Eccomi con commenti e classifica.
Per chi mi incrociasse per la prima volta: i miei commenti sono scritti a uso esclusivo dell'autore di cuis to cercando di analizzare il brano e riflettono i miei pensieri e punti di vista a riguardo. Non pretendo né che voi mi diate retta né che concordiate per forza con quello che vi dico. Sono spunti di riflessione che potete cogliere o rigettare, senza il minimo problema, tenete solo conto del fatto che io dico quello che dico con la massima buonafede e con il massimo rispetto per il vostro lavoro.
Kendalen – Ali di FataCiao Luca, bentrovato.
Il racconto lo devo per forza valutare da due punti di vista differenti:
Il primo è quello della scrittura che, a parte un paio di sbavature, scorre liscia e senza particolari apprensioni o perplessità da parte del lettore.
Non mi è molto piaciuta la lente/filtro che hai usato nelle parti della ragazzina. Tematiche come quelle affrontate, lette attraverso uno stile e un pdv tanto infantili non mi ha affatto convinto. Ha incrementato il distacco emotivo, invece che calarmi nella storia. Immagino che l’intento fosse quello di sfruttare la reazione umana di fronte a una tragedia che riguarda un bambino, il tipico “aaawww” iniziale per poi assestare il cazzotto del “colpo di scena” finale. Ecco, con me non ha molto funzionato. Perché nel linguaggio e nel pdv ho scorto le tracce di tutto ciò e quindi a riga 3 avevo già fortissimi sospetti su come sarebbe finita la storia.
Sempre riguardo lo stile scelto, ti segnalo la frase della “nuvola grigiastra di silenzio imbarazzato”, credo stoni molto, si passa da costrutti semplici e infantili a un “gioco di prestigio” retorico che poco ci azzecca col resto.
Comunque, al di là di quanto segnalato, la scrittura è liscia e senza evidenti increspature, discuto la scelta dello stile, non come poi lo hai reso.
L’altro punto di vista per cui devo fare un discorso diverso è quello dei contenuti, che è molto più soggettivo. Io odio visceralmente le scelte di tematiche come quelle che hai scelto tu, narrate attraverso la lente che tu hai scelto. Sono le classiche storie d’autore fatte per essere drammi, all’interno di drammi, all’interno di altri drammi, delle matrioske di drammaticità.
Io faccio sempre l’esempio del bambino handicappato che vive in una casa col padre ubriacone manesco e la mamma prostituta eroinomane, che va in chiesa a cercare aiuto, finendo tra le grinfie di un prete pedofilo superdotato. Poi a un certo punto trova un cagnolino che rappresenta l’unico spiraglio di speranza nella sua vita, ci ripone tutti i suoi buoni sentimenti, ma subito il cane muore di una malattia degenerativa che lo fa soffrire come se non ci fosse un domani… eccetera…
L’esempio è ovviamente un’esagerazione, ma credo chiarisca il punto. Ci sono modi e modi di raccontare drammi, spingere forzatamente sull’empatia e sulla disperazione è, a mio modo di vedere, quello sbagliato.
L’altro esempio che porto sempre è che se in Italia decidono di fare un film su un bambino handicappato fanno quello che ti ho descritto prima, altrove fanno Forrest Gump.
Per me le matrioske funzionano solo con le esplosioni… quindi esplosioni, dentro altre esplosioni, dentro altre esplosioni, e così via all’infinito.
Un altro aspetto che ti faccio notare è che la tua bambina protagonista è tutta buona, non che non sia possibile, ma contribuisce a “far mangiare la foglia”, perché sembra fatta apposta per massimizzare l’effetto del suicidio finale.
Quindi, per tirare le somme, il mio giudizio è buono, il racconto funziona… il brano, per i motivi di cui sopra, non mi è piaciuto ma questo non lo rende affatto un brutto lavoro.
Simone Carletti – Veleno d’argentoCiao Simone, piacere di incrociarti per (credo) la prima volta. Sentiti libero di correggermi se sbaglio
Il problema principale del racconto è, per me, che è fuori tema.
