| «Sei sicuro che è di qua?» Aldo scruta attraverso gli strati di nebbia come un falco strabico. «Certo, ci sono stato altre volte». La ragazza si passa una mano dietro la testa e riassetta la cascata di capelli neri, lasciandola scivolare tra le dita e il collo, fin sopra la scollatura. Aldo fatica a non inchiodare gli occhi nell’incavo tra i seni. Giù, nelle parti basse, i suoi ormoni stanno issando la sua mascolinità come schiavi egizi frustati a sangue. «Altre volte?» Aldo la guarda di sottecchi. Le gambe, lì vicino al cambio, si allargano leggermente, mettendo in tensione la minigonna. L’auto procede nella bruma come un animale ferito, brancolando verso il nulla. Poi, a un tratto appare. Il bivio. Da una parte la statale, dall’altra un cartello con su scritto “Terrazza degli innamorati”. «Ci siamo!» «Dimmi, quali altre volte ci saresti venuto?» Isabella torna all’attacco, con quel suo tono insinuante. «Beh, non sei certo la mia prima ragazza» ribatte Aldo, con un ghigno insolente, mentre fa manovra sull’erba, accostandosi tra due alberi. Con il bel tempo, il panorama sulla città da lì è magnifico, peccato non ne possano godere stasera. Con disinvoltura fruga sotto il sedile, alla ricerca di ciò che renderà quella serata speciale. «Ah no?» Il tono gelido di lei lo sorprende, ma non basta a fermare la sua mano. Fa scattare il serramanico e punta la lama dritto alla gola della ragazza. «No!» quasi grida Aldo, infervorato. Isabella lancia un urlo, poi si immobilizza. Negli occhi, un nero profondo fatto di emozioni insondabili. «Che vuoi fare?» «Ho sempre desiderato possedere una donna con la forza» le confida, facendo scivolare la lama tra i seni e poi giù, verso la gonna. Lei non fiata e Aldo imprime forza al coltello, penetrando nella stoffa con facilità, poi un colpo secco, a strappare tutto. Le due gambe sono nude adesso, in mezzo dà sfoggio di sé un tanga rosso. «Anche tu non avevi buone intenzioni, vedo» mormora lui, eccitato. Isabella annuisce leggermente. Fa scorrere le dita sulla mano di lui, quella disarmata, quindi avvicina le dita alle sue parti intime. «Fammi godere» gli sussurra. Aldo è spiazzato. Un sorriso sinistro si fa largo sulla sua faccia sudata. Ha voglia di sentire la carne umida di lei sotto le dita, prima di entrarle dentro con la lama. Così s’insinua nelle grandi labbra, entra in quel luogo caldo, mentre con la lama punge la pelle dell’interno coscia fino a stillare una goccia di sangue. L’eccitazione cresce. Non sa fin dove arriverà, ma ha preso in considerazione tutte le opzioni, anche ucciderla se necessario. Nessuno sa del loro incontro, Aldo è stato attento. A un tratto un rumore come di cesoie lo scuote, per un attimo i sensi si azzerano, poi stilettate di dolore gli sferzano le dita, la mano e anche il cervello. Ritrae il braccio, urlando, ma non gli restano che due falangi intatte, il mignolo e il pollice, le altre tre sono state mozzate via e buttano sangue a più non posso. «Ma che cazzo…» fissa Isabella inorridito, dimenticando il coltello stretto nell’altra mano. La giovane sorride, ma i suoi denti sono affilati, gli occhi gialli. E qualcosa, lì, tra le cosce, continua a stridere, come metallo su metallo. «Lo ammetto» e il suo sorriso diviene immenso, mentre tutto si annebbia «neanche io avevo buone intenzioni».
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