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Ali di fata, di Luca Romanello - 4862 caratteri

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kendalen
view post Posted on 11/2/2014, 22:41




Ali di fata
di Luca Romanello

Katia vola. Sente l'aria sul volto, i capelli che si ribellano e il vestitino che le preme contro il corpo.
È una sensazione meravigliosa. Leggera come una farfalla, veloce come una libellula. Una fata.
Sorride.


- Io non ce la faccio.
La voce di papà, calda come le sue mani quando le accarezza le guance, sembra diversa dal solito. Lo guarda: ha le lacrime agli occhi, le sopracciglia inarcate e la bocca piegata in una smorfia che non gli ha mai visto. Katia si preoccupa, ha paura che papà stia male.
- Abbassa la voce! Guarda che ti sente! - gli dice mamma. È poco più di un sussurro, ma Katia ha le orecchie buone.
Papà si passa una mano sulla faccia. Mamma lo abbraccia.
- Sssh, resisti - gli dice.
Katia non capisce. Però sa quello che deve fare. Si alza dal tappeto e va anche lei ad abbracciare papà.

Priva di peso. Lo stomaco in subbuglio, come quando vede il suo compagno di classe Gianni. Sì, la sensazione è la stessa. Volare è come innamorarsi, allora, pensa.
Vorrebbe non smettere mai, non smettere mai di volare e non smettere mai di innamorarsi.


Katia la ricorda, la prima volta in cui ha chiesto a mamma e papà cosa volesse dire "daun".
Loro le hanno sempre detto che significava "speciale" e che lei, speciale, lo era davvero. Un bacio sulla guancia, una carezza sui capelli. E finiva lì.
Ma quando tornava a scuola c'era sempre qualcuno, sull'autobus o in classe, che le rideva dietro e le gridava quella parola. Katia cercava di ridere anche lei, ma talvolta c'era tanta di quella cattiveria in quelle grida che non le era possibile farlo. Allora si metteva in un angolo, con le braccia conserte, e chiudeva gli occhi aspettando che smettessero.
Non era mai stato un gran problema. Speciale. Un bacio, una carezza.
Poi era stato Gianni a chiamarla "daun". E quando Katia era tornata a casa in lacrime aveva visto il volto di papà sciogliersi in quella maschera di dolore.
Lo stringe. Ma lui non la bacia e non la accarezza. Lo fa la mamma, però Katia vorrebbe che lo facesse anche papà.
- Scusa - gli dice, convinta di aver fatto lei qualcosa di sbagliato.
Non vuole che mamma e papà siano tristi. Tutti, ma loro no.

Non ha mai provato un'emozione così intensa. E la velocità aumenta, aumenta.
I capelli quasi la frustano, il vestitino sbatacchia.
Dagli occhi le sfuggono lacrime che strisciano sulle tempie e vanno a bagnarle le ciocche.
Le fate non piangono. Perché lei invece lo fa?


Quando la mamma le dice che papà ha avuto un incidente, Katia sta giocando con le bambole: una Barbie e due Winx, le sue preferite. Non capisce cosa sia "un incidente", la faccia della mamma però non le piace. Lascia cadere i giochi e va ad abbracciarla.
- Scusa - dice.
- Non è colpa tua - risponde la mamma, stringendola. Ma la sua voce non è sincera.
Il viaggio fino all'ospedale è una nuvola grigiastra di silenzio imbarazzato. Dal sedile posteriore della macchina Katia non può vedere se la mamma piange. Sente che tira su col naso, tante volte.
Un odore pungente la assale, nel momento in cui entrano nell'ospedale. Prendono l'ascensore e arrivano in un posto dove le infermiere camminano indaffarate. La stanza di papà è vuota, ma dopo pochi istanti arriva un letto con le rotelle e sopra c'è lui. È coperto di bende e ha una gamba ingessata.
Si precipita da lui insieme alla mamma.
- Scusa - gli fa. Lui non risponde.
La mamma parla con un medico, poi si siede vicino al letto. Katia le si avvicina. Un bacio e una carezza.
- Vado in bagno - annuncia.
- Vuoi che ti accompagni? - chiede la mamma, lo sguardo spento.
- No.
E le sorride.