Uno sciame di strani insetti velenosi non è una sindrome, malattia o morbo. A un certo punto lo dici esplicitamente che sono un morbo mi pare, sfruttando il senso lato del termine. Questa è una cosa che in genere apprezzo (chi mi conosce sa che sono per l’interpretazione creativa delle specifiche), ma nel tuo caso il salto è troppo debole, il filo che collega il senso stretto e quello lato, per me, troppo debole.
A parte questo, che è un problema solo per quanto riguarda la classifica, il brano è abbastanza piacevole. È molto molto breve e quindi ha i problemi dei brani brevi: non approfondisce, lascia troppi non detti, eccetera.
Ha la grossa pecca di non dirci nulla riguardo tutto ciò su cui poni l’attenzione e su cui cerchi di stimolare la curiosità del lettore. Non dico che avresti dovuto dire tutto, spiegare tutto, ma il fatto è che non hai detto niente. Presenti solo il fatto che questi insetti hanno invaso il mondo e che l’albero che fa loro da casa non vede più gli umani.
Il pdv dell’albero è gestito abbastanza bene, ma tutto finisce prima che ci si possa anche solo un minimo appassionare alla vicenda. L’unico (secondo me) modo per far funzionare storie così brevi è quello di dare elementi che poi facciano sì che il lettore ricostruisca tutto il contorno, magari sentendolo suo, e tu secondo me questo non l’hai fatto.
Non so bene cosa dire d’altro, perché essendoci così poco scritto, c’è anche molto poco da dire.
Peccato perché la scrittura era abbastanza buona e scorreva bene.
Beppe Roncari – Malattia mortale, trasmissibile per via sessualeCiao Beppe, piacere di conoscerti, a meno che ci siamo incontrati altrove e usavi qualche nickname che non collego.
Il brano è sicuramente originale, una struttura e un modo per la malattia che è inusuale, la ribellione come “malattia sistemica” che si trasmette di mente in mente è stata bella. Abbiamo anche fatto lo stesso salto logico per interpretare le specifiche, si capisce subito dal titolo, quindi non posso che apprezzarlo.
Però ci sono delle cose che secondo me non vanno.
Prima di tutto proprio la struttura rende il tutto troppo frammentario, è come guardare una scena in una stanza buia con una stroboscopica accesa. Disorienta più che appassionare, secondo me.
Poi, io credo che l’incipit di una storia sia, al par dell’epilogo, il momento più importante, quello da curare meglio e nel tuo primo “step” ho visto una cosa che ti segnalo che dovrebbe essere rivista ma che è anche alla base dell’idea di racconto.
“Doveva stare attenta. Non c’era molto tempo. I droni di ricognizione passavano nel condotto ogni quarantadue secondi. E il condotto era l’unica via d’accesso al Sancta Sanctorum dei Creatori.”
Qui ci dici che per accedere al Sancta Sanctorum (che è per definizione un posto di estrema importanza e di accesso assolutamente vietato) c’è un’unica via di accesso (e questo è giusto e buono), e poi dici che i droni la pattugliano ogni 42 secondi? Questo è, per me, assolutamente non credibile. Se c’è un sancta sanctorum e c’è un’unica via di accesso e ci sono dei droni che controllano, non è plausibile che questi droni creino “buchi” di 42 secondi nella sorveglianza. È la tipica cosa messa lì per permettere a qualcuno di entrarci, altrimenti il racconto non sussiste. E se l’incipit nonché spunto narrativo, non sta in piedi, il resto del racconto ha, a mio modo di vedere, dei seri problemi.
La poca credibilità si accentua al secondo paragrafetto, quando dai ai droni l’ecolocazione. Solo? Immaginando un’ambientazione futuristica, dei droni di sorveglianza per i segreti più segreti dell’universo dovrebbero avere tutto… ecolocazione, infrarossi, termico e chi più ne ha più ne metta.... quello che fai tu è come aver messo una porta blindata al caveau di una banca, senza sensori di pressione, rilevatori laser eccetera.
Poi ci sono errorini sparsi in generale, tipo “Anche ora che i TecnoAngeli dei Creatori rastrellavano impietosi”, qui se dici ora devi usare poi il presente. Comunque sparsi qui e là ci sono degli errori nella consecutio temporum, magari in rilettura facci caso.
