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PROSPETTIVE, di Serena Aronica

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Serena Aronica
view post Posted on 25/11/2014, 00:16




Jackie amava l'inverno, il mare torbido e burrascoso e quella dannata isola. Stava ore seduto sulla sabbia fradicia a fissare la bruma che il mare esalava e che avvolgeva quel sasso spigoloso e spelacchiato. Jackie era matto come un cavallo ma era un povero diavolo. Suo padre era stato il pescatore più sfortunato che il villaggio avesse mai avuto. Lo chiamavamo Donnie “Sardina”, perché dal mare tirava su solo quello; almeno fin quando una tempesta improvvisa non lo sputò contro il fianco roccioso dell'isola. Donnie... le sardine avranno mangiato i suoi resti. La madre di Jackie, che era già debole di testa, quando seppe della tragedia corse fino al mare e si gettò nelle acque tumultuose. Chissà quella povera testa che cosa gli aveva detto. Il mare la rese dopo due giorni gonfia e pallida come una medusa gelatinosa. No, non fu un bello spettacolo.
Jackie era un ragazzo di dodici anni allora ed in un certo senso il tempo per lui smise di scorrere da quel giorno. La sua bussola puntava sempre in una sola direzione.
L'isola.
La guardava come se sapesse che laggiù c'era qualcosa che fingeva di non esserci.
Quando rincasavo la sera verso l'imbrunire, sovente mi capitava di vederlo. Non lo dicevo a nessuno ma, ne avevo paura. Quasi mi aspettavo di vedere scivolare fuori dalla nebbia salmastra la spettrale barchetta del padre e la notte il mio sonno si faceva inquieto quando rincasavo dopo averlo incontrato.
E poi scomparve.
All'inizio non ce ne accorgemmo. Tanto eravamo abituati di saperlo seduto lì, che quasi ci pareva di scorgere la sua ombra nella luce spettrale della sera. Per un paio di giorni lo cercammo. Il vento soffiava salato e potente e alzava onde monumentali che si schiantavano contro l'isola. Ero certo che Jackie avesse finito per cedere alla stessa follia materna e si fosse gettato nel mare furioso, e che l'isola lo avesse schernito vedendolo annegare nella triste impresa.
Lo sognai per molte notti. Lo sognai sull'isola.
Costeggiavo la stessa strada tutti i giorni e sempre, il mio sguardo correva giù, fino alla spiaggia scura e solitaria. Jackie non aveva più fatto ritorno e gli anni si ammucchiavano come i gusci vuoti delle conchiglie sul bagnasciuga.
Era svanito eppure avevo la netta sensazione che non si fosse allontanato poi molto, ma che avesse solo cambiato prospettiva.
Senza dire nulla a quella sospettosa di mia moglie, nè a nessun'altro, presi l'abitudine di portare con me un binocolo. Quando la sera tornavo verso casa, mi fermavo una manciata di minuti nel luogo da dove vedevo il corpo esile di Jackie seduto. Tiravo fuori il binocolo e nella luce rossastra della sera imminente lo puntavo verso l'isola. Era strano, ma anche quando l'aria era limpida, l'isola sembrava essere sempre avvolta da una malsana nebbia untuosa.
Si celava al mio sguardo, come a voler pudicamente o sinistramente, rifiutarmi i suoi misteri.
E come tutte le storie avvolte dal denso fumo del misterioso, mi ci appassionai.
L'intero villagio finì col chiamarmi Orson “Occhio lungo”, per via del binocolo, ma a me stava bene così, era mia moglie che proprio non riusciva a farsene una ragione.
Passavo molte ore a scrutare i contorni dell'isola alla ricerca di qualcosa o qualcuno. Passavo ore a chiedermi cosa vedesse Jackie.
Puntai il binocolo verso l'isola per sedici anni e qualche giorno, prima di vedere.
I bordi del cielo erano lividi e scuri, i fulmini cadevano lesti nel mare schiumoso. Il bavero della giacca a vento mi sbatteva sul collo ed avevo le mani gelate, tuttavia, osservavo.
E lo vidi.
Vidi proprio lui, Jackie. Stava seduto su un sasso e fissava serio verso di me. Mi scollai il binocolo dagli occhi e me li stropicciai con vigore. Di nuovo. Vidi solo il sasso.
Quella notte andai a dormire con dentro il cuore un misto di emozioni e forse furono quelle a dar vita ai miei strani sogni.
Nel limbo onirico sognai lui, Jackie. I capelli spettinati dal vento e il viso asciugato dal sale. Eravamo sull'isola.
Guardavamo il tramonto su una mare calmo. Una piccola barca veleggiava serena con a bordo due figure che salutavano gioiose.
Guardai Jackie e compresi. Aveva osservato la sua vita dalla sponda sbagliata.
E voi? Da quale sponda state osservando?
 
