| “Dai, facciamolo di nuovo!” Lo sguardo voglioso della ragazza non lasciava dubbi su suoi desideri. Lucifero ebbe la tentazione (la parola gli strappò un sorriso) di tornare a letto da lei. Ma era tardi e, se avesse perso a centinaia di anime per una scopata, non se lo sarebbe mai perdonato (sorrise di nuovo). La ragazza mise il broncio: “Dal Signore del Peccato, mi sarei aspettata di più!” “Se avessi tempo, ti farei sentire le Campane del Paradiso.” Quanto gli piaceva abusare del vocabolario del nemico. “Ma quando hai un’attività tua, devi dare tutto, perché frutti.” Lanciò un ultimo sguardo allo specchio: vestito di Armani e scarpe Prada. Molto meglio dell’aspetto da serpente dei tempi antichi.
“Capo, sta andando tutto a rotoli!” Lucifero raggiunse il centro della sala e diede uno sguardo ai grappoli di monitor davanti ai broker. “Non posso lasciarvi un minuto, che mi fate fallire?” L’andamento dei Titoli Infernali, nella borsa delle anime, era pessimo. Rischiava un collasso finanziario. Altro che Armageddon! “C’è lo zampino del Buon Dio” disse un sottoposto. Lucifero ritrovò il buonumore: lo zampino, riferito a Dio, non era male. “Probabile. Immettete sul mercato La Superpotenza Sessuale per gli uomini e la Forma Fisica Perfetta per le donne. Vedrete che sfonderemo il tetto, in positivo.”
“E per aver trovato la soluzione alla crisi economica, grazie alla privatizzazione delle anime e alla loro quotazione in borsa, proclamiamo il diavolo, Cavaliere del Lavoro.” Il Presidente della Repubblica annuì solennemente. Lucifero gli strinse la mano e afferrò l’onorificenza. Il Capo di Stato sussurrò: “Spero voglia darci l’onore di pranzare con noi.” Lucifero sentì un groppo alla gola: sapeva quant’era bravo il cuoco presidenziale ed erano mesi che si nutriva di schifezze preconfezionate, ma, se non fosse tornato in tempo, il Bianco Avversario avrebbe approfittato dell’assenza per fargli perdere milioni di anime: “Mi dispiace devo andare.” Per un attimo, pensò di usare le antiche ali per arrivare più in fretta, ma avrebbe violato il patto fatto con Dio (non riuscì nemmeno ad accennare un sorriso, questa volta) e avrebbe perso la Sfida Finale.
Sedeva su una spiaggia, sotto un cielo plumbeo. Le onde ruggivano e schiumavano. Stava perdendo i capelli, piangeva in continuazione e desiderava solo dormire. Notò un movimento: un ragazzino aveva scavato una buca e faceva avanti e indietro dal mare con un secchio. “Ehi, tu, dì al tuo capo che le citazioni dell’aneddotica cristiana non m’impressionano.” Il bimbo sorrise: “Come mai non sei in ufficio?” “La borsa delle anime è stata chiusa in anticipo, per eccesso di ribasso.” Il bambino annuì e tornò a riempire il secchio. “La vuoi smettere? Lo so che non si può far entrare tutta l’acqua del mare dentro una buca.” Il bambino si accigliò: “Non sono mica stupido. E, comunque, nel buco non c’è acqua, ma ottimo vino.” In mano al bambino comparve un bicchiere. Si chinò, lo riempì e lo porse a Lucifero. “Bevi. Hai lavorato tanto da scordarti chi sei.” Era un vino straordinario e, bevendolo, Lucifero ricordò perché si era ribellato a Dio. E non era certo per lavorare diciotto ore e tornare a casa stanco morto. “Mi hai ricordato cos’è il piacere.” “Imprimilo nella memoria” disse il bambino, “perché l’Apocalisse è finita e hai perso. Passerai il resto dell’Eternità a dirigere il carcere di sicurezza più terribile mai concepito.” Mentre Lucifero lasciava cadere la bocca in un’espressione inebetita, il bambino scomparve lentamente, ma la sua risata continuò a riecheggiare sulla spiaggia. Una risata terrificante che non avrebbe saputo come definire, se non diabolica…
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