L'aria è violenta.
Immagina che le escano le ali, come se fosse una fata. Winx Enchantix. Le piacerebbe essere Flora: ama i fiori, passa pomeriggi interi a cercare di far crescere piante che, però, proprio non ne vogliono sapere di crescere, o anche solo di sopravvivere. Se fosse Flora, non avrebbe problemi e riempirebbe la casa di fiori colorati. Così magari mamma e papà sarebbero più felici.


Nessuno la nota, quando prende l'ascensore. Preme l'ultimo tasto in alto; deve mettersi in punta di piedi per arrivarci, ma ce la fa.
È nervosa, si mangia le unghie. Cerca di non pensare a papà nel letto con la gamba ingessata e le bende in faccia, le verrebbe solo da piangere. E non deve farlo: sa che se incontrasse qualcuno, desterebbe sospetti. Non vuole tornare giù, non così.
Le porte scorrevoli si aprono.
Il corridoio è luminoso, il pavimento ancora umido e nell'aria c'è un odore di fiori che la rende allegra.
Davanti a lei c'è una balconata: due infermiere stanno prendendo una boccata d'aria. Si affaccia, guarda sotto. È una giornata splendida.
- Cerchi qualcuno? - le fa una delle due.
Katia la ignora e scavalca la balaustra.
- No! Cosa fai?
Le urla si sovrappongono le une alle altre. Ma lei ormai ha saltato.

Leggera come una farfalla, veloce come una libellula. Una fata.
Mamma e papà non soffriranno più.
La strada si avvicina. Katia sorride.
 
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view post Posted on 12/2/2014, 16:47
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Magister Abaci

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Carissimo kendalen, quanto tempo! Da quando sei sparito dallo Skannatoio avevo perso le tue tracce ed eccoti qui, con un racconto struggente che è un pugno nello stomaco.
Bellissimo l'alternarsi tra la storia e il corsivo che prelude “fiabescamente” alla tragedia, senza rivelarla in modo esplicito.
Mi è piaciuto anche il modo col quale hai presentato la sindrome, non l'hai mai citata direttamente, se non con quel geniale “daun”, e per la protagonista sarebbe tutto normale, se non fosse per il comportamento di chi le sta intorno.
Interessante, poi, come hai saputo mostrare la nascita dell'immotivato senso di colpa, dovuto al disagio di non comprendere le reali ragioni del comportamento di chi circonda la protagonista.
Insomma, un racconto che tratta un tema delicato e una tremenda tragedia con delicatezza, senza eccedere, facendo riflettere il lettore e lasciandogli nel cuore un'immensa tristezza.
 
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Ceranu
view post Posted on 13/2/2014, 15:56




“Sindrome di Down”. Difficile da commentare, l''argomento mi paralizza.
Ci sono cose che non mi tornano, ma non conosco il rapporto tra i genitori e una bambina Down. Quindi non so quanto sia “legalmente perseguibile” l'averla lasciata andare in bagno sola in un ambiente nuovo. Detto ciò lo trovo molto interessante, a tratti commovente.
Sarò lento, ma alla prima lettura non mi è parso così evidente il salto, che mi si è palesato solo davanti all'ascensore.
Per essere un po' più realistico avrei aggiunto qualche insulto più cattivo. I bambini non sono così corretti.
Nel complesso mi è piaciuto, bello.
 
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simolimo
view post Posted on 13/2/2014, 17:54




ciao ken, ti si può ancora chiamare così? ben ritrovato.
visto che non sei nuovo a skannate, macellate e ad avere minuti contati, passo subito al commento O:)

