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Sogni - Ilaria Tuti

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Nauthiz7
view post Posted on 28/10/2013, 23:50




Arrivo all'appuntamento in leggero anticipo. È una delle poche volte, forse l’unica.
La sala d’aspetto è piena, mi siedo e attendo.
Non ho molta voglia di parlare, meno del solito, e tengo gli occhi bassi per farlo capire anche a chi mi siede vicino.
Parlo sempre poco; in compenso, penso molto. Troppo.
Da qualche giorno mi chiedo che sogni avesse mio padre.
I sogni sono il mio chiodo fisso, ultimamente.
Per carattere e per educazione ricevuta, sono sempre stata abituata a pensare che nella vita avei dovuto accontentarmi, accettare quello che veniva, difenderlo e lavorare duro, come una formichina operosa.
Nella mia famiglia, sognare era considerato sciocco: non portava nulla di buono, tanto meno un lavoro.
Quando vivi così, arrivi a sera che non sei felice e non capisci perché.
Io l’ho capito quando mio padre è morto all'improvviso, un paio d’anni fa. Ma poi l’ho dimenticato, di nuovo.
Mio padre era una persona silenziosa. Lavorava sempre, parlava poco e pensava molto. Come me.
Eravamo così uguali, che non ci capivamo: troppo occupati a fare la nostra vita, chiusi nei nostri mutismi, per ricordarci di essere felici.
Quando è morto, non ci parlavamo da due mesi, e non so nemmeno perché. Ora capisco che c’era un mondo in lui che io non conoscevo.
Che sogni avevi, papà?
Quanti ne hai realizzati?
Sono uno di quelli?
Io ne ho tanti da recuperare. Devo rifarmi dei sogni perduti, prima che sia troppo tardi.
Chiamano il mio nome.
Entro e saluto con un sorriso tirato. Lui abbozza una risposta, ma non ne sono sicura.
Non mi importa: non l’ho scelto per la simpatia. L’ho scelto perché è bravo.
Ha la mia cartella tra le mani: tutta la mia vita.
Sento appena quello che dice. Il mio cervello è un setaccio che non trattiene le parole che soffia senza guardarmi. Ne sta cercando solo una e quando finalmente la trova, la trattiene per un tempo che sembra dilatarsi.
Negativo.
Il mio cuore fluttua, mi sale in gola, mi esce dagli occhi in lacrime che non mi rendo nemmeno conto di spargere sulla scrivania immacolata del dottore.
Tutto il resto è già dimenticato. È niente. È altrove.
Sono fuori e non so come ci sono arrivata. Il sole scalda, finalmente, dopo giorni, settimane, in cui il mio corpo non riusciva più a sentire nulla, perso nella contemplazione della sua fine.
La fine c’è stata, ma diversa, ed è già un nuovo inizio.
Le dita affondano nella tasca e pescano il biglietto che ho scritto per me stessa, che avrei letto comunque fosse andata, per non dimenticare, questa volta: non voglio più scordare che l’unico dovere che ho verso me stessa è essere felice.
Lo leggo e non piango più. Sorrido e sono grata.

Voglio che la mia vita sia un canto per il mondo e intendo sgolarmi fino a non avere più voce.
 
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Callagan
view post Posted on 31/10/2013, 13:16




Ciao Ilaria, il tuo racconto non mi è piaciuto del tutto. Premetto che queste sono pure osservazioni da lettore, dal momento che sul piano formale, dello stile e della scrittura non ho nulla da dire, anzi: complimenti. Però, visto il tema trattato, il racconto non mi ha suscitato compassione, non ha mosso le mie emozioni, risultando un po' freddo. Capisco che possano essere solo mie impressioni ma tant'è. Al posto tuo, visto che il tema che hai affrontato erano i sogni, avrei giocato di più sui sogni che in tutta la vita aveva progettato, senza riuscire a realizzare... calcando il dito sulla possibilità di non avere l'opportunità di realizzarli, evidenziando quindi il senso di rimorso. Mi è mancato questo, è come se le emozioni tu le avessi sacrificate per raccontare del passato, della sua educazione e del padre.
Mentre per parlare di questo aspetto più che importante (rapporto col padre) è emblematica e potente la frase
CITAZIONE
Quando è morto, non ci parlavamo da due mesi, e non so nemmeno perché. Ora capisco che c’era un mondo in lui che io non conoscevo.
Che sogni avevi, papà?
Quanti ne hai realizzati?

Io avrei limitato a questo il discorso sul padre.

Infine la frase scritta sul foglietto, con la quale concludi... l'ho trovata poco efficace e poco naturale. Capisco che una persona può scrivere ciò che vuole nella paura di morire, ma appunto per questo io mi immaginerei qualcosa di meno complesso e (appunto) più naturale.

Spero di esserti stato utile, a rileggerti!
 
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ilma197
view post Posted on 2/11/2013, 16:21




Il racconto è scritto molto bene, con uno stile scorrevole e coinvolgente. Dal punto di vista narrativo, però, mi sembra che ci sia un po' poco, nel senso che sono tutte riflessioni. Sappiamo che il padre è morto, che la protagonista temeva di avere una grave malattia, ma tutto rimane molto, forse troppo vago. Probabilmente è un racconto che aveva bisogno di più spazio per descrivere qualcosa di più concreto accanto alle riflessione che, ripeto, sono rese davvero molto bene. La frase del bigliettino alla prima lettura mi aveva lasciata un po' delusa, ma poi rileggendola l'ho apprezzata di più.
 
