Nero Cafè Forum

Vita, di Diego Ducoli

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Geppetto
view post Posted on 29/7/2014, 22:27




Il sole filtrava dalle persiane illuminando la grande camera da letto.
Giobbe fissava il soffitto. Aspettava.
Il corpo emaciato s'intravedeva a malapena sotto le pesanti coperte.
Allungò una mano cercando d'afferrare uno strale di luce, con l'unico effetto di rendere evidenti le macchie brune e le dita scheletriche.
Era in prigione. Una prigione di carne e sangue, in attesa che un giudice dichiarasse la sentenza.
La porta si spalancò, l'odore di canfora venne spazzato via da una ventata d'aria fresca.
“Ciao nonno” esclamò il ragazzo.
Giobbe sorrise, Marcello era l'unico che non aveva disgusto di quel corpo macilento.
La madre, sua figlia, veniva solo per dargli da mangiare o cambiargli il pannolone, non riusciva a sopportare quello che era diventato suo padre.
“Hai lasciato i denti sul comodino”
Con una mano afferrò le due protesi e muovendole scimmiottava quella che una volta era la sua voce.
“Lavati le mani, e stai composto mentre mangi”
Il vecchio sorrise ancora, una delle poche cose che gli riusciva.
Marcello si sedette a bordo letto facendo cigolare la molle.
“Quando ero piccolo mi raccontavi sempre una storia, oggi è il mio turno.”
Il tono frivolo venne sostituito da uno più serio e morbido.
“Tanti anni fa un uomo arrivo in città, senza un soldo, ma con tanta buona volontà....”
Il giovane narrava e il vecchio ricordava.
Il dopoguerra, il piccolo negozio di scarpe, un matrimonio felice finito troppo presto.
La sua vita usciva dalla voce del nipote carica di dolcezza e malinconia.
Il giovane sembrava un fiume in piena.

Un estate l'uomo era al mare, il nipote incurante degli avvisi si arrampicò sugli scogli per vedere i cavalloni che s'infrangevano. Il cielo grigio si stava aprendo, la tempesta era passata lasciando sugli scogli un carico di alghe. Il ragazzino scivolò proprio su quelle picchiando il sedere e ruzzolando verso i flutti. Una mano callosa lo afferrò e lo strattonò bruscamente.
“Cosa ti avevo detto?!” urlò l'uomo tirando un pesante ceffone al bimbo.
L'uomo lo portò a riva incurante dei singhiozzi e delle proteste.
“Vai da tua madre e non ci provare più!” l'uomo cadde a terra aspettando che il cuore rallentasse la sua corsa e che il bimbo fosse abbastanza lontano da non vedere le sue lacrime.

La storia continuò. Il tempo si dilatava, Giobbe sentiva le parole sempre più fioche, leggere, veniva trascinato via dal mare dei ricordi, solo la mano che stringeva la sua lo teneva ancorato al mondo.
Aprì gli occhi, specchiandosi nell'azzurro, il suo colore, il loro colore.
Marcello, si schiarì la voce, cercando di riprendere la narrazione, ma le parole si strozzarono.
Giobbe non si vergognava più delle sue lacrime, ne il nipote delle sue.
Si vedeva riflesso in quelle iridi come in uno specchio.
Lui era la sua eredità, il suo lascito al mondo.
Ricordò la gioia quando la figlia gli disse “ti somiglia”e le manine paffute gli stringevano il grosso dito.
Il respiro si fece lieve, lento,effimero.
Un ultimo sospiro “Grazie”.
 
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Ceranu
view post Posted on 30/7/2014, 22:57




Ciao Diego, ben trovato.
Bella prova. Anche se manca la punteggiatura nei dialoghi, ma stavolta ci sono gli spazi. Buono il ritmo, emozionante la storia. Hai reso benissimo i sentimenti dei due protagonisti. Se devo cercare un cavillo è la semplicità della scelta. Nonno nipote è uno dei più alla “moda”. Ma ciò non toglie nulla alla prova di spessore. Complimenti anche a te. Bravo.
 
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Callagan
view post Posted on 31/7/2014, 13:57




Ciao, Diego.
A mio parere il tuo racconto raggiunge quell'obbiettivo che, credo, tu eri andato a prefissarti. Con lo scorrere della narrazione avviene l'armonioso, doloroso e bello tanto quanto naturale passaggio di consegne: come il rinnovarsi della vita.
Buona anche la realizzazione, mi è piaciuto come l'hai scritto. Unica perplessità riguarda lo stacco tra presente e flash back. Spiego nel modo più semplice possibile:
Concludi il primo paragrafo con Marcello che prende il posto del nonno nel raccontare i suoi ricordi. Il suggerimento logico è dunque che il successivo flashback derivi da quel racconto. Ma così non è.
Palesemente, il flashback avviene esclusivamente nella testa di Giobbe.
Diciamo che "inganni il lettore". Ma puoi rendere meno traumatico questo distacco logico con un piccolo accorgimento. ;)
Ho notato alcune sviste nel finale:
CITAZIONE
Marcello, si schiarì la voce, cercando di riprendere la narrazione, ma le parole si strozzarono.
Giobbe non si vergognava più delle sue lacrime, ne il nipote delle sue.

La virgola non si mette mai tra soggetto e verbo. Mentre il né va accentato.
CITAZIONE
lento,effimero

Qui invece ti è semplicemente saltato uno spazio. ;)

Comunque un buon lavoro, bravo. :)
 
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Geppetto
view post Posted on 4/8/2014, 13:56




Grazie ad entrambi del commento e dei consigli.
Lo stacco del flashback è voluto. Volevo far intendere che mentre raccontava Giobbe riviveva, a suo modo, la storia. Comunque hai ragione si può addolcire facilmente quello stacco.
 
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Beppe Roncari
view post Posted on 5/8/2014, 22:55




Ciao Diego, benritrovato.
Senza citarlo, tu affronti però il tema. L’inverno che sta arrivando per il nonno è la morte, non c’è bisogno di dirlo per capirlo.
Tuttavia il testo manca di qualcosa, anche nel tuo caso mi pare che sia una scena inframmezzata da un piccolo racconto ma senza trama, senza svolgimento e senza capovolgimento finale. Sorry. Tuttavia, per l’aderenza al tema, scali posizioni in classifica.
Refusi: “Un estate” con l’apostrofo: “Un’estate”. “ne” senza accento “né il nipote delle sue”.
 
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L'Inquisitore
view post Posted on 9/8/2014, 16:09




Un racconto ben scritto, empatico. Manca contrasto, quello è vero, manca anche una storia articolata, ma si parla di una vita che si sta spegnendo, di un passaggio di generazioni, probabilmente per l'autore è anche un racconto personale, non si può che apprezzarlo. Il tema non è richiamato direttamente, ma se l'inverno è inteso come la fine di un percorso allora lo posso accettare.
 
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5 replies since 29/7/2014, 22:27   76 views
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