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Lista Racconti ammessi e vostre Classifiche MC TONANI Special Edition

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L'Inquisitore
view post Posted on 12/2/2014, 01:44




23 partecipanti, bravi. Per un pelo non si è raggiunto il numero minimo che mi ero prefissato, ma vista la mia decisione di richiedere fino a 5000 caratteri invece di 3000 avrei dovuto anche aspettarmelo.
Detto questo, ho deciso di dividere comunque gli ammessi in due gruppi, data la natura SPECIAL di questa Tonani Edition. Per la composizione dei gruppi ho seguito un semplice criterio: in ordine di orario del post, uno nel gruppo A e l'altro nel gruppo B, ad alternarsi.
Gli autori ammessi sono chiamati a leggere, commentare e classificare SOLO i racconti del proprio raggruppamento, ma se desidereranno dare il loro contributo (solo in termini di commenti) agli ammessi dell'altro gruppo, beh, saranno ben accetti visto che un punto di vista in più non credo dispiaccia a nessuno.
Io stesso, Inquisitore, procederò a stilare commenti e classifiche (nel mio caso per ogni raggruppamento), che posterò al termine della settimana dedicata. Piccola novità, potrò commentarvi nel corso di tutta la settimana e postare direttamente i commenti prima delle classifiche stesse, questo per aumentare la possibilità di dibattiti.
I PRIMI 5 CLASSIFICATI di ogni raggruppamento saranno ammessi alla fase finale e di conseguenza letti, commentati e classificati da Dario Tonani in prima persona. Ne consegue che la classifica di Tonani sarà anche quella finale di questa Edizione.


Gruppo A

Ali di fata, di Luca Romanello, ore 22.41, 4862 caratteri
Veleno d’argento, di Simone Carletti, ore 22.56, 2219 caratteri
Malattia mortale, trasmissibile per via sessuale, di Beppe Roncari, ore 23.14, 4919 caratteri
Soli, di Roberto Bommarito, ore 23.29, 4254 caratteri
Il male del millennio, di Chiara Paci, ore 23.40, 4953 caratteri
L’opportunità, di Viviana Tenga, ore 23.44, 4403 caratteri
Grazie della compagnia, di Diego Ducoli, ore 23.46, 3947 caratteri
Il sorriso di Sofia, di Francesco Nucera, ore 23.48, 4922 caratteri
Mortalità 100%, di Marco Lomonaco, ore 23.54, 4972 caratteri
Lo scrigno argentato, di Simolimo, ore 23.57, 3329 caratteri
Finalmente libera, di Sallow, ore 23.59, 2831 caratteri
L’esca, di Leonardo Boselli, ore 23.59, 3821 caratteri

Gruppo B

VHEMT, di Andrea Viscusi, ore 22.48, 4971 caratteri
La richiesta, di Manuela Costantini, ore 23.10, 4799 caratteri
E se domani, di Rocco Nucera, ore 23.23, 4675 caratteri
La Grande Moria, di Alexia Bianchini, ore 23.29, 4921 caratteri
Il sale della vita, di Marco Fronzoni, ore 23.44, 4931 caratteri
Binario morto, di Simonetta Brambilla, ore 23.46, 3941 caratteri
OMEGA, di Raffaele Marra, ore 23.48, 4970 caratteri
Il Virus di Re Erode, di Michele Botton, ore 23.51, 5879 caratteri malus 18 punti
Le facce nella stoffa, di Marco Cardone, ore 23.55, 4999 caratteri
Polvere alla polvere, di Daniele Picciuti, ore 23.58, 4981 caratteri
Campo a primavera, di Marco Migliori, ore 23.59, 4978 caratteri

NB: ho deciso di ammettere, con però malus triplicato, anche il racconto di Michele Botton, reo di avere superato di ben oltre il consentito il numero di caratteri.

Avete tempo fino alle 23.59 di martedì 18 febbraio per leggere, commentare e postare qui di seguito le classifiche del vostro raggruppamento, ma vi avverto che sarò fiscale e non accetterò classifiche postate anche solo alle 00.01 (del resto avete un bel po' di giorni per organizzarvi).

Le classifiche dell'Inquisitore verranno postate mercoledì 19 febbraio e nello stesso giorno verranno rese pubbliche le classifiche finali dei due raggruppamenti e i nominativi dei DIECI selezionati, cinque per gruppo. A quel punto la palla passerà a Dario Tonani che in un tempo massimo di due settimane provvederà a trasmettermi la sua classifica finale corredata di commenti.

Entro la fine del mese, inoltre, avverrà la comunicazione dei racconti selezionati per la pubblicazione nell'Antologia (i primi 3 della classifica finale di Tonani + X altri dove X è un numero compreso tra 0 e N a mio insindacabile giudizio).

I commenti ai racconti (con un limite minimo di 300 caratteri ognuno, titolo del racconto escluso) verranno premiati in questo modo (solo se postati in risposta a questo thread, indipendentemente dai commenti sui thread relativi ai singoli racconti):

- 15 punti bonus per chi commenta TUTTI i racconti.

- 5 punti bonus per chi commenta la metà dei racconti +1


Come al solito, ha valore questo CONTATORE per il conteggio dei caratteri.


Vi ricordo che i racconti non possono essere più modificati, se noterò qualche sgarro procederò all'eliminazione. Per farvi un'idea di come compilare la classifica visitate quelle delle ultime edizioni nella sezione FUCINA DELL'AGUZZINO.
Potete commentare i vari racconti nei singoli tread per discutere con gli autori, ma la classifica corredata dai commenti deve obbligatoriamente essere postata qui.
Altra nota importante: evitate di rispondere qui ai commenti ai vostri lavori, ma fatelo esclusivamente sui vostri tread.

Detto questo: BUONA EDIZIONE A TUTTI!

Edited by L'Inquisitore - 18/2/2014, 10:30
 
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Beppe Roncari
view post Posted on 12/2/2014, 10:08




Buondì, Inquisitore, i commenti vanno fatti solo ai racconti del proprio girone oppure per tutti e 23 i racconti di ambo i gironi? Thanks!
 