a dire il vero ho poco da bastonarti... il pezzo è forte, gioco forza aver scelto un argomento così delicato (qualche MC fa anch'io lo trattai, con successo) non è originalissimo, perché l'innocenza di queste creature e la malvagità a cui sono spesso obbligate non può, per qualsiasi persona con un cuore, rimanere un sentimento sordo. no. e tu l'ahi ben rappresentato, con l'alternarsi di una situazione a lei perfetta e la realtà che, invece, cozza pesantemente. è questo l'appunto che ti faccio. quando si ha a che fare con gli handicappati (per chi se ne fa un problema, persone diversamente abili), si pensa spesso che ci siano situazioni così, ma la realtà dei fatti mi ha portata a capire che hanno più loro di noi un vero attaccamento alla vita e, spesso, quando una cosa a noi sembra insopportabile, cattiva, assurda... beh, a loro non suona così. vedessi come sono competitivi quando si fanno le partite di Baskin! ahahah! ma, scusa, mi sto allontanando dal commento, perdonami.
beh, diciamo che non potrò mai dire che il pezzo non sia bello, ben riuscito e ben costruito, ma... per me è un filo irreale. soprattutto perché, fermo restando che la bimba senta queste sofferenze del papà, beh, con la sincerità che hanno glielo avrebbe detto, prima di dire, coscientemente, "ora non soffriranno più"
insomma Ken, splendida prova, ma per gusto MERAMENTE personale, non so. rimane un po' sospesa...

fatti leggere un po' più spesso... se ti riesce :)
ciao ciao

ps, qualche piccolo appunto tecnico:

Ma quando tornava a scuola c'era sempre qualcuno, sull'autobus o in classe, > manca la virgola podo "tornava"

Le fate non piangono. Perché lei invece lo fa? > pensiero più dell'autore che della protagonista

Un odore pungente la assale, nel momento in cui entrano nell'ospedale. > o inverti la frase: "nel momento in cui entrano all'ospedale, un odore pungente l'assale" o levi la virgola... ma, soprattutto, questa frase è in rima, stona di molto.
 
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yaranilde
view post Posted on 13/2/2014, 22:20




Argomento delicato, ma trattato con cura. Tanta emozione, dall'inizio alla fine.
Ottimi i dialoghi, toccanti, ma non struggenti da annoiare.
Complimenti!
 
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Sallow
view post Posted on 15/2/2014, 17:51




Ciao Kendalen, piacere di leggerti.
Complimenti per il pezzo. Tocchi un argomento delicato senza cadere nel moralismo. Non ti schieri, ma ti limiti a mostrare uno spaccato di realtà, è come se alzassi il sipario su una scena di vita, e poi lo ricalassi senza intervenire.
Dovendo muovere una critica, lo farei sulla scena iniziale, quando il padre piange. Mi pare scollegata dal resto del racconto, nel senso, ci mostra appunto come la bambina sia sensibile ai problemi dei genitori, come si senta in colpa per i loro mali, e ok, ma non ci dice che ha da piangere il padre. Uguale quando la bambina torna da scuola, dopo che Gianni, suo innamorato, le dice "daun", a struggersi è il padre. Poi l'incidente di quest'ultimo. Perché? il mio collegamento è stato che il padre non regge una figlia così, e cerca di suicidarsi. Questo chiuderebbe anche il cerchio con la frase che dice prima di morire: Mamma e papà non soffriranno più.
Spero di aver interpretato bene.
Alla prossima

Sallow
 
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kendalen
view post Posted on 15/2/2014, 18:30




@tetra: eh sì, è da un po' che non ci si incrocia. Alle volte le strade si separano, ma a lungo andare possono anche tornare a convergere, no? ;) Grazie per il commento, lieto che il racconto ti sia piaciuto!

@ceranu: grazie anche a te. È vero, i bambini sanno essere molto più cattivi di quanto io abbia tratteggiato. Ma la mia idea, una delle cose che volevo far passare (ma su questo ci torno anche dopo), è che gli insulti più normali non toccano Katia perché, a differenza di "daun", sente dirli anche ad altri. "Daun" solo a lei.

@simolimo: be', certo che mi si può chiamare ancora ken, non vedo perché no! :D Ovviamente il gusto personale non si discute e mi rendo conto (per quel poco che so dell'argomento) che il racconto possa apparire un filo irreale, specie per come va a finire. Ma questo cozzerebbe un po' con l'osservazione di poca originalità, credo, no? ;)
Grazie anche per le osservazioni tecniche, anche se sono d'accordo solo sulla rima (che, mannaggia, mi era proprio sfuggita!). Un appunto sulla domanda che dici essere più dell'autore che non del personaggio: Katia non capisce il perché di alcune sue reazioni, e vorrebbe dimostrarlo anche la riflessione su stomaco in subbuglio e innamoramento, per quello si pone lei la domanda.
In compenso, rileggendolo, ho trovato una proliferazione di "lui" per la quale mi sto prendendo a martellate sui malleoli...