Damian, nell’economia generale della storia non ha motivo di esistere. Non aggiunge nulla alla narrazione, non aiuta a caratterizzare nessuno, per me andrebbe tolto perché distrae e basta. LA cosa che da fuori riesce a bombardare e far esplodere un pianeta in cui c’è l’arma segreta dei tiranni è una caduta di stile, il fatto che serva a tirar fuori lei dalla camera anche, se metti un trick del genere, deve servire a qualcosa di più che non a far esntrare in scena qualcuno per comporre il quadretto alla adamo ed eva finale.
La cosa della cuffia che comincia a sentire i sonar anche facci attenzione, perché se senti le onde sonore di un sistema sonar, vuol dire che anche il sistema sonar “sente” te con il ritorno dell’onda sonora. Ci sono casi limite in cui non succede, ma per le cose che sono antiintuitive, al lettore andrebbe sempre data una spiegazione.
“Suggirgli” è sfuggire a lui, per i droni sarebbe stato “sfuggire loro”.
Il finale è tutto uno “spiegone” da narratore, cosa che fa sempre alzare un po’il sopracciglio.
Insomma, l’idea di base mi è piaciuta, ma secondo me sei stato un po’ approssimativo nella definizione degli elementi, il che ha avuto parecchie ricadute sulla coerenza interna del pezzo.
So che non era facile scrivere un pezzo così in così poco tempo, ma essendo chiamato a valutare il brano in sé, dico che questo ha diversi punti su cui è ampiamente migliorabile.
Fossi in te non abbandonerei l’idea però, ha degli aspetti che possono funzionare, secondo il mio parere.
Beh, sperando di esserti stato utile, ti saluto e mi auguro di incrociarti di nuovo.
Roberto Bommarito – SoliCiao Roberto, piacere di incrociarti di nuovo dopo tanto tempo.
Il racconto non mi ha molto convinto, per diverse ragioni che ti spiego subito.
Innanzitutto a tratti non è molto chiaro, mischi il piano del disagio psicologico e di quello fisico spesso senza uno schema preciso (almeno al mio occhio) e spaziando su ambiti e salti logici differenti in un modo che confonde.
La scrittura in sé è buona, un po’ troppo minimale a tratti, il che non aiuta alla comprensibilità, dando solo dei piccoli flash, a volte il lettore si perde passaggi che magari per te erano chiarissimi ma che lui (io) deve ricostruire e quindi il flash perde una parte (più o meno grande a seconda dei casi) di quell’immediatezza che dovrebbe secondo me contraddistinguerlo.
Comunque, al di là di tutto questo, la cosa che mi è piaciuta meno è il linguaggio, leggero, a tratti colloquiale, che poi ogni tanto muta e va sul sentimentale un po’ “mainstream”, poi torna colloquiale… insomma, queste variazioni le ho apprezzate poco, soprattutto perché non ho percepito da fuori una motivazione per la scelta… a un cambio stilistico mi sarei aspettato anche un cambio di punto di vista o altre cose simili, invece non le ho viste e quindi mi ha stonato… (in tutto ciò intendevo il linguaggio della voce narrante, non includevo in questo discorso i dialoghi che, al contrario, sono stati resi secondo me bene).
Comunque, al netto di tutte le cose che dovevo segnalarti per conoscenza, la cosa che mi ha inibito più di tutte dal godermi il pezzo è stata che in alcuni punti non si capisce cosa tu voglia dire e quindi mi son trovato a interrompere la lettura, tornare indietro, cercare riferimenti che magari mi ero perso, e non lih o trovati, quindi alla fine ho ancora diversi punti di domanda che gravano sulla mia comprensione del brano e che non me lo fanno apprezzare come magari avrei potuto.
Il resto che ti ho detto è tutto secondario.
Beh, è tutto per ora, alla prossima
Chiara Paci – Il male del millennioCiao Chiara, piacere di conoscerti e di leggerti.
Il tuo brano è piuttosto equilibrato, non ha praticamente nessuno degli errori che fanno le penne alle “prime armi”, quindi anche un paio di virgole fuori posto ritengo possano essere semplici sviste.
Sarò breve perché non c’è tantissimo da dire, tutto ciò che, a mio avviso, non va all’interno del tuo brano è legato alla questione show/tell e alle incursioni del narratore nel narrato.