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simolimo
view post Posted on 12/2/2014, 10:23




QUOTE (Beppe Roncari @ 12/2/2014, 10:08) 
Buondì, Inquisitore, i commenti vanno fatti solo ai racconti del proprio girone oppure per tutti e 23 i racconti di ambo i gironi? Thanks!

ciao Beppe, non è affar mio, ma... essendo donna, tutto è permesso. non fosse altro che anche quando abbiamo torto, piuttosto, fingiamo di non aver capito :wub: :rolleyes: ^_^
però, come dice l'Inquisitore:
"Gli autori ammessi sono chiamati a leggere, commentare e classificare SOLO i racconti del proprio raggruppamento, ma se desidereranno dare il loro contributo (solo in termini di commenti) agli ammessi dell'altro gruppo, beh, saranno ben accetti visto che un punto di vista in più non credo dispiaccia a nessuno."
in poche parole: gruppo che sei, gruppo che hai. se vuoi essere propositivo e gentile dà i tuoi consigli a tutti, ma per i soli commenti, non la classifica :woot: ;)
 
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L'Inquisitore
view post Posted on 12/2/2014, 10:56




Beppe, Simolimo ha già risposto per me :D
 
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Beppe Roncari
view post Posted on 12/2/2014, 14:12




Grazie Simo! Mi era piaciuto molto un racconto dell'altro gruppo, per questo chiedevo :D :D :D :D
 
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view post Posted on 13/2/2014, 01:24
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Magister Abaci

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Gruppo A – Commenti del TETRA

Ali di fata, di Luca Romanello

Carissimo kendalen, quanto tempo! Da quando sei sparito dallo Skannatoio avevo perso le tue tracce ed eccoti qui, con un racconto struggente che è un pugno nello stomaco.
Bellissimo l'alternarsi tra la storia e il corsivo che prelude “fiabescamente” alla tragedia, senza rivelarla in modo esplicito.
Mi è piaciuto anche il modo col quale hai presentato la sindrome, non l'hai mai citata direttamente, se non con quel geniale “daun”, e per la protagonista sarebbe tutto normale, se non fosse per il comportamento di chi le sta intorno.
Interessante, poi, come hai saputo mostrare la nascita dell'immotivato senso di colpa, dovuto al disagio di non comprendere le reali ragioni del comportamento di chi circonda la protagonista.
Insomma, un racconto che tratta un tema delicato e una tremenda tragedia con delicatezza, senza eccedere, facendo riflettere il lettore e lasciandogli nel cuore un'immensa tristezza.

Veleno d’argento, di Simone Carletti

Ho trovato interessante l'aver scelto come punto di vista quello dell'albero. Testimone dell'invasione di questi “insetti alieni”, vede crescere la tragedia attorno a sé, fino a quando gli esseri umani non vengono sostituiti dai nuovi venuti. Ed è alla fine che diventa evidente l'importanza di questo punto di vista: l'albero dimentica ciò che era stato col passare del tempo, si è abituato alla nuova realtà senza rimpianti.
È l'immagine della natura che, indifferente, vede nascere e morire le specie. L'albero ci sarà sempre, mentre uomini e “insetti” si ripareranno alle sue foglie e, prima o poi, passeranno per lasciare il posto a qualcun altro.
All'inizio ho avuto un po' di difficoltà a capire chi stava raccontando. Il fatto che sia un albero è piuttosto insolito, perciò potrebbe essere utile fornire qualche indizio in più già nella prima frase, invece di concentrare l'attenzione sugli “insetti”, altrimenti si rischia di dover tornare più volte indietro chiedendosi: “Ma ho capito bene?”.
In conclusione, un interessante racconto che tratta in modo essenziale una insolita apocalisse da un punto di vista altrettanto insolito.

Malattia mortale, trasmissibile per via sessuale, di Beppe Roncari

Un racconto particolare ritmato da un conteggio e con un colpo di scena che lascia un po' con l'amaro in bocca.
Devo ammettere che non avevo capito che quei numeri si riferissero ai 42 secondi, perché inizialmente li avevo interpretati come una strana numerazione di versetti. L'ho capito solo ai 22 secondi, quando è stata ripetuta l'importanza del conteggio. Non so quanto sia azzeccata questa scelta narrativa, in quanto rende piuttosto lento il racconto, così spezzettato, e già pesante di suo.
L'ambientazione viene evocata mediante nomi e terminologie tecnologicamente esotiche, con richiami più o meno espliciti alle religioni.
Interessante la scelta del numero 42, probabile citazione di Douglas Adams: la famosa risposta di un supercomputer alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto, generata dopo sette anni di calcoli. Evidentemente aveva a che fare coi droni che pattugliano l'accesso al segreto della vita ;)
Il finale si rifà alla definizione scherzosa che si dà della vita: una malattia incurabile, a cui si è aggiunto “trasmissibile per via sessuale”.
In conclusione, un racconto che inizia con una elaborata introduzione per giustificare la battuta finale. Pregevole, comunque, il tentativo di costruire un'intera mitologia futuristica in soli 5k.

Soli, di Roberto Bommarito

Un'altro corto fulminante del Bommarito. Da quando non li proponi più su Skan Magazine, mi sono mancati. Avrei dovuto passare da MC più spesso per rileggerne qualcun altro, ma è un'annetto che non mi faccio vedere.
In ogni caso, il racconto dimostra ancora una volta quanto tu sia bravo a indagare sui rapporti di coppia, a sviscerare i sentimenti del protagonista e di chi gli sta intorno, a curare i dettagli delle cose non dette e dei dialoghi, verosimili per quanto in un contesto spiazzante.
Infatti, nei tuoi racconti, c'è sempre qualche elemento che rende tutto insolito, che sfonda il muro (è proprio il caso di dirlo) della normalità, per mostrarci le cose attraverso i simboli, resi concreti, che li rappresentano. Qui compare un muro e un carrello della spesa, immagini reali di un intimo disagio.
Insomma, ancora una volta, il tema è stato affrontato in modo originale e intrigante, con una scrittura che si lascia leggere con piacere, ma che a tratti riesce a graffiare.

Il male del millennio, di Chiara Paci

Un racconto scritto benissimo. Le descrizioni, gli scambi di battute, lo svolgersi degli eventi: non c'è nulla fuori posto.
La fame e la povertà vengono presentati come una malattia, anzi causano malattie quando sono portati all'estremo. In questo contesto viene presentato il coraggio di Lucia, che sfama la propria famiglia con le erbe che riesce a trovare, mentre sullo sfondo c'è chi si permette di cacciare per svago.
Il finale sembra sottotono, quasi fuori luogo, rispetto al resto del racconto. Eppure, riflettendoci bene, non è così. Sembra la proposta di un matrimonio senza amore, come se il guardacaccia avesse acquistato una moglie a poco prezzo da una famiglia disperata. Invece l'amore c'è, è nato improvviso, come solo il vero amore può fare: lui ha ammirato il coraggio di lei, come egli stesso è coraggioso avendo ucciso un cinghiale a mani nude, mentre lei ha riconosciuto, nei suoi “occhi molto belli”, quella dolcezza nascosta in un uomo grande e grosso.
Davvero una bella prova: una scrittura fluida, lineare, godibilissima, che affronta senza clamore un tema importante.

L’opportunità, di Viviana Tenga

Una bella idea. L'origine delle pestilenze del '300 vista con gli occhi delle pulci. Pulci con una missione da compiere, che devono sterminare l'umanità prima che essa distrugga il pianeta: un punto di vista decisamente insolito.
Devo ammettere che all'inizio ho faticato a capire chi parlasse, dato che credevo che fossero i topi. Un equivoco dovuto all'espediente narrativo di tenere nascosta l'identità delle pulci il più possibile per stupire il lettore. La colpa dell'incomprensione, però, è mia, perché in realtà ci sono gli indizi per non sentirsi “imbrogliati” quando l'identità diventa esplicita qualche riga dopo.
Fantastica, poi, la pulce filosofo, che si chiede le motivazioni della missione e cerca di razionalizzare la profezia, ragionando sul suo significato e sul termine stesso di profezia. Chiaramente viene considerata fuori di senno, visto che le altre agiscono d'istinto, spinte da madre natura a porre rimedio ai guasti che avrebbe portato l'umanità.
In conclusione, un racconto originale che dà voce, invece che alle inflazionate api o formiche, alle bistrattate pulci e dà, in modo simpatico, un'interpretazione finalistica delle pestilenze.