@yaranilde: grazie! :)

@sallow: e grazie anche a te. La tua interpretazione è in larga parte corretta, il padre ha cercato di suicidarsi (o la madre pensa che sia così, motivo per cui a Katia sembra ce l'abbia con lei) perché non ce la fa più. Si strugge, lui, solo dopo l'episodio con Gianni, perché quella volta Katia arriva in lacrime a casa ed è la goccia che fa traboccare il vaso. Tra l'altro, probabilmente non si capisce, ma i primi due pezzi sono legati tra di loro e la "maschera di dolore" del padre è quella che descrivo nel primo pezzo.

@roberto:
CITAZIONE
Ottimo stile, frasi brevi e precise. È un argomento difficile da affrontare senza ripetere alcuni cliché che sono molto comuni in questi casi. Il risultato rischia di essere una sensazione di “già visto”. Ad esempio, gli elementi del racconto non sorprendono. Dal momento in cui apprendiamo che la protagonista è daun, ci sono delle parti che diventano molto prevedibili, come il rifiuto di Gianni. Lo si vede arrivare molto prima di concludere il paragrafo. Anche il finale non riesce a risollevare il racconto come dovrebbe. Detto questo, è appunto un argomento difficile e riuscire a presentarlo in modo innovativo non è facile. Però allo stesso tempo il difetto rimane.

Ecco, qui, come anche per altre osservazioni, entra in gioco il non essersi fatti capire, che per un racconto (o simile) è sempre colpa dello scrittore. Il fatto che tu ti concentri sulle cose prevedibili (per lo più volutamente prevedibili) e non su quello che significano e sulle conseguenze, inusuali (come evidenziato da Simolimo) e a lungo andare estreme, anche se tramite un meccanismo un po' da Rube Goldberg, è un difetto mio in quanto autore. Probabilmente avrei dovuto stare più attento al contenuto e meno alla forma e alla struttura. Ne terrò conto per la prossima volta, grazie mille!

@master_runta:
CITAZIONE
Ciao Luca, bentrovato.
Il racconto lo devo per forza valutare da due punti di vista differenti:
Il primo è quello della scrittura che, a parte un paio di sbavature, scorre liscia e senza particolari apprensioni o perplessità da parte del lettore.
Non mi è molto piaciuta la lente/filtro che hai usato nelle parti della ragazzina. Tematiche come quelle affrontate, lette attraverso uno stile e un pdv tanto infantili non mi ha affatto convinto. Ha incrementato il distacco emotivo, invece che calarmi nella storia. Immagino che l’intento fosse quello di sfruttare la reazione umana di fronte a una tragedia che riguarda un bambino, il tipico “aaawww” iniziale per poi assestare il cazzotto del “colpo di scena” finale. Ecco, con me non ha molto funzionato. Perché nel linguaggio e nel pdv ho scorto le tracce di tutto ciò e quindi a riga 3 avevo già fortissimi sospetti su come sarebbe finita la storia.
Sempre riguardo lo stile scelto, ti segnalo la frase della “nuvola grigiastra di silenzio imbarazzato”, credo stoni molto, si passa da costrutti semplici e infantili a un “gioco di prestigio” retorico che poco ci azzecca col resto.
Comunque, al di là di quanto segnalato, la scrittura è liscia e senza evidenti increspature, discuto la scelta dello stile, non come poi lo hai reso.
L’altro punto di vista per cui devo fare un discorso diverso è quello dei contenuti, che è molto più soggettivo. Io odio visceralmente le scelte di tematiche come quelle che hai scelto tu, narrate attraverso la lente che tu hai scelto. Sono le classiche storie d’autore fatte per essere drammi, all’interno di drammi, all’interno di altri drammi, delle matrioske di drammaticità.
Io faccio sempre l’esempio del bambino handicappato che vive in una casa col padre ubriacone manesco e la mamma prostituta eroinomane, che va in chiesa a cercare aiuto, finendo tra le grinfie di un prete pedofilo superdotato. Poi a un certo punto trova un cagnolino che rappresenta l’unico spiraglio di speranza nella sua vita, ci ripone tutti i suoi buoni sentimenti, ma subito il cane muore di una malattia degenerativa che lo fa soffrire come se non ci fosse un domani… eccetera…
L’esempio è ovviamente un’esagerazione, ma credo chiarisca il punto. Ci sono modi e modi di raccontare drammi, spingere forzatamente sull’empatia e sulla disperazione è, a mio modo di vedere, quello sbagliato.
L’altro esempio che porto sempre è che se in Italia decidono di fare un film su un bambino handicappato fanno quello che ti ho descritto prima, altrove fanno Forrest Gump.
Per me le matrioske funzionano solo con le esplosioni… quindi esplosioni, dentro altre esplosioni, dentro altre esplosioni, e così via all’infinito.
Un altro aspetto che ti faccio notare è che la tua bambina protagonista è tutta buona, non che non sia possibile, ma contribuisce a “far mangiare la foglia”, perché sembra fatta apposta per massimizzare l’effetto del suicidio finale.
Quindi, per tirare le somme, il mio giudizio è buono, il racconto funziona… il brano, per i motivi di cui sopra, non mi è piaciuto ma questo non lo rende affatto un brutto lavoro.