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Ceranu
view post Posted on 26/11/2014, 14:49




Ciao Serena, piacere di conoscerti e benvenuta.
Partiamo dal presupposto che ho apprezzato i toni del racconto. Malinconico e antico, al punto di ricordarmi “l'antologia di Spoon River”. Ma, perché c'è sempre un ma, ho avuto alcune difficoltà nella lettura. Ho trovato molti periodi lunghi e pesanti. Tornando al pilastro letterario che mi hai ricordato, mi rendo conto che quel tipo di lettura è limitato a quel periodo storico, per i giorni d'oggi trovo troppo lenta la narrazione, ma questo è un mio gusto. La trama è interessante, eppure io alla fine non ho inteso a pieno cosa volessi dire con l'ultima frase. Bella, d'atmosfera, ma per me troppo criptica.
Ciao, spero di rileggerti presto.
 
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Serena Aronica
view post Posted on 26/11/2014, 15:10




Ciao Ceranu! Il piacere è mio! Ti ringrazio molto per l'accostamento. Sono consapevole di scegliere un tipo di linguaggio che per alcuni può addirittura sembrare vetusto ma, adoro le atmosfere polverose! E' vero, talvolta mi dilungo, ma in questo genere di storie credo che sia accettabile. Il finale... semplicemente che spesso guardiamo le nostre vite ed i suoi drammi dal punto di osservazione errato. Rimanendo in una posizione di stallo che ci rende affamati di vendetta verso cosa? Il destino? Dio?

Grazie per la tua analisi... ogni consiglio è un piccolo dono prezioso.
 
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Ceranu
view post Posted on 26/11/2014, 22:08




Ciao Serena, ho visto il commento che hai postato a Raffaele. Ricordati che per non avere il malus i commenti hanno un limite minimo di battute. Non so nemmeno se l'hai raggiunto, ma facci attenzione.
Ciao
 
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Serena Aronica
view post Posted on 26/11/2014, 22:17




Ops... credevo che valesse come regola solo per i commenti di accompagno alla classifica stilata... ti ringrazio per avermelo fatto notare.
 
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Ceranu
view post Posted on 26/11/2014, 22:19




Hai ragione, ma normalmente sono gli stessi. Se tu vuoi fare il doppio lavoro sei libera di farlo. ;)
 
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ilma197
view post Posted on 26/11/2014, 22:42




Molto bella l'atmosfera e la tensione narrativa che si crea durante il racconto, purtroppo ho trovato il finale non all'altezza (di aspettative comunque alte). Inoltre, mi è rimasto il dubbio di quanto ci sia da prendere alla lettera e quanto sia del tutto simbolico. Rivede davvero Jackie? Se sì, come il ragazzino di dodici anni che conosceva, o come l'uomo di trenta che intanto è diventato? E nel secondo caso, davvero riesce a riconoscerlo con tanta prontezza? Qua e là ho trovato qualche frase poco scorrevole, in generale mi è sembrato che fosse da risistemare un po' la punteggiatura, ma niente di grave.
 