Grazie della compagnia, di Diego Ducol

Un racconto amaro e disperato. Il dramma del protagonista viene presentato in un crescendo, con un io narrante che sfodera a tratti caustica ironia, e spara a zero su tutto e tutti. Nella sua solitudine, vegliato solo dalla propria malattia, dal fetore delle proprie sacche e dal gusto acre che ha in bocca, si apre uno spiraglio: una badante costretta a quel lavoro senza avere una particolare predisposizione (o forse così la vede il pessimismo del protagonista esasperato dalla sua condizione). Ma neppure quella vicinanza è di qualche conforto: nella totale disperazione, l'unico sollievo lo trova nell'omicidio, per non morire solo, per non morire... solo lui.
Insomma, una storia che fa riflettere sulla solitudine, sul senso della sofferenza, sulla speranza che ormai si è esaurita, raccontata in modo serrato e con una conclusione che evita ogni intento liberatorio: imprigiona il lettore nel pessimismo esistenziale del protagonista.

Il sorriso di Sofia, di Francesco Nucera

Un bel racconto anche questo. Mi ha riportato nelle atmosfere di tanti film zombapocalittici, tra cui l'ultimo “World War Z”. Il protagonista somiglia un po' a Brad Pitt negli intenti: deve difendere la sua famiglia, anche correndo il pericolo di rimanere contagiato.
Si nota la cura per i dettagli, per i particolari significativi, che sottolineano il legame dell'uomo con la figlia. All'esterno, poi, si respira l'atmosfera di un mondo ormai “morto” senza che ci sia alcun particolare raccapricciante se non proprio alla fine.
Peccato che la parabola della narrazione si chiuda senza una trovata particolare, che avrebbe impreziosito il tutto, ma solo con il banale fallimento del tentativo.
Bello, però, il rintocco finale con la risata della bambina.
In conclusione, nel racconto si respirano atmosfere come se ne sono viste e lette tante, ma si percepisce una sensibilità particolare per i sentimenti del protagonista, piuttosto che calcare la mano sull'evento eccezionale in sé.

Mortalità 100%, di Marco Lomonaco

Chi si vede! Il mitico master spogliato delle vesti di supermod dello Skannatoio! Mica nudo, però, che non sarebbe un bello spettacolo ;) , ma rivestito dell'abito della disillusione.
Che pugni nello stomaco leggendo il tuo monologo di 5k! Nessuna speranza, ogni fiducia nel futuro persa per sempre, niente che possa consolare. Il tutto condito da una mancanza di “political correctness” che mi ha disturbato e, proprio per questo, ha reso benissimo i sentimenti di cupezza estrema del protagonista.
Insomma, una prova difficile da portare avanti, per chi non si trovi in condizioni estreme. Un guizzo di speranza e positività scappa sempre, non foss'altro per tirarsi un po' su di morale dopo aver scritto con inchiostro d'un nero pece che più nero non si può. Invece, tu sei stato coerente fino alla fine.
Purtroppo, per quanto abbia apprezzato il lavoro, c'è una classifica da riempire e ci sono racconti, magari meno originali, che mi hanno, però, emozionato e soddisfatto di più.
Ci si rivede dalle parti dello Skannatoio!

Lo scrigno argentato, di Simolimo

Chi si legge! La Simo! Carina l'idea di questo racconto. L'immagine che mi ha colpito di più è quella del cuore artificiale che batte indifferente ai sentimenti del signor Uff. E poi c'è l'attaccamento al vecchio cuore. Anche se era un rogano malato, malfunzionante, amava sentirne il battito irregolare, era il suo, mentre quello nuovo, perfetto come un orologio, no gli è mai appartenuto.
Da qui a sviluppare un'apprensione paranoica per quello scrigno argentato, il passo è breve e il finale inevitabile. Ho apprezzato anche la trovata del vecchio cuore che viene restituito e conservato nel gelo del frigo (non credo però che lo facciano, dovrebbe finire nei rifiuti ospedalieri, credo... che idea! Potevi far finire il cuore in una discarica abusiva e... basta! Sto divagando).
Insomma, a una prima lettura può sembrare un raccontino senza troppe pretese, e invece le sue piccole suggestioni le mette al punto giusto.
Il fatto che si siano un paio di refusi in più rispetto agli altri non lo considero neppure (io in 3k ne ho sparsi a piene mani, ma perché non ho avuto il tempo di rileggere, sia ben chiaro ;) )

Finalmente libera, di Sallow

Davvero terribile anche questo racconto (nelle tematiche, non nella scrittura). Una crisi d'astinenza devastante, senza assistenza e l'ausilio di farmaci, e con allucinazioni inquietanti.
Non temi di sfruttare immagini forti: alcune mi sono parse efficaci, altre un po' troppo eccessive, seppure motivate dallo stato di alterazione della protagonista.
Mi sarebbe piaciuto sapere qualcosa di più dell'ombra, rivelare qualcosa di essa, magari un legame col passato, mentre rimane un aspetto del racconto tra la protagonista e se stessa.
Anche in questo caso, come in altri di questo gruppo, il finale non ha via d'uscita: sfocia nella tragedia, apparentemente l'unica soluzione per liberarsi dalla schiavitù della droga. Ma posso anche interpretarla diversamente, la morte come unica via di fuga possibile dal dolore, da una vita in quel momento insopportabile.
È il filo conduttore di molti racconti di questo gruppo, in questo caso, però, reso con toni meno misurati degli altri.



Gruppo A – Classifica del TETRA

1 - Ali di fata, di Luca Romanello (primo, un punto)
2 - Il male del millennio, di Chiara Paci
3 - Soli, di Roberto Bommarito
4 - Il sorriso di Sofia, di Francesco Nucera
5 - Lo scrigno argentato, di Simolimo
6 - Mortalità 100%, di Marco Lomonaco
7 - Grazie della compagnia, di Diego Ducol
8 - L’opportunità, di Viviana Tenga
9 - Finalmente libera, di Sallow
10 - Veleno d’argento, di Simone Carletti
11 - Malattia mortale, trasmissibile per via sessuale, di Beppe Roncari
 
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Roberto Bommarito
view post Posted on 13/2/2014, 13:44




ecco i miei commenti e classifica! in bocca al lupo a tutti, ragazze/i! :)

Commenti mc

1. L’opportunità, di Viviana Tenga, ore 23.44, 4403 caratteri

Molto pregevole l'idea di vedere le cose dagli occhi delle pulci. È un punto di vista originale. Mi sento di premiare questo racconto con un primo posto nella mia classifica proprio per questa ragione. Inoltre il racconto è scritto bene, con uno stile chiaro e frasi brevi e precise. La storia funziona abbastanza bene, senza particolari intoppi, anche se va detto che risolvere il problema dell'origine del loro sapere con un semplice “Odio essere una pulce! Odio avere queste conoscenze senza sapere da dove vengano!” forse non è abbastanza. Comunque, è un buon racconto!