Ammazza, Marco, ti ho addirittura provocato odio viscerale? Gosh... non era mia intenzione! :cry:
Una cosa te la posso dire però: questo racconto non è stato assolutamente scritto con il presupposto "adesso faccio una storia d'autore", perché è quanto di più lontano dal mio modo di essere e di scrivere. La presunzione di chi parte migliore degli altri calando dall'alto il proprio genio (vero, presunto o mutuato) la lascio a chi ha tempo da perdere per farsi bello/a. Avrei voluto emozionare, quello sì, e non nego che con ogni probabilità mi è un po' scivolato il piede sul pedale, rendendo tutto magari un po' forzato. Se ci incontreremo di nuovo, spero di poterti far leggere qualcosa di tuo maggior gradimento! :)

@simoncarlo1:
CITAZIONE
Questo racconto è un vero pugno nello stomaco: stravolge, commuove, fa arrabbiare, sorprende. Il punto di vista scelto è originale, di certo non facile da gestire, ma Luca riesce nell’impresa con semplicità ed eleganza. Il dramma finale è raccontato con una naturalezza impressionante, le parole sono scelte con cura e mai banali. In sostanza si tratta di un racconto notevole, per stile e tema trattato.

Da un estremo all'altro: grazie mille, Simone! Come ho scritto a Marco (master_runta), forse ho un po' esagerato. La prossima volta, se mi verrà da cimentarmi con un argomento simile, proverò a moderarmi di più. :)
 
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kendalen
view post Posted on 16/2/2014, 19:30




@beppe roncari:
CITAZIONE
Il racconto è ben scritto ma mi ha lasciato molto perplesso per due elementi di contenuto: la protagonista down e il suicidio.

Ho conosciuto e sono stato amico di più di un ragazzo down e per la mia esperienza personale e per quel che ne so non sono affatto stupidi né incapaci di capire che cosa sia il pericolo e un incidente né, infine, inclini al suicidio. Con questo non intendo affermare che non siano intelligenti e sensibili, e quindi soggetti alla tentazione del suicidio come qualunque altro essere umano disperato.

Date queste premesse, non capisco minimamente perché la tua bella e dolce protagonista debba suicidarsi. O è “stupida” e quindi non si rende conto di quello che fa, ma questo non è in linea né con la sindrome di down in generale né con il suo piano elaborato e premeditato di non piangere per non far sì che il suo intento autodistruttivo venga intercettato e bloccato; o è “intelligente” e quindi capirà che suicidarsi non porta certo la tanto desiderata felicità che vorrebbe donare al papà e alla mamma.

Davanti a una protagonista down non dirò mai “poverina è scema, è ritardata” perché sarebbe segno di discriminazione, e ho troppa stima delle persone che ho conosciuto con questa sindrome per mettermi su un simile piano. Ma questo è proprio quello che fa il racconto cercando di insinuare un senso di pietà posticcia e colpevole nel lettore. Se anche fa così, però, rimane il problema che una protagonista di questo tipo non si suiciderebbe affatto se “non capisce”.

