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Soli, di Roberto Bommarito

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Roberto Bommarito
view post Posted on 11/2/2014, 23:29




Soli



«Non voglio sentire». Elena si abbracciava le gambe, ginocchia contro il petto, come per difendersi dal mondo. O sottrarsi da esso. Dal mondo, o da me.
«Il tuo cazzo di muro sanguina sempre!» Le mie parole non mi appartenevano. Voglio dire: uscivano dalla mia bocca, okay, ma era la rabbia a parlare. Un fuoco in gola. «Di sera finisco per farmi le seghe da solo a letto mentre tu dormi. Ci diciamo a malapena ciao. Mi spieghi che diavolo di relazione è questa?»
«Se ti sei stancato, vattene, semplice». Non mi guardava. E, a essere onesto, le ero grato che non lo stesse facendo, perché altrimenti avrei taciuto come avevo fatto per tanto tempo, assecondandola, portando pazienza ancora un'altra sera, un'altra settimana, un altro mese, un altro anno. «Il muro è mio, non tuo. Se voglio farlo sanguinare sono cazzi miei».

Prima di Elena c'era stata Cristina.
Cristina e il cancro che si portava dietro ovunque, nel carrellino della spesa. Oggettivare il suo male le aveva salvato la vita.
Sarò onesto: a me non dava fastidio, anche se ci toccava spendere cinquanta euro a settimana per nutrirlo. Ma mi incuriosiva, quello sì. Forse era proprio la curiosità che suscitava in me a renderla attraente.
«Perché lo fai?» le domandai una volta. «Perché non lasci la tua malattia a casa, come fanno tutti?»
«Sei stronzo».
Mi scappò un mezzo sorriso. «Stronzo perché, scusa?»
«Per come me lo domandi».
«Lo sto facendo come tutti, no?»
«No: la gente di solito me lo domanda in modo diverso». E si tolse di mezzo. In ogni senso. Alzò il suo bel culo dal mio divano e sculettando uscì dalla mia vita, portandosi dietro il suo cancro, con le protuberanze affamate che pendevano dai bordi del carrello come le frange di una sciarpa imbevuta di sangue.
Il perché si offese lo capii solo anni dopo.

«La tua malattia è un tentativo di ottenere quello che vuoi» sbottai, mentre Elena continuava a guardare qua, là, ovunque. Poi si voltò a fissare finalmente me, solo un istante, il tempo necessario a scandire la frase : «E cosa credi che voglia?», trafiggendomi l'anima con quegli occhi arrossati, lucidi, con tutta l'agonia autoindotta che contenevano.
Due cosce che ti facevano dimenticare tutto. Ti facevano desiderare di averla, di sentirle stringerti forte come se avesse paura di perderti mentre ti muovevi dentro di lei, se non altro in quel momento, anche se per il resto del tempo invece ti sfuggiva. E anche quando non facevi l'amore ci passavi sopra la mano, sentendole calde, vive, sentendo le ferite fresche.
Elena si tagliava.

A volte le persone che oggettivano il loro male finiscono per identificarsi con esso, dicevano gli psicologi televisivi.
Grazie al cazzo, mi veniva da rispondere. Una pillolina magica per rimediare però non ce l'avete?

Ogni taglio si traduceva in una ferita sul muro.
Tagli che non diventavano mai cicatrici. Dopo poche ore sparivano. Le sue gambe tornavano lisce, immacolate, bugiarde.
Perché Cristina, la mia ex, si portava dietro il tumore, vi chiederete? La risposta? Perché aveva bisogno dell'empatia delle persone, mentre io le avevo dato solo qualche scopata alle quattro del pomeriggio e una domanda che non avrei mai dovuto farle perché la risposta avrei dovuto già conoscerla. Per questo se ne andò.
Perché Elena, invece, continuava a farsi male?
«E cosa credi che voglia?» ripeté.
«Che io smetta di farti sentire così sola» le risposi.
E lei tacque.
Potevo sentire il suo respiro, il mio, l'orologio da muro ticchettare indifferente a tutto.
Il suo sottrarsi a me, il suo tagliarsi, erano provocazioni, gridi di disperazione. Di aiuto.
Allungai una mano.
Lei sorrise.
Si alzò.
Mi diede le spalle.
Mi guardò dalla cucina, ancora sorridendo, mentre col coltello si tagliava la gola.

