| Luca mi saluta. E mi saluta Mario, mi stringe la mano, e mentre lo fa mi accorgo che in tutti questi anni i nostri contatti fisici sono stati limitatissimi. Che sia la prima volta che ci tocchiamo? Se non la prima, una delle poche - non che questo rappresenti un mio desiderio frustrato. Intanto anche Luca si fa avanti; credo che voglia imitare il gesto di Mario, più che altro. Aspettate, ragazzi, non ho salutato Laura. In verità l'avevo già salutata, ma voglio fare ancora un giro. Respiro l'aria stantia piena di pulviscolo che ho maledetto per trentotto anni; tocco la offset impolverata. Conosco il suo corpo meglio di quello della mia donna. Questa cosa fa ridere. E ora che ci penso fa ridere anche di più che io abbia stampato libri per tutta la vita e non abbia letto altro che quotidiani (stampati da altri). Ma tant'è. Che fai ancora qui, Vittorio? Vittorio sono io. Niente. E allora smamma, ma sei matto? Va', va' che te la godi, ora. Eh, sì, me la godo. Giorgio mi dà un pugno sulla spalla e mi sorride. Non siamo mai andati d'accordo, e lui lo sa benissimo come mi sento. Tra un paio d'anni tocca a lui. Allora ci vediamo, faccio. Spero di no, se ti vedo ancora qui attorno, giuro che facciamo a cambio. E ti tocca tornare. Ah, no, eh? dico. Va', levati dalle palle. Me ne vado. Torno a casa da Sabrina. Che fai al buio? Niente. Mi siedo. E allora è finita? Finita; sospiro, sorrido. Bello. Ora sei tutto mio. Ci guardiamo. Lei è in pensione già da cinque anni. Ora siamo pari. Allora che faccio, lo porto io il cane, adesso? Ma sì, portalo tu. Scendo con il cane, facciamo il giro dell'isolato, incontro il Rezzoli. Saluto. Saluta. Brav'uomo il Rezzoli, saluta sempre. Il cane caga sul viale, e io raccolgo la fatta con un sacchetto della Conad. Poi torno su. Che si fa? Si mangia? Ma sono le sei e mezza, Vittorio. E va be', ho fame. E allora mangiamo, dammi una mano, su. Non parliamo granché a cena. Non parliamo poi tanto Sabrina e io. Ci conosciamo da tanto che non abbiamo più niente da dirci; conserviamo le parole per quando vengono i ragazzi. Accendo la televisione e guardiamo il telegiornale, poi a metà Sabrina comincia a sbuffare guardando la parete sopra il telefono e allora metto il telequiz che le piace. Tiriamo a indovinare e lei qualcuna l'azzecca, io no. La mattina dopo per prima cosa mi metto seduto sulla sponda del letto. Non ho dormito niente. Guardo Sabrina che si stropiccia gli occhi e le faccio: Senti Sabrina. Eh. Mi sa che ho pensato a una cosa. Sentiamo. Ma secondo te mi riprendono in tipografia? Ma Vittorio! No, dico davvero. Sei in pensione. Sì, ma magari hanno bisogno. Magari non hanno osato chiedermelo. Non possono mica assumerti. Ma intendo gratis. Sabrina scuote la testa. Porta giù il cane, Vittorio, poi facciamo colazione e vedrai che qualcosa da fare te la troviamo.
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