TETRACTYS |
|
| Un racconto amaro e disperato. Il dramma del protagonista viene presentato in un crescendo, con un io narrante che sfodera a tratti caustica ironia, e spara a zero su tutto e tutti. Nella sua solitudine, vegliato solo dalla propria malattia, dal fetore delle proprie sacche e dal gusto acre che ha in bocca, si apre uno spiraglio: una badante costretta a quel lavoro senza avere una particolare predisposizione (o forse così la vede il pessimismo del protagonista esasperato dalla sua condizione). Ma neppure quella vicinanza è di qualche conforto: nella totale disperazione, l'unico sollievo lo trova nell'omicidio, per non morire solo, per non morire... solo lui. Insomma, una storia che fa riflettere sulla solitudine, sul senso della sofferenza, sulla speranza che ormai si è esaurita, raccontata in modo serrato e con una conclusione che evita ogni intento liberatorio: imprigiona il lettore nel pessimismo esistenziale del protagonista.
|
| |