2. L’esca, di Leonardo Boselli, ore 23.59, 3821 caratteri

Un racconto interessante perché riprende uno dei romanzi più importanti della letteratura e non è facile farlo. Una buona prova, anche per quanto riguarda la scrittura: frasi chiare e dirette. Il racconto si legge che è un piacere. Forse la malattia in questo caso non è la vera protagonista del racconto. Il tema sembra essere un altro, quello dell'esca appunto, ma con questo non intendo dire che sia fuori tema, assolutamente no. Solo che l'aspetto “esca” ruba un po' la scena a quello della malattia.

3. Il male del millennio, di Chiara Paci, ore 23.40, 4953 caratteri

Il racconto è scritto bene. Ne ho apprezzato lo stile, anche se a tratti risulta un po' troppo “asciutto”. Le frasi sono precise e molto chiare. La storia si legge con molta facilità, lineare e ben raccontata. C'è anche il giusto equilibrio fra mostrato e narrato. I personaggi sono delineati abbastanza bene. Forse la storia, ed è questo il difetto principale credo, non ha idee nuove.

4. Lo scrigno argentato, di Simolimo, ore 23.57, 3329 caratteri

Il racconto ha sia dei pregi che dei difetti. L'idea è bella, in parte anche poetica e d'effetto. Ci sono alcuni problemi però con i dettagli. Ad es, perché all'ultimo non sente la batteria che si scarica? Il fatto che il cuore aveva iniziato a marcire non dovrebbe influire con il suo non sentire la batteria scaricarsi, quindi attenzione a certe frasi. Un altro esempio: “Gli avevano lasciato solo le ciglia, per piangere.” Attenzione: anche se si capisce il perché della frase, cosa di vuole comunicare, rimane il fatto che le ciglia non servono a piangere e quindi risulta sforzato.

5. Finalmente libera, di Sallow, ore 23.59, 2831 caratteri

Da una parte è un racconto intenso e mi è piaciuto per questo. Dall'altra ci sono delle cose che non mi convincono del tutto. Ad es, sappiamo che è l'uomo a farle del male. Ma l'uomo, pur essendo così importante per l'economia della storia, è tratteggiato in modo molto poco marcato. È un po' un punto interrogativo. Il racconto forse andrebbe rivisitato, ampliandolo. Attenzione alle similitudini: “è rigida, come la brina che intrappola le foglie. Fragile, come il sole che le secca”. Siamo sicuri che gli aggettivi “rigida” e “fragile” descrivano bene la brina e il sole? Non mi convince.

6. Malattia mortale, trasmissibile per via sessuale, di Beppe Roncari, ore 23.14, 4919 caratteri

Ci sono degli spunti interessanti che però non trovano a mio parere la giusta espressione. Mi spiego. Il racconto non è davvero un racconto, nel senso che non si vive. È interamente raccontato, mai mostrato in nessun passaggio. La scelta di strutturarlo in brevi frasi non aiuta molto a immedesimarsi nella storia, che soffre anche di alcuni cliché come ad esempio: “Tutti i Pianeti dovevano alimentare la loro assurda fame di materie prime, solo per perpetuare la loro sete di dominio.” L'uso delle maiuscole, come nel caso della parola Virus, e nella parola conclusiva del racconto non credo siano una buona scelta. Scrivere in stampatello non rende le proprie frasi più forti, ma più deboli. La forza delle frasi sta nel modo come vengono composte. Detto questo, se fosse rielaborato mostrando, invece che raccontando, potrebbe fare un interessante e bel salto di qualità.

7. Ali di fata, di Luca Romanello, ore 22.41, 4862 caratteri

Ottimo stile, frasi brevi e precise. È un argomento difficile da affrontare senza ripetere alcuni cliché che sono molto comuni in questi casi. Il risultato rischia di essere una sensazione di “già visto”. Ad esempio, gli elementi del racconto non sorprendono. Dal momento in cui apprendiamo che la protagonista è daun, ci sono delle parti che diventano molto prevedibili, come il rifiuto di Gianni. Lo si vede arrivare molto prima di concludere il paragrafo. Anche il finale non riesce a risollevare il racconto come dovrebbe. Detto questo, è appunto un argomento difficile e riuscire a presentarlo in modo innovativo non è facile. Però allo stesso tempo il difetto rimane.

8. Il sorriso di Sofia, di Francesco Nucera, ore 23.48, 4922 caratteri

Storia interessante, con però dei problemi di base. L'intero racconto è narrato, non mostrato. Per rimediare a ciò si potrebbero, ad esempio, inserire delle scene contenenti dei dialoghi. Così com'è, invece, tutto risulta troppo lontano dal lettore per poterlo vivere. Difficile immedesimarsi nella storia. Detto questo, le frasi sono precise e chiare. Rivisitandolo il racconto potrebbe fare un salto di qualità.

9. Grazie della compagnia, di Diego Ducoli, ore 23.46, 3947 caratteri

Ci sono alcune scene cruente ben rappresentate. Allo stesso tempo, però, l'intero racconto è narrato e questo può essere un problema. Nulla infatti è mostrato. Non essendo mostrata, ad es con l'inserimento dei dialoghi, è difficile immergersi nella storia ed simpatizzare con il protagonista. Così la storia si legge ma non si vive. A parte questo, mancano degli spunti capaci di sorprendere davvero il lettore, come delle idee particolari che possano rimanere impresse anche dopo la fine della lettura.

10. Mortalità 100%, di Marco Lomonaco, ore 23.54, 4972 caratteri

Ci sono un po' di cose che non mi convincono di questo racconto. Sopratutto, questa storia non credo sia tale. Mi spiego: non c'è una vera e propria narrativa, un susseguirsi di eventi, un conflitto o un'evoluzione dei personaggi. È più che altro un filosofeggiare che alla fine non porta in realtà da nessuna parte. Il tema della malattia non la fa nemmeno da protagonista come forse dovrebbe. Alla fine si ha un po' la sensazione di non aver letto un racconto, ma solo delle considerazioni.

11. Veleno d’argento, di Simone Carletti, ore 22.56, 2219 caratteri

Il racconto è interamente narrato, invece di essere mostrato. Ad es, dire “faceva freddo” è raccontate. Dire: “Si strinse nel giubbotto” è mostrare (che faceva freddo). Essendo tutto raccontato, è difficile immedesimarsi nella storia, viverla. Forse il racconto andrebbe rivisitato, inserendo anche dei dialoghi (che appunto hanno la funzione di mostrare invece di raccontare). Inoltre si potrebbe approfondire l'origine delle creature.
 
