| Il segreto
L'uomo accarezzava la pelle color avorio della stupenda creatura stesa nel letto. La luce della lampada disegnava strane ombre sui corpi. Il dito contornò il viso che si spostò con timidezza, fino al collo, seguendo la linea della clavicola e attraverso quella meravigliosa vallata posta tra i due seni. La sentiva vibrare, come una corda di chitarra pizzicata con maestria. Il loro respiro si fondeva, il suo desiderio premeva con insistenza contro i pantaloni. Continuò il suo viaggio. Appoggiò il viso sulla sua morbidezza, si dimenò sotto di lui, per un lungo eterno minuto. Sentiva il suo sudore, il suo profumo. Lo inebriava e lo impauriva. Era la sua prima volta. La loro prima volta. Non sapeva come sarebbe finita. Era uno sbaglio. La mamma non avrebbe approvato, ma, quando l'aveva vista sola e abbagliante alla luce del lampione non aveva saputo resistere. I vestiti gettati in un angolo, quattro stracci che mal celavano la sua bellezza, e i suoi occhi non si erano mai posati su niente di più meraviglioso. Sfiorò il velluto tra le gambe, un verso basso e gutturale sembrò rimbombare per la stanza. Si erse come un delfino dall'acqua, o forse uno squalo e allentò la presa sulle cosce osservando le lacrime che iniziavano a scendere. “Scusa”sussurrò “non voglio farti male”. Stava mentendo. Ma quelle erano le parole giuste, o così credeva. I segni rossastri lasciati dalle dita sbiadirono in fretta. Si sdraio accanto a lei, il letto era umido, ridacchiò solleticato dai capelli. “Forse dovrei toglierti il bavaglio? Ma urleresti”. La ragazza scosse energicamente la testa. Il trucco sbavato gli creava un buffo effetto stile “panda”. “Bugiarda” Sussurrò con un finto, dolce sorriso. “Siete tutte bugiarde. La mamma lo dice sempre, ma questo resterà il nostro piccolo segreto”. La lama lampeggiò. La giovane cercò di liberare le braccia dalle corde che la serravano al letto. I solchi rosati sui polsi divennero purpurei ma lei incurante del dolore continuava ad agitarsi. Le pupille si dilatarono fino a cancellare il bruno delle iridi, tentò di urlare per l'ennesima volta quasi soffocandosi col tessuto umido di saliva. L'uomo si spostò, leggermente impaurito. “Non fare così. Non lo dirò a nessuno anzi non lo diremo a nessuno.”
Andrea si svegliò in un letto sconosciuto. Il cellulare l'aveva svegliato dai suoi sogni. La scritta “MAMMA” lampeggiava insistentemente. “Dove sei? Lo sai che ore sono?domani devi andare a lavorare, i tuoi alunni già non ti rispettano, vuoi presentati con le occhiaie?” tuonò la voce stridula. “Scusa” balbettò Andrea “torno subito a casa”. Chiuse la conversazione sapendo bene che gli costerà una bella strigliata. “Devo andare” sussurrò. Accarezzò la pelle fredda, del corpo accanto al suo, era ancora stupenda, lo sarebbe stato per sempre.
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