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Serena Aronica
view post Posted on 26/11/2014, 23:00




Ciao Ilma! Sono lieta di essere riuscita a creare in te delle aspettative... per me è un grande complimento. Ciò che vede o crede di vedere lo lascio al lettore... tu cosa vuoi vederci? Magari Orson sceglie di vedere la fine della storia di Jackie da una prospettiva che riesca a farlo dormire bene la notte...

Ciao e grazie mille!
 
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Callagan
view post Posted on 27/11/2014, 16:39




Ciao, Serena. Ben approdata su questi lidi. :)

CITAZIONE
Quando rincasavo la sera verso l'imbrunire, sovente mi capitava di vederlo. Non lo dicevo a nessuno ma, ne avevo paura.

Allora qui c'è un cambio repentino di soggetto che destabilizza. La voce narrante passa, all'improvviso, dal parlare di Jackie a parlare di sé, per poi tornare a parlare di Jackie poco dopo. O queste intrusioni della voce narrante le dissemini per tutto il racconto, fin dall'inizio, oppure le elimini completamente. Perché è come se la voce narrante si fosse tramutata in un personaggio della storia all'improvviso e inaspettatamente nel bel mezzo della narrazione... e non dovrebbe. Spero di essermi spiegato. >.<

Inoltre, a un certo punto Jackie smette di essere il protagonista, lasciando questo ruolo al narratore. Ecco, io dividerei nettamente queste due fasi del racconto.


CITAZIONE
E voi? Da quale sponda state osservando?

Quest'ultima riga è da eliminare perché il messaggio è implicito nella tua conclusione. Queste due domande è come se, con la loro freddezza, infrangessero l'atmosfera nebbiosa e onirica che hai creato.

Allora il tipico suggerimento che si dà a uno scrittore, specialmente se alle prime armi, è: "show don't tell". Tu, in questo caso, hai optato per il raccontato ma lo hai fatto nella giusta maniera che, dal mio punto di vista, non stona in un racconto tanto breve (diverso sarebbe stato per un racconto a più ampio respiro, che sarebbe invece stato troppo pesante). Farlo nella giusta maniera significa che la voce narrante non è fredda, distaccata, ma coinvolta e coinvolgente: in definitiva, è come se il narratore fosse di fronte a te, davanti a un falò, intento a parlare.
Ma se da un lato riesci a creare una bella atmosfera, dall'altro il racconto non è sempre di facile lettura e si va avanti con la storia lentamente. Comunque i buoni spunti ci sono. Anche se per la prossima volta ti suggerirei di "mostrarci" qualcosina di più, con più azione e movimento e con i dialoghi! :P
 
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L.Filippo
view post Posted on 27/11/2014, 18:34




Ciao Serena,
come dire: il tuo racconto ha grandi potenzialità che secondo me non sono state espresse appieno. Il tono onirico, fiabesco e brumoso è ben reso, ma la ricca aggettivazione e i periodi troppo lunghi e a volte non ottimamenti gestiti creano un muro che non mi ha fatto immergere nella storia come avrei voluto e anche il finale mi ha lasciato perlpesso.
Poi c'è un repentino cambio di soggetto molto destabilizzante e in generale si ha l'impressione che sai gestire l'atmosfera, ma sotto sotto qualcosa scricchiola e ci sarebbe bisogno di avere la mano un po' più salda soprattutto in certi passaggi da un soggetto all'altro.

Ti faccio i miei complimenti per l'ambientazione e il fascino che hai creato, ma un po' ti bacchetto per la struttura traballante della vicenda. Nulla di che, siamo qui per migliorare, ciaooo!
 
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Angelo Frascella
view post Posted on 27/11/2014, 23:22




Ciao Serena e benvenuta.