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simolimo
view post Posted on 13/2/2014, 18:24




chiedo scusa se ho commentato tutti e non ancora messo la classifica, ma sono in serie difficoltà...
per davvero, mannaggia! abbiate pazienza
e abbi pazienza anche tu Inqui... che se non potevo scrivere qua... nosweat
 
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yaranilde
view post Posted on 13/2/2014, 20:36




Gruppo B
Commenti di Alexia Bianchini (Yaranilde)


VHEMT, di Andrea Viscusi

Scrittura morbida lineare, vissuta come un’onda. Una chiusa delicata e poetica. Non ho trovato sbavature. Mi è piaciuto come sono state dosate le parole, le pause. Ho visto i personaggi parlare fra loro, hai reso molto bene l’idea e l’ambientazione. Mi ha ricordato un po’ The Giver.
Unica pecca: sebbene mi sia piaciuto, non mi ha toccato il cuore, per i miei gusti (e sottolineo miei) c’è poca adrenalina.

La richiesta, di Manuela Costantini

Mi ha disorientato, e se questo era voluto hai centrato il segno. Solo che non ho capito alcuni passaggi, né alcune frasi. Sono tornata indietro a rileggere troppe volte e questo non mi piace.
Non lo sento abbastanza realistico, non ho provato empatia con il personaggio.
Non ho mai letto altro di te, quindi non so se questo modo di scrivere sia il tuo stile o sia voluto in funzione del testo.
La chiusa mi è piaciuta.

E se domani, di Rocco Nucera

Un po’ troppi refusi, d eufoniche, pov ballerini, concetti ripetuti. La storia ha dei buchi, come per esempio come arrivano in campagna e come torna in ospedale dopo che non trova l’amico. Di sicuro il tema è toccante e la parte filosofica molto realistica… è vero che davanti alla morte ci mettiamo a parlare della vita.
La chiusa è meravigliosa.

Il sale della vita, di Marco Fronzoni

La struttura non è solida. Prima di tutto i pensieri del protagonista, messi come dialoghi, essendo in prima persona, non dovevano essere virgolettati, altrimenti sembra che parli di continuo, e andrebbe anche bene se collimassero i tempi, invece come per la scena iniziale, in cui è in ascensore e poi dice che esce, gira a destra, a sinistra… insomma non può avvenire in un dialogo striminzito, bisognava dare respiro. Forse tolte solo le virgolette in alcuni monologhi il testo avrebbe avuto più senso, ma è vero che perdeva la dinamicità psicotica del protagonista.
Mi è piaciuta molto l’idea, meno la chiusa.

Binario morto, di Simonetta Brambilla

Ci sono dei refusi, dei cambi di pov e d eufoniche. Alcuni verbi sono impropri e alcune frasi troncate. Non hai dato respiro, cerca di sprecare qualche parola in più, e non dare per scontato che il lettore segua i tuoi ragionamenti, lo devi accompagnare. La scrittura è un po’ acerba, ma visti i tempi del contest c’è ampio margine di miglioramento.
Da appassionata di zombie in ogni salsa i tuoi sono poco credibili (fantocci) e poco paurosi.
La chiusa non l’ho capita. È diventato fantasy all’improvviso? Il ponte che si squarcia, lingue di fuoco? Mi son sembrate frasi buttate lì per colpire e senza un senso compiuto.

OMEGA, di Raffaele Marra

Ho apprezzato molto l’inizio. Stile asciutto, dinamico, emozionale. Solo che mi è sembrato un film già visto, in alcuni passaggi mi ha ricordato “28 giorni”, poi mi è sembrato di leggere verso la fine “Io sono leggenda”, e la chiusa, legata al presidente, non l’ho gradita, l’ho trovata un’americanata. Nel complesso merita.

Il Virus di Re Erode, di Michele Botton

Idea molto carina, mi piace, solo che non sopporto il corsivo, e non gradisco un infodump così eccessivo, perché toglie il mostrato e a fine riga non ricordo nemmeno più cosa ho letto. Ergo ho apprezzato l’inizio e la fine, ma la parte in mezzo avrei preferito “vederla”, più che sentirla leggere. Ho visualizzato il tipo che leggeva una missiva e non ciò che leggeva.

Le facce nella stoffa, di Marco Cardone

Molto nelle mie corde, davvero complimenti. Avrei aggiunto un po’ di introspezione del protagonista, che si è persa perché si è passati dalla prima persona alla terza. Capisco anche che sia voluto, ma allora avrei fatto il cambio anche sulla fine, quando torniamo al presente.
Comunque, imperfezioni o meno, è quello che mi ha colpita di più.
Trovo che la chiusa perfetta sarebbe stata con: “Forse suo padre era tornato a prenderlo”, senza aggiungere l’altro piccolo paragrafo.

Polvere alla polvere, di Daniele Picciuti

Bella la descrizione delle creature volanti. Mi è piaciuto il senso di rivolta psicologica davanti alla morte che incombe.
La storia merita più spazio, in poche righe hai condensato un mondo. All’inizio ho creduto che la Snow White avesse un’anima, come Evangelion. Il rapporto pilota-mezzo mi ha catturata.
L’unico difetto è proprio questo, che ci sono molti particolari condensati, e spero di leggerne una novella.

Campo a primavera, di Marco Migliori

Carinissima la chiusa, bravo, non me l’aspettavo, mi hai sorpreso! Adoro le storie noir, ma con quella verve ironica che spiazza. I due tizi sono caratterizzati bene. Ci sono un po’ di ripetizioni, ed è un po’ statico nella prosa. Troppi personaggi in poco spazio e non si mantiene la concentrazione sulla storia, ma nel complesso buono!

La mia Classifica:

1. Le facce nella stoffa, di Marco Cardone
2. VHEMT, di Andrea Viscusi
3. Polvere alla polvere, di Daniele Picciuti
4. Campo a primavera, di Marco Migliori
5. OMEGA, di Raffaele Marra
6. Il sale della vita, di Marco Fronzoni
7. Il Virus di Re Erode, di Michele Botton
8. E se domani, di Rocco Nucera
9. La richiesta, di Manuela Costantini
10. Binario morto, di Simonetta Brambilla
 
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view post Posted on 14/2/2014, 19:44

Alto Sacerdote di Grumbar

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Eccomi con commenti e classifica.
Per chi mi incrociasse per la prima volta: i miei commenti sono scritti a uso esclusivo dell'autore di cuis to cercando di analizzare il brano e riflettono i miei pensieri e punti di vista a riguardo. Non pretendo né che voi mi diate retta né che concordiate per forza con quello che vi dico. Sono spunti di riflessione che potete cogliere o rigettare, senza il minimo problema, tenete solo conto del fatto che io dico quello che dico con la massima buonafede e con il massimo rispetto per il vostro lavoro.


