| «Soffre molto?», chiese Achab. Il capitano era sceso sottocoperta saltellando sui gradini con la gamba buona. Ismaele era nella sua amaca, privo di conoscenza da due giorni, che sudava e si lamentava. Starbuck, il primo ufficiale, si stupì della domanda. Achab non si era mai preoccupato per un semplice ramponiere prima di allora. «Non è cosciente. Gli rimangono poche ore di vita», rispose sconsolato. «Ho fatto bene a farlo isolare quando le prime piaghe sono comparse». La prudenza di Starbuck era ormai proverbiale tra i membri dell'equipaggio. «Si è capito di che si tratta?» Stubb, il secondo ufficiale, un uomo che nessuno aveva mai visto preoccupato in vita sua, si tolse l'inseparabile pipa dalla bocca e rispose: «Ho visto piaghe come quelle a Manila. Peste! Non può scamparla». «Bene, tenetemi informato», ordinò Achab. Poi urlò ai marinai sopracoperta che gli gettassero una cima, appoggiò al cappio il piede sano e si fece issare attraverso la botola. * * * Avvenne quello stesso pomeriggio. Deggu, il gigantesco negro, era di vedetta. I marinai sul ponte lo udirono gridare dalla coffa: «Soffia a babordo!» Tutti corsero al parapetto. Come un oscuro presagio di morte, sotto una coltre di nubi minacciose che si addensavano all'orizzonte, gli uomini videro uno sbuffo di vapore bianco. Il timoniere puntò verso quel punto lontano e, mano a mano che si avvicinava, divenne chiaro: era una balena bianca. «Moby Dick!» sentenziò Achab. «Vele al vento!» urlò. Subito i marinai corsero ai posti di manovra. L'inseguimento durò fino a sera. Il mare si ingrossava e caddero i primi fulmini sulla superficie del mare. Quando furono abbastanza vicini, fu chiaro che quel mostro, bianco come un cadavere in putrefazione, irto di ramponi, che sbuffava vapore fetido, era davvero fuggito dalle formaci infernali. S'inabissava e tornava a sfidarli. La bestia non era spaventata: aspettava i suoi inseguitori. Achab, fuori di sé, ordinò di preparare le lance e scese con alcuni uomini sottocoperta. Sulla prima lancia saltarono Starbuck, Tashtego il tamponiere, e i marinai addetti alla voga. Cominciarono a remare tra i flutti che sommergevano la barca, con l'indiano pronto a scagliare il suo rampone. Videro uno sbuffo a dritta e là puntarono. La bestia si trovava a poche decine di metri ormai quando s'immerse improvvisamente. In quell'istante Starbuck si accorse che Achab con la seconda lancia li aveva raggiunti. A bordo c'erano Flask, il terzo ufficiale, e il tatuato Quiqueg posizionato sulla prua e armato di rampone. A pochi metri di distanza, mentre attendevano che il mostro riaffiorasse, Flask gridò a Starbuck: «Una pazzia! E' una pazzia!» Il fragore della burrasca aveva coperto in parte quelle parole e l'ufficiale in seconda non capì a cosa si riferisse, finché non vide Ismaele a bordo steso tra le panche dei rematori. «Achab deve essere impazzito», pensò. «Voleva annegare quel disgraziato prima che morisse di peste?» Non fece in tempo a chiedere spiegazioni al capitano, che il mostro riemerse tra le due lance. I ramponieri scagliarono i loro arpioni che si conficcarono nella carni putride di Moby Dick, già irte di ferri appuntiti, ma non servì a nulla: la scialuppa di Starbuck fu travolta e gli occupanti caddero in mare. Achab impazzito, ordinò di inseguire la balena, mentre Quiqueg era pronto con lascia a tagliare la fune che li legava alla bestia. Non fu necessario. Moby Dick puntò verso di loro decisa. Quando fu a pochi decine di metri i marinai decisero di affrontare la burrasca, subito seguiti da Flask. Achab, invasato dal furore, agitava le braccia e urlava: «Vieni mostro dell'Inferno. Vieni! Ho per te un boccone prelibato, ancor più della mia gamba. Vieni...» Fu un attimo. La mandibola diella bestia calò sulla scialuppa spezzandola e Moby Dick s'immerse sparendo tra i flutti. Nessuno la rivide mai più.
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