Quindi a parte l’abilità stilistica il mio giudizio sul racconto è negativo sui piani del gusto personale e della logica interna.

Di nuovo, non posso non ripetere che se uno scrittore non si fa capire, la colpa è solo sua e non del lettore. Ammesso, aggiungo, che quanto si voglia far capire trovi effettivo riscontro negli altri. Lo ammetto, non ho l'esperienza che hai tu o che ha Simolimo ed è quindi altamente probabile che abbia "mancato il bersaglio" e in generale peccato di superficialità. È poi ovvio che sui gusti altrui non si discute.
Una cosa però te la contesto con forza: dici che il racconto forza il lettore in una posizione di sfavore facendolo passare per uno che considera in modo inadeguato le persone affette dalla sindrome di Down. Ora, di sicuro non era la mia intenzione, ma nemmeno alla lontana, e chiederei agli altri lettori se anche loro hanno avuto questa impressione: se così è, ancora una volta è colpa mia (e, purtroppo, ci sta, ci sta). Ma se così non è, il sentirsi in questo modo non dipende dal racconto, bensì da chi lo legge. Non mi pare di aver inserito elementi nel racconto che facciano sentire colpevole il lettore: se sì, me li potresti/potreste segnalare? Si impara molto anche da queste cose...
A proposito di logica interna, poi... la mia sensazione è che ci sia un po' di confusione. Nel senso: ti affanni, giustamente, nel sottolineare che i down non sono stupidi (dove l'ho scritto nel racconto, che lo sono?) e che, pur non essendone inclini, hanno la sensibilità necessaria per essere "soggetti alla tentazione del suicidio come qualunque altro essere umano disperato"; subito dopo, però, fai una dicotomia tra "stupida" e "intelligente" che è un vero insulto ai (purtroppo) tanti ragazzi che si suicidano perché vittime di bullismo od oggetti di insulti e prese in giro (senza contare, in questo caso specifico come anche in altri, un senso di colpa che - quello sì - la mia protagonista non sa spiegarsi; è forse quello il problema?). E non importa che questi ragazzi siano "normali" o "speciali". In definitiva, ho la sensazione che manchi una logica interna anche nel tuo commento. E siccome, lo ripeto per l'ennesima volta, se un lettore non capisce la colpa è quasi sempre di chi scrive, magari non sei riuscito a esprimere correttamente il tuo pensiero. :)

Edited by kendalen - 16/2/2014, 22:34
 
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Mike009
view post Posted on 17/2/2014, 21:08




Un tema difficilissimo da trattare, io, ammetto, non saprei come affrontare l'argomento. L'autore invece si destreggia con una maestria alla quale non riesco a essere indifferente: il testo nella sua brevità riesce a coinvolgere il lettore e a trasmettergli i sentimenti della protagonista senza mai scadere nel melenso o nel buonismo. Tra i più belli che ho letto qui.
 
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kendalen
view post Posted on 17/2/2014, 21:49




@mike009: grazie per avermi commentato anche se non fai parte del girone e grazie per le tue parole! Come puoi vedere ci sono pareri discordanti: credo che ci stia, quando si trattano determinati argomenti. Lieto che ti sia piaciuto!

@ilma197:
CITAZIONE
Un racconto che affronta un tema difficile in maniera molto delicata. Mi sono piaciute le scene di lei che "vola", ben distribuite all'interno del testo, e il modo con cui in pochi tratti sei riuscito a descrivere magistralmente i personaggi e le dinamiche tra di loro. Certo, la trama è abbastanza prevedibile, si capisce presto come andrà a finire, ma ho trovato che il modo in cui è raccontato faccia perdonare la non particolare originalità dei contenuti.

E ovviamente grazie anche a te, sia per il commento sia per la posizione!
Prendo atto della prevedibilità, cercherò di fare più attenzione le prossime volte, anche se non so se avrebbe funzionato, rivelare il finale in modo meno prevedibile. Ci penso, comunque, grazie mille!
 