La quesitone show/tell immagino tu la conosca e quindi ti segnalo solo che penso che il tuo brano abbia troppo tell, dove c’è show è molto più godibile, anche se è sempre e comunque accompagnato dal tell. Un esempio su tutti quello in cui si allaccia lo spago attorno ai pantaloni per tenerli su.
Poi, per quanto riguarda le incursioni del narratore nel narrato sono, secondo me, troppe e troppo pesanti. In certi punti si riesce a immergersi nella storia, poi mi trascini a forza fuori dagli eventi facendo parlare il narratore, per dare delle informazioni che a volte non sono poi così rilevanti, altre volte invece avresti potuto inserirle nel narrato in modo più organico e meno traumatico.
Il mio consiglio è quello di far emergere le cose dal brano o dal punto di vista che stai tenendo per narrare le vicende, senza farle calare dall’alto. Ne ricaveresti una maggiore immedesimazione e immersione del lettore, che è sempre una cosa buona.
Altra cosa, per correttezza avresti dovuto fare almeno un breve accenno al fatto che la protagonista fosse quantomeno carina, altrimenti si arriva alla fine senza gli elementi necessari a giustificare il tutto, è un trucchetto un po’sporco
Però comunque la scrittura in sé mi è piaciuta. Molto pulita, apprezzo molto. I “problemi” che ci sono, sono tutti di gestione, che comunque non è una cosa immediata.
Viviana Tenga – L’opportunità
Ciao Viviana, anche con te mi sa che è la prima volta che ci si incrocia, molto piacere.
Il brano nasce da una serie di idee già viste in un sacco di salse, quindi per quanto riguarda la trama non posso certo dire che sia stata particolarmente originale, d’altronde non è che ci si penalizza per una trama non particolarmente nuova, quindi tutto ok.
Ciò che non mi è piaciuto del brano è che è stilisticamente confusionario. Hai usato qeul modo tutto inglese di riferirsi ai personaggi chiamandoli sempre per nome, quindi diventa tutto sempre molto ripetitivo, con strutture sempre analoghe tipo “tizio fa questo”, “caio dice quest’altro”, “sempronio vede tizio che fa la cosa X a Caio”… eccetera…
Magari cambiando un po’struttura delle frasi e usando qualche pronome in più, il brano sarebbe stato più fluido e scorrevole.
Inoltre, la quantità di punti di vista che cambi in così poche righe è altissima… ogni volta che qualcuno fa qualcosa, salti al suo pdv, anche solo per mezza riga, per poi passare a quello successivo, a quello dopo, e così via per tutto il brano. Questa cosa non aiuta il regolare e lineare svolgersi delle vicende e quindi neppure la loro comprensibilità imemdiata da pare del lettore.
Inoltre, ci sono un paio di passaggi di logica quantomeno dubbia.
Dicono che la profezia è, in soldoni, “se non fermiamo l’uomo, questo distrugge tutto” e poi subito dopo il tipo comincia a fare la filippica sull’inevitabilità che non ha senso, partendo dalla profezia come l’hai proposta tu. Dice “SE NESSUNO LO FERMA, allora distrugge tutto”.
Quindi boh, tutto quel pezzo l’ho trovato senza molto senso.
Avrebbero INFERTO alla razza umana, non infierito.
Il finale anche è debole, non ho compreso l’utilità di fare del topo un codardo per poi rivedere la cosa alla fine… non sarebbe stato più liscio dire da subito che il topo era supercoraggioso e che quindi loro, invasate, l’avevano scelto apposta? Così alla fine si arriva più tranquilli al fatto che sale sulla nave e che si avvicina all’umano. Comunque è inverosimile, per me, che un umano sveglio non reagisca alla presenza del ratto.
Quindi, insomma, carina l’idea, ma secondo me non sviluppata benissimo. Il pezzo ha ampissimi margini di miglioramento. Soprattutto per quella cosa del punto di vista, prova a farci attenzione rileggendo e vedrai che ne cambi troppi in troppo poco tempo e senza stacchi tra uno e l’altro.
Beh, è tutto per ora.