Kendalen – Ali di Fata
Ciao Luca, bentrovato.
Il racconto lo devo per forza valutare da due punti di vista differenti:
Il primo è quello della scrittura che, a parte un paio di sbavature, scorre liscia e senza particolari apprensioni o perplessità da parte del lettore.
Non mi è molto piaciuta la lente/filtro che hai usato nelle parti della ragazzina. Tematiche come quelle affrontate, lette attraverso uno stile e un pdv tanto infantili non mi ha affatto convinto. Ha incrementato il distacco emotivo, invece che calarmi nella storia. Immagino che l’intento fosse quello di sfruttare la reazione umana di fronte a una tragedia che riguarda un bambino, il tipico “aaawww” iniziale per poi assestare il cazzotto del “colpo di scena” finale. Ecco, con me non ha molto funzionato. Perché nel linguaggio e nel pdv ho scorto le tracce di tutto ciò e quindi a riga 3 avevo già fortissimi sospetti su come sarebbe finita la storia.
Sempre riguardo lo stile scelto, ti segnalo la frase della “nuvola grigiastra di silenzio imbarazzato”, credo stoni molto, si passa da costrutti semplici e infantili a un “gioco di prestigio” retorico che poco ci azzecca col resto.
Comunque, al di là di quanto segnalato, la scrittura è liscia e senza evidenti increspature, discuto la scelta dello stile, non come poi lo hai reso.
L’altro punto di vista per cui devo fare un discorso diverso è quello dei contenuti, che è molto più soggettivo. Io odio visceralmente le scelte di tematiche come quelle che hai scelto tu, narrate attraverso la lente che tu hai scelto. Sono le classiche storie d’autore fatte per essere drammi, all’interno di drammi, all’interno di altri drammi, delle matrioske di drammaticità.
Io faccio sempre l’esempio del bambino handicappato che vive in una casa col padre ubriacone manesco e la mamma prostituta eroinomane, che va in chiesa a cercare aiuto, finendo tra le grinfie di un prete pedofilo superdotato. Poi a un certo punto trova un cagnolino che rappresenta l’unico spiraglio di speranza nella sua vita, ci ripone tutti i suoi buoni sentimenti, ma subito il cane muore di una malattia degenerativa che lo fa soffrire come se non ci fosse un domani… eccetera…
L’esempio è ovviamente un’esagerazione, ma credo chiarisca il punto. Ci sono modi e modi di raccontare drammi, spingere forzatamente sull’empatia e sulla disperazione è, a mio modo di vedere, quello sbagliato.
L’altro esempio che porto sempre è che se in Italia decidono di fare un film su un bambino handicappato fanno quello che ti ho descritto prima, altrove fanno Forrest Gump.
Per me le matrioske funzionano solo con le esplosioni… quindi esplosioni, dentro altre esplosioni, dentro altre esplosioni, e così via all’infinito.
Un altro aspetto che ti faccio notare è che la tua bambina protagonista è tutta buona, non che non sia possibile, ma contribuisce a “far mangiare la foglia”, perché sembra fatta apposta per massimizzare l’effetto del suicidio finale.
Quindi, per tirare le somme, il mio giudizio è buono, il racconto funziona… il brano, per i motivi di cui sopra, non mi è piaciuto ma questo non lo rende affatto un brutto lavoro.


Simone Carletti – Veleno d’argento
Ciao Simone, piacere di incrociarti per (credo) la prima volta. Sentiti libero di correggermi se sbaglio :)
Il problema principale del racconto è, per me, che è fuori tema.
Uno sciame di strani insetti velenosi non è una sindrome, malattia o morbo. A un certo punto lo dici esplicitamente che sono un morbo mi pare, sfruttando il senso lato del termine. Questa è una cosa che in genere apprezzo (chi mi conosce sa che sono per l’interpretazione creativa delle specifiche), ma nel tuo caso il salto è troppo debole, il filo che collega il senso stretto e quello lato, per me, troppo debole.
A parte questo, che è un problema solo per quanto riguarda la classifica, il brano è abbastanza piacevole. È molto molto breve e quindi ha i problemi dei brani brevi: non approfondisce, lascia troppi non detti, eccetera.
Ha la grossa pecca di non dirci nulla riguardo tutto ciò su cui poni l’attenzione e su cui cerchi di stimolare la curiosità del lettore. Non dico che avresti dovuto dire tutto, spiegare tutto, ma il fatto è che non hai detto niente. Presenti solo il fatto che questi insetti hanno invaso il mondo e che l’albero che fa loro da casa non vede più gli umani.
Il pdv dell’albero è gestito abbastanza bene, ma tutto finisce prima che ci si possa anche solo un minimo appassionare alla vicenda. L’unico (secondo me) modo per far funzionare storie così brevi è quello di dare elementi che poi facciano sì che il lettore ricostruisca tutto il contorno, magari sentendolo suo, e tu secondo me questo non l’hai fatto.
Non so bene cosa dire d’altro, perché essendoci così poco scritto, c’è anche molto poco da dire.
Peccato perché la scrittura era abbastanza buona e scorreva bene.


Beppe Roncari – Malattia mortale, trasmissibile per via sessuale
Ciao Beppe, piacere di conoscerti, a meno che ci siamo incontrati altrove e usavi qualche nickname che non collego.
Il brano è sicuramente originale, una struttura e un modo per la malattia che è inusuale, la ribellione come “malattia sistemica” che si trasmette di mente in mente è stata bella. Abbiamo anche fatto lo stesso salto logico per interpretare le specifiche, si capisce subito dal titolo, quindi non posso che apprezzarlo.
Però ci sono delle cose che secondo me non vanno.
Prima di tutto proprio la struttura rende il tutto troppo frammentario, è come guardare una scena in una stanza buia con una stroboscopica accesa. Disorienta più che appassionare, secondo me.
Poi, io credo che l’incipit di una storia sia, al par dell’epilogo, il momento più importante, quello da curare meglio e nel tuo primo “step” ho visto una cosa che ti segnalo che dovrebbe essere rivista ma che è anche alla base dell’idea di racconto.
“Doveva stare attenta. Non c’era molto tempo. I droni di ricognizione passavano nel condotto ogni quarantadue secondi. E il condotto era l’unica via d’accesso al Sancta Sanctorum dei Creatori.”
Qui ci dici che per accedere al Sancta Sanctorum (che è per definizione un posto di estrema importanza e di accesso assolutamente vietato) c’è un’unica via di accesso (e questo è giusto e buono), e poi dici che i droni la pattugliano ogni 42 secondi? Questo è, per me, assolutamente non credibile. Se c’è un sancta sanctorum e c’è un’unica via di accesso e ci sono dei droni che controllano, non è plausibile che questi droni creino “buchi” di 42 secondi nella sorveglianza. È la tipica cosa messa lì per permettere a qualcuno di entrarci, altrimenti il racconto non sussiste. E se l’incipit nonché spunto narrativo, non sta in piedi, il resto del racconto ha, a mio modo di vedere, dei seri problemi.
La poca credibilità si accentua al secondo paragrafetto, quando dai ai droni l’ecolocazione. Solo? Immaginando un’ambientazione futuristica, dei droni di sorveglianza per i segreti più segreti dell’universo dovrebbero avere tutto… ecolocazione, infrarossi, termico e chi più ne ha più ne metta.... quello che fai tu è come aver messo una porta blindata al caveau di una banca, senza sensori di pressione, rilevatori laser eccetera.
Poi ci sono errorini sparsi in generale, tipo “Anche ora che i TecnoAngeli dei Creatori rastrellavano impietosi”, qui se dici ora devi usare poi il presente. Comunque sparsi qui e là ci sono degli errori nella consecutio temporum, magari in rilettura facci caso.
Damian, nell’economia generale della storia non ha motivo di esistere. Non aggiunge nulla alla narrazione, non aiuta a caratterizzare nessuno, per me andrebbe tolto perché distrae e basta. LA cosa che da fuori riesce a bombardare e far esplodere un pianeta in cui c’è l’arma segreta dei tiranni è una caduta di stile, il fatto che serva a tirar fuori lei dalla camera anche, se metti un trick del genere, deve servire a qualcosa di più che non a far esntrare in scena qualcuno per comporre il quadretto alla adamo ed eva finale.
La cosa della cuffia che comincia a sentire i sonar anche facci attenzione, perché se senti le onde sonore di un sistema sonar, vuol dire che anche il sistema sonar “sente” te con il ritorno dell’onda sonora. Ci sono casi limite in cui non succede, ma per le cose che sono antiintuitive, al lettore andrebbe sempre data una spiegazione.
“Suggirgli” è sfuggire a lui, per i droni sarebbe stato “sfuggire loro”.
Il finale è tutto uno “spiegone” da narratore, cosa che fa sempre alzare un po’il sopracciglio.
Insomma, l’idea di base mi è piaciuta, ma secondo me sei stato un po’ approssimativo nella definizione degli elementi, il che ha avuto parecchie ricadute sulla coerenza interna del pezzo.
So che non era facile scrivere un pezzo così in così poco tempo, ma essendo chiamato a valutare il brano in sé, dico che questo ha diversi punti su cui è ampiamente migliorabile.
Fossi in te non abbandonerei l’idea però, ha degli aspetti che possono funzionare, secondo il mio parere.
Beh, sperando di esserti stato utile, ti saluto e mi auguro di incrociarti di nuovo. ;)