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misaki02
view post Posted on 3/11/2013, 11:01




Un racconto dal contenuto profondo e gestito da una buona scrittura. Appropriato l'uso del monologo interiore che rende bene la struttura intimista dell'intero brano. Non è facile concludere una storia in modo positivo senza renderla patetica o prevedibile, ma invece nel tuo caso la scelta è risultata azzeccata e l'ho apprezzata.
 
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view post Posted on 4/11/2013, 18:40
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Martin Sileno

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il racconto è scritto molto bene però ci sono delle cose che secondo me andrebbero riviste. Più o meno è un monolgo interiore che però viene inserito in un contesto in cui c'è il dottore che consegna il risultato delle analisi alla protagonista. Ci perli del padre che è venuto a mancare ma non ci dici di cosa è morto. Io avrei utilizzato questa cosa per inserire nella protagonista la paura che quel male fosse ereditario. Invece concludi il tutto con un generico esito negativo che, dal mio punto di vista, potrebbe benissimo essere l'esito di un test di gravidanza. Quello che comunque manca di fondo è la tensione della protagonista: non si riesce a coglierne la paura è tutto sovrastato dal messaggio finale che vuoi dare. Molto bella la frase che conclude il racconto e l'espediente di racchiuderla in un bigliettino.
 
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Fini Tocchi Alati
view post Posted on 5/11/2013, 15:37




A me è piaciuto! E sarebbe piaciuto molto senza due problemi che ho notato.
Il primo è che, a partire dalla metà del racconto, le frasi si fanno molto più lunghe, diventando così poco immediate e quasi rompendo il ritmo incalzante che avevi creato.
Il secondo è il finale. Il racconto doveva concludersi con quel "NEGATIVO". Magari, avrei lasciato il sussulto di felicità della protagonista, ma niente di più. Il finale sarebbe stato, secondo me, più asciutto ed efficace. (Ho come l'impressione che tu abbia ritenuto necessario aggiungere per essere certa di rientrare nel tema... <_<).
Comunque, ripeto: a me è piaciuto!
 
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Olorin
view post Posted on 7/11/2013, 10:28




Sono stato a lungo combattuto su questo racconto. L’espressione di sé (cioè del personaggio) nel momento in cui si viva una situazione di grave incertezza circa il proprio stato di salute, quando ci si dibatta nel dilemma del potenziale tradimento da parte del nostro corpo, è passibile di ogni licenza in merito alla verosimiglianza delle reazioni.
Insomma, ognuno la vive un po’ come ‘je ‘a fa’.
Al di là di questo mitigatore di valutazione, trovo troppa razionalità nella prima parte del brano, un eccessivo indugiare su aspetti riguardanti la protagonista che non aiutano in alcun modo a percepire l’entità della motivazione per cui lei si trova lì, non innescano l’immedesimazione da parte del lettore tale per cui anche lui alla fine entri in quello studio, sperando insieme al personaggio.
Troppo tempo per contestualizzare quel ‘negativo’.
Secondo me, ma ‘secondo me’, questa tipologia di racconti non si presta molto all’effetto sorpresa
 
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simolimo
view post Posted on 7/11/2013, 15:55




ciao Ilaria ^_^ , piacerissimo di incrociarti... sì, non penso di averti già incontrata... o non ricordo, accidenti! >_<"
beh, quanto mi è piaciuto il tuo racconto!!! introspettivo a manetta e stra malinconico, ma pieno anche di speranze e di rinascita... io sono una persona di mio molto positiva, ma mi rendo conto di essere sempre più spesso circondata da persone poco felici, che pensano troppo e troppo si fasciano testa e mani senza mai guardare al vivere la vita che una è e si dovrebbe cogliere in quanti più aspetti possibili. mi ha emozionata molto per questo. per come hai saputo mettere in parole un sentimento di tanti... sentimento che, da quel che comprendo di giorno in giorno, incatena le persone a un mondo proprio difficile da far interagire con "tutto il resto". brava!
nota negativa? avrei concluso il pezzo con largo anticipo, una, due righe dopo il "negativo"... ma è gusto personale. penso avrebbe reso più incisivo il ribaltamento e interpretabile dal lettore in modo più personalizzato.
nel complesso, ti rinnovo i miei complimenti.
ciao ciao e alla prossima :)
 
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Peter7413
view post Posted on 8/11/2013, 11:38




Un racconto ben scritto che però sa di già letto: la protagonista decide di vivere diversamente la vita in seguito a un evento traumatico che ne mette in discussione i valori e/o le fondamenta sulle quali ha eretto la propria esistenza fino a quel momento. Di conseguenza la lettura risulta sì piacevole, soprattutto grazie alla forma davvero molto buona, ma priva di mordente, in questo non certo aiutata da una struttura che prevede poca azione e ancora meno conflitto in quanto né il dottore né soprattutto il ricordo del padre riescono a porsi in contrasto e a creare tensione o quanto meno a smuovere la protagonista che già ha deciso cosa fare qualunque sia il responso sulla propria salute.
 
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Nauthiz7
view post Posted on 12/11/2013, 12:47




Grazie a tutti per le osservazioni, ne farò tesoro. :)
 
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9 replies since 28/10/2013, 23:50   153 views
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