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Beppe Roncari
view post Posted on 17/2/2014, 22:57




@Kendalen

Mi spiace se il commento ti è sembrato incoerente.
Provo a riformulare sui due punti critici.
Se la tua storia parla di suicidio di conseguenza al bullismo perché un protagonista down? La malizia sarà nella mente di chi legge ma a me viene il dubbio che sia per suscitare pena nei suoi confronti. "Subisce maltrattamenti ed è anche down? Poverina."

Punto separato: la protagonista perché si suicida? Qual è la sua motivazione? O è intelligente e sensibile e sa che darà solo più dolore ai suoi genitori, oppure è stupida, ma allora non agirebbe in modo così furbo per non farsi beccare.

Tutto qua.
Ciao, a rileggerci! :-)
 
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kendalen
view post Posted on 18/2/2014, 00:01




CITAZIONE (Beppe Roncari @ 17/2/2014, 22:57) 
@Kendalen

Mi spiace se il commento ti è sembrato incoerente.
Provo a riformulare sui due punti critici.
Se la tua storia parla di suicidio di conseguenza al bullismo perché un protagonista down? La malizia sarà nella mente di chi legge ma a me viene il dubbio che sia per suscitare pena nei suoi confronti. "Subisce maltrattamenti ed è anche down? Poverina."

Punto separato: la protagonista perché si suicida? Qual è la sua motivazione? O è intelligente e sensibile e sa che darà solo più dolore ai suoi genitori, oppure è stupida, ma allora non agirebbe in modo così furbo per non farsi beccare.

Tutto qua.
Ciao, a rileggerci! :-)

Non subisce maltrattamenti ED è down, subisce maltrattamenti a maggior ragione PERCHÉ è down. Motivo per il quale il padre finisce per non farcela più, quindi lei si sente in colpa. Non voleva essere un di più strumentale, la sindrome.
E in quanto al sucidio, in parte è per il dolore e in parte per il senso di colpa nei confronti dei genitori. Credo che stupidità e intelligenza siano fattori che non hanno alcun ruolo fondamentale, di fronte a una disperazione che porta a un suicdio.
Mi sa che io e te, su questi argomenti almeno, siamo destinati a non trovare un punto d'incontro. Ci sta. :)
A rileggerci, sì! ;)
 
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L'Aguzzino
view post Posted on 18/2/2014, 00:21




Da nodo allo stomaco. Bravo.
 
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=swetty=
view post Posted on 18/2/2014, 06:32




master_runta mi ha rubato l'intero commento (gli chiederò i diritti). :)

È difficile scrivere questo tipo di storie in spazi brevi, perché un suicidio non ha un vero singolo fattore scatenante, soprattutto un suicidio per autosvalutazione come questo: è un vaso che si riempie goccia a goccia, e per riuscire a far arrivare il senso di stillicidio che riempie il vaso bisognerebbe dare una successione di scene, portare il lettore lentamente a immedesimarsi, e servirebbe un romanzo almeno. Qui sei costretto invece a dire troppo e perdiamo di immedesimazione, se non quella genericamente drammatica di cui parla master_runta.

Poi devo dire che questa famiglia è un po' tutta depressa senza speranza, sono troppo tragici: in fin dei conti lui si è rotto solo una gamba e non era neanche un calciatore, non capisco perché la madre debba piangere a dirotto. Pensavo che il padre fosse morto, il che avrebbe dato tutto un altro senso al suicidio finale, però non so, anche qui sarebbe stato necessario costruire un rapporto diverso col padre prima.

Insomma, c'è un motivo per cui certe tematiche sono considerate difficili. :)
 
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kendalen
view post Posted on 18/2/2014, 10:32




@swetty: in effetti, come ho detto anche in un'altra risposta, il padre che ha avuto un incidente ha cercato in realtà di farla finita (o la madre pensa che sia così). È chiaro che non ho esplicitato a dovere la cosa, my guilt. Sì, è vero, sono un po' tutti depressi senza speranza. L'altra sera non ero di ottimo umore, si vede, eh? :) Grazie comunque per il commento. :)

@agugusettete: grazie :)
 
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15 replies since 11/2/2014, 22:41   190 views
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