Federica guardò il muro, passando l'indice sopra il sangue incrostato. «A chi apparteneva?»
«A Elena».
«L'amavi così tanto da lasciarlo così?» La ferita alla gola non si era rimarginata in tempo. Sulla parete ne compariva solo un accenno.
«Sei sana?» le feci io.
Federica aggrottò la fronte: «Te l'ho già detto: sì. Che c'entra con la mia domanda?»
«Lo ero anch'io» le dissi, mostrandole poi il nuovo muro sanguinante della casa. Il mio. «Non voglio più sentirmi solo».
La sua risposta fu uno sguardo ebete.
La mia parete, anche quella notte, avrebbe continuato a sanguinare.
 
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view post Posted on 12/2/2014, 18:12
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Magister Abaci

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Un'altro corto fulminante del Bommarito. Da quando non li proponi più su Skan Magazine, mi sono mancati. Avrei dovuto passare da MC più spesso per rileggerne qualcun altro, ma è un'annetto che non mi faccio vedere.
In ogni caso, il racconto dimostra ancora una volta quanto tu sia bravo a indagare sui rapporti di coppia, a sviscerare i sentimenti del protagonista e di chi gli sta intorno, a curare i dettagli delle cose non dette e dei dialoghi, verosimili per quanto in un contesto spiazzante.
Infatti, nei tuoi racconti, c'è sempre qualche elemento che rende tutto insolito, che sfonda il muro (è proprio il caso di dirlo) della normalità, per mostrarci le cose attraverso i simboli, resi concreti, che li rappresentano. Qui compare un muro e un carrello della spesa, immagini reali di un intimo disagio.
Insomma, ancora una volta, il tema è stato affrontato in modo originale e intrigante, con una scrittura che si lascia leggere con piacere, ma che a tratti riesce a graffiare.
 
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Roberto Bommarito
view post Posted on 12/2/2014, 22:38




@TETRACTYS Grazie mille! Ricevere questi complimenti è davvero bello! Significa che qualcosa di buono sono riuscito a comunicarlo! :)
 
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simolimo
view post Posted on 13/2/2014, 17:58




Robi :)
ciao e ben ritrovato su MC! ...bischero, sei mancato la scorsa volta!
ma... veniamo al pezzo che adesso ti concio per le feste...
seh, mi piacerebbe... peccato che non abbia mai molto da dirti in senso negativo, anzi. beh, veniamo a noi:

- Elena si abbracciava le gambe, ginocchia contro il petto, come per difendersi dal mondo. > ecco, l'inciso in cui precisi... io, personalmente, lo leverei. basta la motivazione a capire come è messa Elena, e poi... a parte il rannicchiarsi hai mai visto un modo normale in cui una persona si abbraccia le gambe? a meno che non si parli di stretching, eh! ihih!

ora ti faccio io una domanda, relativa a questo:
«Sei stronzo».
Mi scappò un mezzo sorriso. «Stronzo perché, scusa?»

perché col punto metti l'interpunzione dopo i caporali e con gli altri segni la metti dentro? Robi... in ambito dialoghi ho così poche certezze... non annientarmele...

di sentirle stringerti forte come se avesse paura di perderti mentre ti muovevi dentro di lei, se non altro in quel momento, anche se per il resto del tempo invece ti sfuggiva. > bellissima

Potevo sentire il suo respiro, il mio, l'orologio da muro ticchettare indifferente a tutto.
Il suo sottrarsi a me, il suo tagliarsi, erano provocazioni, gridi di disperazione. Di aiuto.
Allungai una mano.
Lei sorrise.
Si alzò.
Mi diede le spalle.
Mi guardò dalla cucina, ancora sorridendo, mentre col coltello si tagliava la gola.
> ho pianto.