Roberto Bommarito – Soli
Ciao Roberto, piacere di incrociarti di nuovo dopo tanto tempo. :)
Il racconto non mi ha molto convinto, per diverse ragioni che ti spiego subito.
Innanzitutto a tratti non è molto chiaro, mischi il piano del disagio psicologico e di quello fisico spesso senza uno schema preciso (almeno al mio occhio) e spaziando su ambiti e salti logici differenti in un modo che confonde.
La scrittura in sé è buona, un po’ troppo minimale a tratti, il che non aiuta alla comprensibilità, dando solo dei piccoli flash, a volte il lettore si perde passaggi che magari per te erano chiarissimi ma che lui (io) deve ricostruire e quindi il flash perde una parte (più o meno grande a seconda dei casi) di quell’immediatezza che dovrebbe secondo me contraddistinguerlo.
Comunque, al di là di tutto questo, la cosa che mi è piaciuta meno è il linguaggio, leggero, a tratti colloquiale, che poi ogni tanto muta e va sul sentimentale un po’ “mainstream”, poi torna colloquiale… insomma, queste variazioni le ho apprezzate poco, soprattutto perché non ho percepito da fuori una motivazione per la scelta… a un cambio stilistico mi sarei aspettato anche un cambio di punto di vista o altre cose simili, invece non le ho viste e quindi mi ha stonato… (in tutto ciò intendevo il linguaggio della voce narrante, non includevo in questo discorso i dialoghi che, al contrario, sono stati resi secondo me bene).
Comunque, al netto di tutte le cose che dovevo segnalarti per conoscenza, la cosa che mi ha inibito più di tutte dal godermi il pezzo è stata che in alcuni punti non si capisce cosa tu voglia dire e quindi mi son trovato a interrompere la lettura, tornare indietro, cercare riferimenti che magari mi ero perso, e non lih o trovati, quindi alla fine ho ancora diversi punti di domanda che gravano sulla mia comprensione del brano e che non me lo fanno apprezzare come magari avrei potuto.
Il resto che ti ho detto è tutto secondario.
Beh, è tutto per ora, alla prossima ;)


Chiara Paci – Il male del millennio
Ciao Chiara, piacere di conoscerti e di leggerti. :)
Il tuo brano è piuttosto equilibrato, non ha praticamente nessuno degli errori che fanno le penne alle “prime armi”, quindi anche un paio di virgole fuori posto ritengo possano essere semplici sviste.
Sarò breve perché non c’è tantissimo da dire, tutto ciò che, a mio avviso, non va all’interno del tuo brano è legato alla questione show/tell e alle incursioni del narratore nel narrato.
La quesitone show/tell immagino tu la conosca e quindi ti segnalo solo che penso che il tuo brano abbia troppo tell, dove c’è show è molto più godibile, anche se è sempre e comunque accompagnato dal tell. Un esempio su tutti quello in cui si allaccia lo spago attorno ai pantaloni per tenerli su.
Poi, per quanto riguarda le incursioni del narratore nel narrato sono, secondo me, troppe e troppo pesanti. In certi punti si riesce a immergersi nella storia, poi mi trascini a forza fuori dagli eventi facendo parlare il narratore, per dare delle informazioni che a volte non sono poi così rilevanti, altre volte invece avresti potuto inserirle nel narrato in modo più organico e meno traumatico.
Il mio consiglio è quello di far emergere le cose dal brano o dal punto di vista che stai tenendo per narrare le vicende, senza farle calare dall’alto. Ne ricaveresti una maggiore immedesimazione e immersione del lettore, che è sempre una cosa buona.
Altra cosa, per correttezza avresti dovuto fare almeno un breve accenno al fatto che la protagonista fosse quantomeno carina, altrimenti si arriva alla fine senza gli elementi necessari a giustificare il tutto, è un trucchetto un po’sporco ;)
Però comunque la scrittura in sé mi è piaciuta. Molto pulita, apprezzo molto. I “problemi” che ci sono, sono tutti di gestione, che comunque non è una cosa immediata. :)


