| Stiamo ritornando in polvere. Me lo dicono le bocche sdentate, le gengive ritirate, i piedi secchi color di fumo che appaiono e scompaiono sotto gli orli delle tuniche ormai troppo grandi. Non la sento vibrare sotto di noi da giorni e giorni, ormai. «Qui» dico, indicando un punto nel mare di polvere. La carovana si arresta in silenzio dietro di me. Se facesse rumore sarebbe di legni secchi, di ossa che sbattono contro ossa. Bilal guarda la distesa arsa dal sole davanti a noi, gli occhi sono due braci sepolte sotto grinze di pelle scura. Non è più neppure la metà del capo che era. «Helmi, liberagli i polsi». «Sì, Mio Signore». Il ragazzino allunga le mani per sciogliere i nodi che mi impediscono di muovere le braccia e mi sembra una mantide religiosa che tribola sulla sua vittima. «Jaffar, attento a quello che fai» mi ammonisce Bilal, «non possiamo permetterci di faticare per niente». «Datemi il mio bastone» rispondo. La cosa strana è che quando se n'è andata si è portata via anche i colori, il rumore, il rosa vivo delle pelli pulsanti. Fu allora che noi rabdomanti diventammo più preziosi dei diamanti. Stringo la forchetta per le due estremità più lunghe, lasciando che la terza punti verso la terra. «Ecco, vedete? È proprio qui». La bacchetta vibra, piegata verso il basso da una forza invisibile. Vogliono che trovi il punto preciso in un mare di polvere, mi tengono in vita solo per questo. Bilal grida «Acqua!» e in un attimo un esercito di braccia secche si precipita a scavare.
Sul far della sera mi siedo sull'orlo del fosso. Sarà profondo dieci o undici metri, ormai, ma gli uomini continuano a cercare. Mi guardo le mani callose e ci trovo i graffi freschi della nuova divinazione. Helmi mi dà un pezzo di carne secca da masticare: è la ricompensa di Bilal per aver svolto il mio compito. «Dove vuoi che scappi?» dico al ragazzo quando cerca di legarmi di nuovo. Bilal gli fa un cenno con il capo perché mi lasci le mani libere. Da giorni non la sento più vibrare sotto di noi, quindi lo so che è finita. Ma l'olio nero, di quello ce n'è ancora e tra poco ci inonderà la vesti, spazzerà per sempre via la polvere dai nostri corpi stanchi. «Hai detto venti metri, Jaffar? Sei sicuro?» mi chiede Bilal. «Molti di più Mio Signore, ma abbia fede» gli rispondo. Poi mi porto la mano alla tasca per assicurarmi che il fiammifero sia ancora al suo posto.
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