Devo dire che ho apprezzato molto il tuo stile arioso, con periodi lunghi in cui però non si perde mai la bussola, perché le frasi non si avvolgono su sé stesse. In questo modo, il narratore prende per mano il lettore e lo porta ad appassionarsi e incuriosirsi per la vicenda di Jackie, che nonostante le tragedie che ne hanno segnato la vita, non risulta mai melensa. L’unica cosa che mi è dispiaciuta è che arrivato al finale, il racconto finisce col somigliare più a un apologo morale (quasi una parabola) mentre era partito come una storia realistica e questo cambio mi ha lasciato un po’ insoddisfatto. La domanda finale, in ogni caso, sarebbe da tagliare: è ridondante e inutile. In ogni caso, nel complesso, una buona prova.
Giusto una nota: ci sono un paio di “d” eufoniche fra vocali diverse (“ed in” “ed avevo”)e visto che gli editori (a quanto si dice) le “aborrono” e bruciano nel mezzo delle piazze gli scrittori che ne fanno uso, ti consiglio di abituarti a farne a meno (all’inizio è dura, ma poi, vedrai che quando ci avrai preso la mano diventerai anche tu una talebana delle d eufoniche, come tutti noi ;)

A rileggerci
Angelo
 
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Serena Aronica
view post Posted on 27/11/2014, 23:33




Callagan, Filippo e Angelo grazie per le parole di incoraggiamento e per le critiche. In effetti sul finale ho iniziato a nutrire dei dubbi il giorno dopo, a mente fredda. E come sempre capita, altre mille idee (sicuramente migliori!) hanno iniziato a balenarmi nella mente ma ormai... datemi almeno l'attenuante della prima volta!

Ancora grazie... farò tesoro delle vostre osservazioni!
 
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Beppe Roncari
view post Posted on 2/12/2014, 21:54




Ciao Serena e di nuovo benvenuta, piacere di conoscerti e di leggerti. :)
Il racconto ha un tono fiabesco fra le storie di pirati, il Conte di Montecristo, il Cavaliere Inesistente e Il Vecchio e il mare. Ma anche Popeye! ;-)
Brava, per quel che mi riguarda, per niente polverosa.
Il vero protagonista, come ti diceva Callagan da un altro punto di osservazione, è il narratore, ovviamente, e non Jackie, e in questo caso si perdona il "tell don't show".
La frase finale finale, te l'hanno detto in tanti, va proprio eliminata.
La vera frase finale è questa, e secondo me - spiego sotto - è "spanata":
CITAZIONE
Guardai Jackie e compresi. Aveva osservato la sua vita dalla sponda sbagliata.

"E compresi.", prima persona singolare. Rimani lì! "AvevO osservato la sua vita". Tutto è sul vecchio, ricordi? È lui il tuo protagonista! Che ne sa, in fondo di Jackie, che gli importa, e che importa al lettore! Metti una O al posto di una A ("datemi una O...") e vedrai che diventa perfetto!
Ciao! Alla prossima! ;-)
 
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Serena Aronica
view post Posted on 2/12/2014, 22:07




Ciao Beppe! Grazie mille... per non avermi fatta sentire un pezzo di antiquariato!!!
La tua osservazione sul finale è giustissima... maledetta fretta di consegnare!
 
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Raffaele Marra
view post Posted on 2/12/2014, 22:52




Racconto scritto molto bene, in uno stile affascinante e musicale, ben sostenuto da un lessico adeguato e mai banale. Il ritmo narrativo è fluido, scorrevole, ma ad una velocità moderata, in un saggio ed equilibrato mix tra immagini descritte e ricerca stilistica, tra realismo e poesia. Il finale, forse non originalissimo, risulta comunque un bel “colpo” poiché, a mio parere, è assolutamente coerente con lo stile e il contenuto del narrato, in un abile e riuscito tentativo di “alzare il livello” di una storia a metà strada tra realtà e metafora.
 
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15 replies since 25/11/2014, 00:16   107 views
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