il racconto è spiazzante, a me è piaciuto fuori misura. è visionario, ma terribilmente reale. tratta argomenti molto forti, in un scivolar sotto gli occhi placido... intrigante. se fosse un puzzle sarebbe liscio come un quadro... non trovo nulla che non vada, nulla che non meriti riflessione, nulla che non faccia dire: "cazzo se scrivi bene"...
un'unica cosa... quando ha scoperto lui che il suo muro sanguinava? quando ha perso Elena? o dopo lei e prima dell'ultima che n'erano state altre? spieghi così tanto delle sue ex, ma di lui... non troppo.

complimenti Roberto, sei davvero sempre bravo. non aggiungo altro :)


ps. colgo l'occasione per farti nuovamente i più cari complimenti, te lo meriti: MERITIIIIIIIIIIIIIIII!
 
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Ceranu
view post Posted on 14/2/2014, 15:39




Lo leggo e lo rileggo, perché mi piace molto il tuo modo di scrivere, che però mi distrae. Crea una bella ambientazione, mi catapulta dentro il racconto, ma non mi permette di focalizzare tutto. In particolare non capisco il protagonista, per il quale in un primo momento provo compassione, ma che poi capisco essere una persona egoista. Lui non vive le malattie delle persone che gli sono affianco, è come se le studiasse e basta.
Secondo punto che non capisco:
Federica guardò il muro, passando l'indice sopra il sangue incrostato. «A chi apparteneva?»
«A Elena».
«L'amavi così tanto da lasciarlo così?» La ferita alla gola non si era rimarginata in tempo. Sulla parete ne compariva solo un accenno.
«Sei sana?» le feci io.
Federica aggrottò la fronte: «Te l'ho già detto: sì. Che c'entra con la mia domanda?»
la risposta la do io: no, che non sono sana, altrimenti scapperei urlando.
Ma è solo un racconto di fantasia, con i suoi passaggi surreali, quindi è bello.
 
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Roberto Bommarito
view post Posted on 14/2/2014, 20:01




@simolimo: grazie mille, sono lusingato! :) sì forse non parlo molto di lui, ma credo che si noti il suo passare dall'essere semplicemente curioso (cristina) al diventare come elena. grazie di nuovo (anche per il Premio Robot - sono ancora incredulo)! :)

@Ceranu: sì, infatti quello del protagonista è un cammino passa appunto dalla semplice curiosità (cristina) a diventare come elena, ma solo una volta che la perde. chissà, forse l'unico modo che ha di non perderla è diventare lui stesso come lei. :)
 
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kendalen
view post Posted on 15/2/2014, 17:51




E vabbè, quando arriva il turno del Colto Maltese si rischia sempre di essere scontati. A commentarlo, perché lui, a scrivere, scontato non lo è quasi mai, e anche questa volta di scontato c'è solo la qualità del racconto. Un uomo che (come molti) ha la tendenza ad attirare a sé solo donne disturbate finisce per esplicitare il suo, di disturbo: questo, in estrema sintesi, la trama del racconto - e di per sé forse non direbbe moltissimo, non fosse che ci metti come al solito del tuo, rendendo personaggi e ambientazione vivi (insomma, più o meno...) e reali, crudi come solo la vita alle volte sa essere. Una buona prova, che non arriva in testa, nella mia classifica, per un solo particolare.
 
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Sallow
view post Posted on 15/2/2014, 18:28




Ciao Roberto, piacere di leggerti.
Gran bel pezzo, complimenti. Ti dico, mi è piaciuto così tanto che non ho nulla da dire, o meglio, non mi sento di muovere nessuna critica a un dipinto sentimentale così carico di emozioni.
Il disincanto con cui il protagonista affronta le relazioni si scioglie assieme al sangue del suo muro. E noi lo guardiamo chiedendoci perché, ma, in fondo, non ci interessa saperlo, perché in quel male si cela una grottesca bellezza che ci attira, ci risucchia e, come fosse una droga, non si riesce a farne a meno.
Complimenti ancora.

