— Me le dovevi mettere per forza? — L'arrestato alzò il polso, bloccato alla maniglia interna della portiera dalla manetta.
— Sta' zitto. — Strinsi fra indice e pollice la radice del naso. — Devo pensare.
— L'ho trovato lì. Era sul tavolo.
Alzai gli occhi sulla strada male illuminata dalla luce giallastra dei lampioni, i muscoli della mascella contratti. — Primo, stai zitto. — Mi girai verso l'arrestato: l'espressione di innocenza era ridicola, con quella barba ispida e gli occhi spiritati. — Secondo, ragiona. Se pensi, le cose sbagliate se ne vanno. Non succedono prima le conseguenze e poi le cause. Non rispondi, se prima non ti ho fatto la domanda.
L'arrestato aggrottò le sopracciglia. — Non mi avevi chiesto dove?...
La radio si animò, gracchiando: — Un accoltellamento al numero 20 di Via Tevere, il bar all'angolo.
Misi in moto. — Tanto con te in macchina non c'era modo di pensare.
* * *
Quasi mi saltarono addosso: anche se non ero in divisa, mi circondarono parlando tutti insieme appena messo piede nel bar: era seduto lì, quello è entrato, macellaio, sembrava pazzo, non aveva fatto niente, ha cercato di difendersi, non c'è stato tempo di.
— Silenzio!
La tregua non sarebbe durata più di due secondi.
Fissai quello che aveva urlato meno, prima: un ragazzo che sembrava pronto per il provino di un reality. — Cos'è successo?
Indicò un tavolino all'angolo. — Gigi, il macellaio, viene sempre a prendersi un aperitivo prima di cena. — Scandiva le parole come un attore di fiction. — Era seduto laggiù. Uno che abita qui vicino è entrato e lo ha accoltellato.
Feci un passo verso di lui. — Uno chi? Lavori qui. — Si capiva da come conosceva le abitudini del macellaio. — Sai chi era.
Abbassò la testa, si morse il labbro e si passò una mano fra i capelli.
— Forza, parla!
Una donna accanto a me strillò: — Gli ha mollato un pugno! Anche con il coltello in pancia, è riuscito a dargli...
— Non aveva fatto niente!
— Era seduto lì tranquillo!
Di nuovo a strillare tutti insieme.
Guardai il tavolino metallico che il ragazzo aveva indicato. Il coltellone appoggiato sopra forse gli serviva a casa, per questo se l'era portato dal negozio. Con quella pancia e quel barbone, aveva proprio l'aria del macellaio. Mi guardava con aria perplessa, come uno che è appena uscito dal bagno e non capisce perché tutti strillano.
Sospirai.
— Mi avete chiamato prima che succedesse.
Le mie parole furono coperte dagli strilli.
Guardai il tavolo. Il coltello. — Ha preso il coltello dal tavolo, certo. L'ha trovato lì.
* * *
Tolsi la manetta al sospettato.
— Grazie, agente. — Saltò giù dalla macchina sorridendo. — Lo prometto, non farò niente di male. Posso andare?
Scossi la testa. — Inutile dirti di ragionare, vero?
— Sì, sì. — Non mi stava ascoltando. — Lo farò, giuro.
— Inutile dirti che qualcuno ti ha dato un pugno perché lo hai accoltellato, ma causa ed effetto si sono invertiti? Che non voleva aggredirti ma solo difendersi dopo che lo avevi ferito? O che ti ho arrestato prima che pugnalassi quel poveraccio, ma che fra due minuti lo dovrò fare di nuovo? Non serve dirti che ragionare annulla queste mostruose inversioni di causa ed effetto.
Si voltò e si allontanò correndo verso il bar. Si girò solo un momento prima di entrare. — Farò il bravo, promesso!