Diego Ducoli – Grazie della compagniaCiao Diego, anche tu per me sei un nome nuovo, quindi molto piacere di conoscerti.
Il tuo racconto non mi stava piacendo particolarmente, fino al finale, che ne ha risollevato le sorti con una prepotenza notevole.
Ha comunque alcuni problemi che ti vado subito a esporre.
Prima di tutto secondo me dovresti rivedere un po’la punteggiatura. Partendo dai puntini di sospensione che, a prescindere da quello che la gente pensa, non servono per imporre pause nella lettura o nella scansione del ritmo delle battute. In scrittura si dovrebbero usare solo quando una frase è lasciata a metà.
Tutto il resto diviene uso improprio. Per arrivare anche alle virgole che avresti,s empre secondo me, potuto gestire meglio nel creare il ritmo di lettura che volevi dare.
Quindi ci sono parti in cui si va troppo veloce, altre in cui troppo lenti, il ritmo andrebbe un po’rivisto tutto, dal mio punto di vista.
L’altra miglioria che ti consiglio è quella di spingere un po’di più sulla caratterizzazione del protagonista all’inizio, con lo humour nero che l’hai inserito, è carino, ma per me potresti dare di più. Questo ti aiuterebbe a definire meglio il protagonista e far sì che il colpo di scena finale sia meglio digeribile e più plausibile e verosimile.
In quest’ottica, avresti, nel crescendo del brano, dovuto inserire una progressione più rapida dopo il primo terzo di racconto. Far leggere meglio la rabbia che gli montava dentro, così alla fine il gesto sarebbe stato più giustificato. Perché la trovata è notevole e mi è molto piaciuta, ma è un po’poco equilibrata al momento.
Un’altra cosa che ti segnalo è il lezzo di urina eccetera che citi all’inizio. Poi a un certo punto dici che ha le sacche accanto al letto, quindi si desume anche il catetere, quindi non si sa più da dove esca la puzza di urina… e da dove esca tutto lo schifo che, dalle descrizioni iniziali, uno se lo immagina pluristratificato da settimane, invece poi scopriamo che c’è un’infermiera che comunque lo cura. Poi non si capisce nemmeno bene l’ambientazione. All’inizio ero convinto fosse a casa, poi alla fine invece ero persuaso si trovasse in ospedale. Quindi ci sarebbero anche questi punti da rendere un po’più chiari secondo il mio occhio.
Comunque in generale il pezzo è un buon pezzo, si fa leggere e ha un finale degno di questo nome.
Francesco Nucera – Il sorriso di SofiaCiao Francesco, piacere di conoscere anche te, nel mio girone siete in molti a essere per me nomi nuovi, mi fa molto piacere.
Venendo al racconto, in linea di massima è una storia piacevole, niente di originale, ma anche a te non ne faccio una colpa, la tua scelta tematica porta quasi necessariamente con sé un forte senso di “già visto”.
L’inizio è stilisticamente incerto e titubante, qualche termine non sbagliato ma nemmeno usato in modo proprio giusto, qualche scansione dei periodi secondo me discutibile, un ritmo che non mi ha impressionato.
Col prosieguo si migliora, come se ti fossi pian piano sciolto. Quindi dal punto di vista formale non ho cose particolarmente rilevanti su cui romperti le scatole, meglio concentrarsi sugli equilibri della storia che sono la cosa su cui a mio avviso dovresti lavorare di più.
La storia pende verso l’inizio. Vale a dire che la situazione iniziale ha molto più spazio, molto più tempo e riflessività, approfondimento, eccetera, mentre la seconda scappa via che quasi non fai a tempo a capire cosa stia succedendo.
Alla fine, tra l’altro, rimangono tanti punti di domanda senza risposta. Cosa che va bene se devi lavorare a un sequel o se devi mettere un cliffhanger per esigenza narrativa. Meno bene se il racconto deve chiudersi.
C’è una regola non scritta che dice che se tu poni l’attenzione su qualcosa, quel qualcosa deve avere una rilevanza nella storia… in quest’ottica tu hai inserito diversi elementi che effettivamente non servono molto, come il “mostro” attentatore, quello è davvero un in più che non serve a nulla. A toglierlo risparmieresti caratteri e potresti potenziare il finale in cui comunque lui capisce di essere contagiato e decide di non rientrare in casa.