A rileggerci

Sallow
 
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Roberto Bommarito
view post Posted on 15/2/2014, 19:48




Grazie molte Luca e grazie molte Sallow! :)
 
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=swetty=
view post Posted on 16/2/2014, 22:37




CITAZIONE (Roberto Bommarito @ 11/2/2014, 23:29) 
«Non voglio sentire». Elena si abbracciava le gambe, ginocchia contro il petto, come per difendersi dal mondo. O sottrarsi da esso. Dal mondo, o da me.

non serve

CITAZIONE (Roberto Bommarito @ 11/2/2014, 23:29) 
«Il tuo cazzo di muro sanguina sempre!» Le mie parole non mi appartenevano. Voglio dire: uscivano dalla mia bocca, okay, ma era la rabbia a parlare.

neanche questo, sappiamo che significa "le mie parole non mi appartengono"

Mi fermo qui, ma queste note didascaliche sono diffuse (e fastidiose).

CITAZIONE (Roberto Bommarito @ 11/2/2014, 23:29) 
«Il muro è mio, non tuo. Se voglio farlo sanguinare sono cazzi miei».
[...]
Cristina e il cancro che si portava dietro ovunque, nel carrellino della spesa. Oggettivare il suo male le aveva salvato la vita.
Sarò onesto: a me non dava fastidio, anche se ci toccava spendere cinquanta euro a settimana per nutrirlo. Ma mi incuriosiva, quello sì. Forse era proprio la curiosità che suscitava in me a renderla attraente.

Qui il mio problema è che sono tarda con le metafore. In che senso il "muro" sanguina? Nel senso che si ricopre di schizzi? Cristina si porta fisicamente il cancro dietro e bisogna fisicamente nutrirlo? Come fosse un animaletto? E come fanno le ferite di Elena a rimarginarsi? Visto che mi spieghi cosa significa "le mie parole non mi appartengono", mi aspetterei che anche le cose insolite venissero spiegate.

Per il resto non è malvagio e i rapporti sono ben descritti e realistici, per niente scontati. Solo fossero chiariti quei due o tre punti oscuri...
 
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yaranilde
view post Posted on 17/2/2014, 07:29




Bel pezzo. Crudo, a tratti fastidioso per come emerge il carattere del protagonista, che personalmente ho trovato odioso, come credo fosse la tua intenzione.
Mi piace il fatto che molte cose restino in sospeso, per dar modo al lettore di spaziare con la fantasia.
Complimenti!
 
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Roberto Bommarito
view post Posted on 17/2/2014, 15:29




Grazie =swetty= e grazie yaranilde! :)
 
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Mike009
view post Posted on 17/2/2014, 21:04




Una storia spiazzante e molto fuori dagli schemi, la cosa che ho apprezzato di più, oltre la scrittura, coinvolgente e ricercata senza essere pomposa è la caratterizzazione del protagonista. All'inizio sembra distaccato e indagatore ma alla fine si dimostra solo uno che pensa a se stesso che cerca gli altri per colmare unicamente la propria solitudine.
 
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Roberto Bommarito
view post Posted on 19/2/2014, 11:42




Grazie mille Mike009! :)
 
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L'Inquisitore
view post Posted on 19/2/2014, 22:09




Questo muro mi perseguita, è il primo racconto che ho letto, ma non sono riuscito a commentarlo e ho aspettato si sedimentasse. Sicuramente un'ottima prova, quest'oggettivazione del male è idea arguta, l'incapacità empatica del protagonista ben tratteggiata, la sua soluzione nel reiterare comportamenti altrui a scopo prettamente egoistico è la degna fine del tutto. Però mi sembrano mancare alcuni raccordi che potrebbero ammorbidire, qualche parola in più sul muro e la sua natura l'avrei gradita, tanto per dirne una...
 
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14 replies since 11/2/2014, 23:29   184 views
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