| “Che fate stasera, Marianna?” “Cenone in casa con i parenti. Voi?” La nota acuta di un violino proruppe da un cellulare. Mentre altri violini dissonanti si accavallavano al primo, Marianna si agitò sul sedile del bus: “Scusa, Pina, devo rispondere. È Psyco. Pronto, mamma. Dimmi.” Ascoltò la voce eccitata della madre. Annunciava di aver trovato il regalo perfetto per lei. “Non vedo l’ora di aprirlo” disse con tono annoiato. Poi chiuse. “Non so perché mia madre si ostini a festeggiare il Natale. Io le feste comandate le cancellerei dal calendario.” Affondò le unghie nelle proprie palme per punirsi della debolezza mostrata e per aver ammesso, implicitamente, la veridicità dei pettegolezzi sulla propria famiglia. Si sforzò di sorridere: “Certo, saprai di quel Natale di quattro anni fa, quando mio padre ci abbandonò dopo essere stato fotografato, mentre tradiva mamma con la segretaria.” Puntò sull’unica notizia nota con certezza, visto che lui, all’epoca, era sindaco e lo scandalo era avvenuto negli uffici del comune. Tacque su tutto quello che l’uomo aveva fatto a lei, quando non aveva voglia di donne adulte. E su tutti i delitti atroci di cui era sospettato. Pina posò la mano su quella di Marianna: “Tranquilla, mi piaci come sei: i vestiti dark, il pallore della pelle, le bare al collo e la perenne espressione arrabbiata. E, ti confesso, che neanche a me piace il Natale.” “Grazie” disse lei, divincolandosi da quel contatto indesiderato e appiccicoso. “È quasi arrivata la mia fermata.” “Fammi sapere cosa ti ha regalato tua madre” sorrise Pina. “Sarà la solita maglia firmata, che non indosserò mai.” “Magari ha convinto tuo padre a fare il cenone da voi.” Marianna immaginò di trovare suo padre in casa e, per poco, non saltò la fermata.
“Amore, questo lo devi aprire prima che arrivino gli zii.” Era appena entrata e la madre le aveva dato il regalo di Natale promesso. Marianna la scrutò: era vestita tutta di rosa e doveva appena essersi fatta la lampada, ma la somiglianza dei loro visi era innegabile. Vicine, sarebbero sembrate il positivo e il negativo di una stessa foto. Decise di darle soddisfazione e dedicò la propria attenzione al pacco. Pesava quattro o cinque chili. Lo scosse un po’ e udì un lieve rumore liquido. Che diavolo poteva essere? Iniziava a essere curiosa. Lo scartò e il cuore le saltò in gola. Una testa umana. Non una qualunque. Quella del padre. Ancora grondante si sangue. “Mamma…” le parole le morirono nella bocca improvvisamente secca, come se tutta la saliva fosse evaporata. Doveva bere qualcosa, decise. Allungò la lingua e la passò sul collo reciso. Il sangue era ancora caldo. “Grazie, mamma. Non potevi rendermi più felice.” La madre l’abbracciò, incurante del sangue che le macchiava il vestito, ricostituendo così l’unità familiare. “Dov’è il resto?” chiese Marianna. “In cucina. Lo sto preparando per servirlo a cena.” Il sorriso di Marianna si allargò. Doveva scrivere subito un messaggio a Pina. Sarebbe stata contenta di scoprire che aveva ragione.
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