Anche le scene di suspense sono gestite secondo me non troppo bene, non fai a tempo a introdurre l’elemento che dovrebbe inserire tensione che già la situazione si evolve e succede la cosa. La chiave della suspense è che la cosa non succede, almeno per un po’.
Mettere i carrelli dietro la “tenda” di plastica è stata una scelta un po’infelice, perché sa proprio di “ti sto chiamando il colpo di scena”. E poi alla fine quella tenda neppure serve. Insomma, ci vorrebbe più equilibrio nelle scelte narrative.
Il finale, inoltre, se l’ho apprezzato come idea, l’ho apprezzato meno come svolgimento. Approfondendo il discorso, sappiamo che l’obiettivo suo è quello di salvare la famiglia. È uscito perché altrimenti la famiglia sarebbe morta di fame. Lui a fine racconto NON ha risolto questa situazione. Quindi, finché gli rimane lucidità (e, giudicando dalla reazione del tipo che vede quando si rianima, anche dopo il contagio e i segni evidenti, la lucidità gli rimane. Avrebbe potuto fare mille cose per cercare di aiutare comunque la sua famiglia, invece si volta e se ne va. Quindi bella scena, ma poco credibile e quindi perde di tutta la sua forza, perché nel momento in cui mi aspetto che la sua scelta lo renda davvero forte e tridimensionale, invece gli toglie consistenza, rovinando di fatto il lavoro che avevi fatto fino a quel momento.
Quindi anche a te dico che il racconto funziona abbastanza, ma ha dei punti oscuri che andrebbero rivisti per sfruttare meglio il suo potenziale che non è assolutamente espresso appieno, c’è molto da tirar fuori da un pezzo come questo oltre quello che ci hai tirato fuori in questa prima stesura! Quindi, per me, non dovresti abbandonarlo
Simolimo – Lo scrigno argentatoEhmbé, che c’è? Mica pretenderai anche che ti dica “piacere di conoscerti”, no?
Ciao simo, era, boh, tanto che non ci si incrociava da concorrenti, dalla prima macelleria targata polly, mi pare.
Comunque, veniamo al pezzo, non mi è piaciuto per niente, pessimo, illeggibile!!!!!! (scherzo, non l’ho ancora letto, ora lo leggo e poi ti dico
)
Niente più barba né baffi? Sadica! E poi dici che non ti piace scrivere horror! -.-“
E dovresti dargli una rilettura, in alcuni punti mancano le parole e c’è punteggiatura creativa
LE abbiamo ridato la vita, non ha senso che parli in terza persona del suo interlocutore.
Credo si dica incapace DI seguire. Ho in testa che A seguire sia dialettale, ma non sono sicuro al 100%.
Hahahaha, forte quando shotta la tipa. A caso, come piace a me! XD
Scemate a parte, il racconto fila, lo stile mi è stato un minimo indigesto all’inizio ma poi ci si abitua. L’unico punto “debole” è il cambio del vecchio. Per me puoi agire in due modi: o chiarisci meglio il rapporto tra lui e il battito del suo cuore all’inizio (lo dici ma non lo spieghi/fai percepire bene bene, inteso che non si ha l’impressione che sia rilevante, sembra “solo” caratterizzazione), oppure dai più respiro al cambio da sanità a paranoia prima dello stacco prima del paragrafo della vicina. Anche lì lo dici ma non si capisce che è una cosa definitiva, sembra il frutto del momento specifico.
Entrambe sono strade percorribili e funzionali, secondo me.
L’unico altro appunto che ti faccio è che mi aspettavo una frase più a effetto per il finale, una cosa esplosiva, una battutaccia, humor nero in stile skan in corso. Così com’è non è brutto ma non è all’altezza del resto.
Comunque buona prova, l’ho trovata interessante e con un suo perché.
Sallow – Finalmente liberaEhilà, Sallow, ciao. È un po’che non ci si incrocia, ben ritrovato.
