| La luna, l'erba e la Sardegna
Hai passato le notti degli ultimi dieci anni a fissare la luna. Non hai mai desiderato di raggiungerla: è sempre stata perfetta là, a quella giusta distanza. Giorno dopo giorno l'hai sentita connessa alla tua anima, e tanto è bastato. – Che pensi? – Niente… guardo su. Clara ti si avvicina, si solleva sul gomito e ti guarda come se non volesse far altro. – Menti, ti conosco. Allora ci hai pensato? Vieni a Pavia, da me? Sorridi. È il corpo, più che la mente, che ti comanda di farlo. Allunghi la mano, le accarezzi la guancia. – Ho accettato il posto a Baunei. Le lacrime non tardano. Sei veloce a spostarti, non vuoi che ti bagni la faccia. Ti tiri su. – Clara, tra noi è finita. Te ne vai. La lasci lì, sola. Tornando a casa sai che non si arrenderà, ti cercherà. Appena avrà la lucidità di rimettere a posto i pensieri tornerà all'attacco. Ti farà sentire una merda per essere tanto vigliacco da rinchiuderti in questo buco di terra, isolato da tutto, da tutti, da lei. Ma ormai ogni suo sforzo è inutile. A te sta bene che la luna resti sempre alla stessa distanza, come che il sole sorga ogni mattina.
– Michi? Ho fatto una stronzata… Lui ti aiuterà, l'ha sempre fatto. Come quando all'asilo incastrasti la testa sotto quella panchina e lui ti tirò fuori con grande verve, strappandoti le caviglie e spezzandoti quasi il collo. – Lo sapevo, sei il solito coglione! – Eh? – Ti sei fumato tutta l'erba ieri notte… senza di me! – Ma vaffanculo! Lo senti sospirare, il bastardo, mica scherzava. – E allora che c'è? – C'è che ho mollato Clara. E adesso ride di te. In fondo, anche quando stavi con i denti sul pavimento e la faccia rossa per lo sforzo, quello se la rideva. Certo, poi ti ha liberato, ma prima se l'è goduta. – Che c'è, appena una notte da singol e il tuo biscotto è già secco e voglioso? – Non hai capito, Michi, l'ho mollata, sì. Ma non è quello il problema. Il fatto è che eravamo in campagna… l'ho mollata da sola. E io son andato via in macchina. E ride, ancora. – O Don Giovanni! Come te nessuno. – La stronza l'ha presa male! – Ma che vuoi che sia, dai. – Mi ha denunciato. Devo andar dai carramba alle cinque. – Aia… – Per le cinque avevo preso appuntamento con Abdul. Se lo manco, stasera non abbiamo da che fumare. – Ai… Cosa cazzo? – L'erba l'ho fumata stamattina, Michi. Tocca che vai a prenderla tu. Quando riprendesti fiato, all'asilo, Michele lo ringraziasti con un bel pugno nelle palle.
– Quindi, signor Soru, lei conferma che quei lividi e quei graffi, alla sua ragazza, non gliel'ha fatti lei. – Sì, confermo. Io me ne son tornato a casa e l'ho lasciata là senza manco toccarla. Annuisce, il piaccione in divisa. Scrive al computer come farebbe una scimmia. Dito indice dopo dito indice. Manco stesse scrivendo l'Eneide. Ti tiene in quel buco d'ufficio tutto faldoni, vecchie stampanti e fax da tanto tempo che tu avresti potuto riscrivere l'Eneide nel frattempo. – Lei è fortunato, signor Soru. – Ah, sì? – Quando è venuta qui, la signora Clara Frison, ha chiesto di andare in bagno. Le nostre telecamere l'hanno ripresa mentre si graffiava e morsicava le braccia. – Oddio… è una pazza… – E no, ragazzo! Il carramba si alza e il suo metro e novanta di muscoli e pancetta basta per annientarti. Ti fai ancora più piccolo di quello che sei. – Tu sei stato un grandissimo stronzo! Perché quella ragazza avrà pure sbagliato ma tu sei da ergastolo! Ti sovrasta. – Ma, beh, ma, ma. Balbetti. Questa a Michele non la racconti. – Non ti è bastato spezzarle il cuore. Quella ragazza è disperata. Proprio in balia della notte e del nulla dovevi lasciarla! E qui ti parte l'embolo. Ti riprendi. Certo non ti alzi in piedi, ma un po' di dignità la ritrovi alzando la voce. Forse a Michi racconterai qualcosina. – Se l'è meritato! Non puoi cercare di sradicare un uomo dalle sue radici e credere di farla franca quando lui se ne accorge. È una continentale e non capisce che qui c'è un universo nascosto che aspetta solo di essere vissuto. Non l'ha mai voluto capire! Non avrebbe mai potuto. – Io son livornese, o signor Soru. Vada pure. Vada. Affanculo!
|