segretaria, mentre il precedente cliente usciva dallo studio.
Il dottor Buradi si alzò e le diede la mano.
— Buongiorno, signorina Stornelli. È la sua prima visita qui, vedo.
— Per lei, ma non per me — disse lei lasciandosi cadere sulla sedia. Faceva fatica a trattenere le lacrime.
Buradi, piegò la testa di lato, si mise una mano sul mento e parve riflettere sulla risposta.
— Mi dica, è vera quella storia di Star Wars?
Lui sorrise e alzò la mano per schermirsi: — Non dovrei dirglielo, ma sì.
— Sa cos’è che mi fa rabbia? Che se ci mette mani lei, sarà un capolavoro. E io me lo perderò. Mentre sono destinata a sorbirmi Jar Jar Banks infinite volte. Mi sorbisco ogni attimo della mia vita, infinite volte, senza potere cambiare una virgola — urlò lei.
Aida vide che Buradi annuiva, con l’aria di chi cominciava a capire.
— Le prime volte erano piccoli déjà-vu. Nelle reincarnazioni successive divenivano sempre più dettagliati. A volte, sapevo con certezza quello che sarebbe accaduto nei minuti successivi. Finché la vita è divenuta un nastro registrato in riproduzione continua. Le gioie, note in anticipo, non erano più gioie. I dolori cominciavano a torturarmi anni prima di arrivare. Alla fine di tutto, esco dal suo studio, la macchina m’investe e di nuovo mi ritrovo a emettere vagiti senza senso.
— Ora ricordo anch’ io. Sappia, però, che quando entra in questo studio, lei ha la possibilità di scegliere. La prima volta mi ha detto che aveva paura della morte e che voleva vivere per sempre. Quando ha cominciato a ricordare, le ho detto che doveva decidere. Poteva uscirne seguendo la natura, distaccandosi da gioia e dolore e raggiungendo il Nirvana. Oppure, potevo spiegarle io come interrompere il ciclo. Lei ha scelto sempre la prima opzione. Per paura. È pronta, ora?
— Sono pronta. Mi dica cosa devo fare.
— Il destino è nel nome. Aida viene dall’arabo e significa “colei che ritorna”. Si ricorda perché i suoi genitori scelsero quel nome?
— Io mi ricordo tutto. Quando mio padre mi prese in braccio, gli sembrò che i miei vagiti intonassero l’Aida.
— La prossima volta spezzi questa ruota. Il prossimo sarà il suo ultimo giro. E sarà diverso sa tutti gli altri.
Quando uscì dallo studio, Aida si sentiva ottimista. Forse questa volta non sarebbe morta. Senza smettere di camminare si voltò a leggere il nome sulla targhetta.
DOTT. BURADI
RITORNATORE
Non si accorse che il marciapiede era finito. L’ultima cosa che vide fu l’ombra dell’auto.
— Che bella bimba — stava dicendo l’infermiera, mentre la passava al padre.
— Già — disse. — Pare che canti.
— A me sembra stia solo piangendo.
— Ascolti bene. È quel pezzo di musica classica. Quell’Inno… — L’uomo si mise a canticchiare. — Ho deciso! La chiamerò Gioia.