Il brano che proponi stavolta mi è parso, opinione personale, un po’ “timoroso”. Nel senso che ci parli del degrado, delle paranoie, dello schifo eccetera… ma non ci porti dentro quel degrado. Mancano odori, sapori, scene “visionarie”. Ok l’ombra che la fissa che dovrebbe risultare inquietante, ma non ha sortito proprio l’effetto sperato, almeno su di me. Io amo le storie in cui ci si sporca le mani e, proprio per questo, quando ne vedo una, voglio che l’autore se le sporchi le mani, fino in fondo, non solo la punta delle dita o le suole delle scarpe.
Quindi il consiglio che mi sento di darti è quello di spingere sull’acceleratore, lasciarti affondare nel personaggio e nelala situazione, perché dal mio punto di vista ne hai solo scalfito la superficie.
E di rivedere il finale perché sgozzarsi con una siringa da eroina credo sia impossibile, l’ago è sottile e si spezza con facilità. Ma se sai qualcosa che non so, ascolto volentieri la spiegazione
Un frammento di specchio avrebbe potuto fare gioco, le immagini negli specchi, sia di sé stessa che di qualsiasi altra cosa avrebbe potuto vedere, sarebbero state un buon viatico per arrivare alla chiusura in modo, secondo me, più solido.
Poi approfondisci un minimo anche l’ambientazione… all’inizio pensavo fosse in una sorta di clinica a riabilitarsi, mi è stato oltre ogni ragionevole dubbio chiaro che non fosse così solo nel momento in cui dici del tavolo con sopra lo schifo.
A parte questo il brano ha una forma e un periodare generalmente buoni, ma mi hanno lasciato sempre l’impressione di essere anche un po’incerti. Mi chiedo però se sia causato dallo scarso tempo disponibile, in altri contesti non avevo notato niente del genere nel tuo stile.
Leonardo Boselli – L’escaCiao Tetra, come dici tu, ogni tanto ci si scontra oltre che incontrarsi e basta
Il pezzo è piacevole, non ci sono grossi errori grammaticali e/o stilistici, quindi sotto questo punto di vista direi che si può sorvolare senza patemi.
Le uniche cose che ti segnalo sono che per qualcuno che non abbia letto Moby Dick, il racconto non è molto significativo. Tu avresti ragione a rispondere “e chi non ha letto Moby Dick?”, ma in effetti questo tuo racconto ha più a che fare con la fanfiction che con la narrativa “originale”. Per me non è un problema in sé, comincia a diventarlo quando le caratterizzazioni sono date un po’per scontate, basandosi sul presupposto che tanto Achab lo conoscono tutti.
Qui, per esempio, la cosa che veramente manca, è l’odio bruciante di Achab e Moby Dick l’uno per l’altra, quello che traspare dalle parole, dalla narrazione, dai gesti. Non è che non ci sia, ma proprio perché hai scomodato certi personaggi, mi aspettavo di trovarlo in dosi maggiori, spinto oltre la follia e soprattutto respirabile. Tu hai inserito gli elementi ma, forse complice il poco spazio, non li ho trovati particolarmente vivi.
Il pezzo rimane un buon pezzo, di un ottimo livello tecnico, ma difetta molto, secondo me, dal punto di vista emotivo.
Altro da dire non c’è, era tutto a posto.
CLASSIFICACi tengo a dire che non sapevo da che parte sbattere la testa per fare la classifica… ai primi 5 ho dato a tutti lo stesso voto (metto i voti ai racconti quando li leggo, così poi fare la classifica dovrebbe essere più facile). Boh, mai successo. Quindi sappiate che tra la prima e la seconda metà della classifica c’è un po’ di differenza, ma all’interno delle due metà ce n’è poca, mi spiace per chi è finito più sotto ma d’altronde una classifica la dovevo per forza fare.
1. Diego Ducoli – Grazie della compagnia
2. Simolimo – Lo scrigno argentato
3. Leonardo Boselli – L’esca
4. Luca Romanelli – Ali di Fata
5. Roberto Bommarito – Soli
6. Chiara Paci – Il male del millennio
7. Sallow – Finalmente libera
8. Francesco Nucera – Il sorriso di Sofia
9. Viviana Tengo – L’’opportunità
10. Beppe Roncari – Malattia mortale, trasmissibile per via sessuale
11. Simone Carletti – Veleno d’argento