Viviana Tenga – L’opportunità
Ciao Viviana, anche con te mi sa che è la prima volta che ci si incrocia, molto piacere.
Il brano nasce da una serie di idee già viste in un sacco di salse, quindi per quanto riguarda la trama non posso certo dire che sia stata particolarmente originale, d’altronde non è che ci si penalizza per una trama non particolarmente nuova, quindi tutto ok.
Ciò che non mi è piaciuto del brano è che è stilisticamente confusionario. Hai usato qeul modo tutto inglese di riferirsi ai personaggi chiamandoli sempre per nome, quindi diventa tutto sempre molto ripetitivo, con strutture sempre analoghe tipo “tizio fa questo”, “caio dice quest’altro”, “sempronio vede tizio che fa la cosa X a Caio”… eccetera…
Magari cambiando un po’struttura delle frasi e usando qualche pronome in più, il brano sarebbe stato più fluido e scorrevole.
Inoltre, la quantità di punti di vista che cambi in così poche righe è altissima… ogni volta che qualcuno fa qualcosa, salti al suo pdv, anche solo per mezza riga, per poi passare a quello successivo, a quello dopo, e così via per tutto il brano. Questa cosa non aiuta il regolare e lineare svolgersi delle vicende e quindi neppure la loro comprensibilità imemdiata da pare del lettore.
Inoltre, ci sono un paio di passaggi di logica quantomeno dubbia.
Dicono che la profezia è, in soldoni, “se non fermiamo l’uomo, questo distrugge tutto” e poi subito dopo il tipo comincia a fare la filippica sull’inevitabilità che non ha senso, partendo dalla profezia come l’hai proposta tu. Dice “SE NESSUNO LO FERMA, allora distrugge tutto”.
Quindi boh, tutto quel pezzo l’ho trovato senza molto senso.
Avrebbero INFERTO alla razza umana, non infierito. :P
Il finale anche è debole, non ho compreso l’utilità di fare del topo un codardo per poi rivedere la cosa alla fine… non sarebbe stato più liscio dire da subito che il topo era supercoraggioso e che quindi loro, invasate, l’avevano scelto apposta? Così alla fine si arriva più tranquilli al fatto che sale sulla nave e che si avvicina all’umano. Comunque è inverosimile, per me, che un umano sveglio non reagisca alla presenza del ratto.
Quindi, insomma, carina l’idea, ma secondo me non sviluppata benissimo. Il pezzo ha ampissimi margini di miglioramento. Soprattutto per quella cosa del punto di vista, prova a farci attenzione rileggendo e vedrai che ne cambi troppi in troppo poco tempo e senza stacchi tra uno e l’altro. :)
Beh, è tutto per ora. ;)


Diego Ducoli – Grazie della compagnia
Ciao Diego, anche tu per me sei un nome nuovo, quindi molto piacere di conoscerti. :)
Il tuo racconto non mi stava piacendo particolarmente, fino al finale, che ne ha risollevato le sorti con una prepotenza notevole.
Ha comunque alcuni problemi che ti vado subito a esporre.
Prima di tutto secondo me dovresti rivedere un po’la punteggiatura. Partendo dai puntini di sospensione che, a prescindere da quello che la gente pensa, non servono per imporre pause nella lettura o nella scansione del ritmo delle battute. In scrittura si dovrebbero usare solo quando una frase è lasciata a metà.
Tutto il resto diviene uso improprio. Per arrivare anche alle virgole che avresti,s empre secondo me, potuto gestire meglio nel creare il ritmo di lettura che volevi dare.
Quindi ci sono parti in cui si va troppo veloce, altre in cui troppo lenti, il ritmo andrebbe un po’rivisto tutto, dal mio punto di vista.
L’altra miglioria che ti consiglio è quella di spingere un po’di più sulla caratterizzazione del protagonista all’inizio, con lo humour nero che l’hai inserito, è carino, ma per me potresti dare di più. Questo ti aiuterebbe a definire meglio il protagonista e far sì che il colpo di scena finale sia meglio digeribile e più plausibile e verosimile.
In quest’ottica, avresti, nel crescendo del brano, dovuto inserire una progressione più rapida dopo il primo terzo di racconto. Far leggere meglio la rabbia che gli montava dentro, così alla fine il gesto sarebbe stato più giustificato. Perché la trovata è notevole e mi è molto piaciuta, ma è un po’poco equilibrata al momento.
Un’altra cosa che ti segnalo è il lezzo di urina eccetera che citi all’inizio. Poi a un certo punto dici che ha le sacche accanto al letto, quindi si desume anche il catetere, quindi non si sa più da dove esca la puzza di urina… e da dove esca tutto lo schifo che, dalle descrizioni iniziali, uno se lo immagina pluristratificato da settimane, invece poi scopriamo che c’è un’infermiera che comunque lo cura. Poi non si capisce nemmeno bene l’ambientazione. All’inizio ero convinto fosse a casa, poi alla fine invece ero persuaso si trovasse in ospedale. Quindi ci sarebbero anche questi punti da rendere un po’più chiari secondo il mio occhio.
Comunque in generale il pezzo è un buon pezzo, si fa leggere e ha un finale degno di questo nome. ;)


Francesco Nucera – Il sorriso di Sofia
Ciao Francesco, piacere di conoscere anche te, nel mio girone siete in molti a essere per me nomi nuovi, mi fa molto piacere. ;)
Venendo al racconto, in linea di massima è una storia piacevole, niente di originale, ma anche a te non ne faccio una colpa, la tua scelta tematica porta quasi necessariamente con sé un forte senso di “già visto”.
L’inizio è stilisticamente incerto e titubante, qualche termine non sbagliato ma nemmeno usato in modo proprio giusto, qualche scansione dei periodi secondo me discutibile, un ritmo che non mi ha impressionato.
Col prosieguo si migliora, come se ti fossi pian piano sciolto. Quindi dal punto di vista formale non ho cose particolarmente rilevanti su cui romperti le scatole, meglio concentrarsi sugli equilibri della storia che sono la cosa su cui a mio avviso dovresti lavorare di più.
La storia pende verso l’inizio. Vale a dire che la situazione iniziale ha molto più spazio, molto più tempo e riflessività, approfondimento, eccetera, mentre la seconda scappa via che quasi non fai a tempo a capire cosa stia succedendo.
Alla fine, tra l’altro, rimangono tanti punti di domanda senza risposta. Cosa che va bene se devi lavorare a un sequel o se devi mettere un cliffhanger per esigenza narrativa. Meno bene se il racconto deve chiudersi.
C’è una regola non scritta che dice che se tu poni l’attenzione su qualcosa, quel qualcosa deve avere una rilevanza nella storia… in quest’ottica tu hai inserito diversi elementi che effettivamente non servono molto, come il “mostro” attentatore, quello è davvero un in più che non serve a nulla. A toglierlo risparmieresti caratteri e potresti potenziare il finale in cui comunque lui capisce di essere contagiato e decide di non rientrare in casa.
Anche le scene di suspense sono gestite secondo me non troppo bene, non fai a tempo a introdurre l’elemento che dovrebbe inserire tensione che già la situazione si evolve e succede la cosa. La chiave della suspense è che la cosa non succede, almeno per un po’.
Mettere i carrelli dietro la “tenda” di plastica è stata una scelta un po’infelice, perché sa proprio di “ti sto chiamando il colpo di scena”. E poi alla fine quella tenda neppure serve. Insomma, ci vorrebbe più equilibrio nelle scelte narrative.
Il finale, inoltre, se l’ho apprezzato come idea, l’ho apprezzato meno come svolgimento. Approfondendo il discorso, sappiamo che l’obiettivo suo è quello di salvare la famiglia. È uscito perché altrimenti la famiglia sarebbe morta di fame. Lui a fine racconto NON ha risolto questa situazione. Quindi, finché gli rimane lucidità (e, giudicando dalla reazione del tipo che vede quando si rianima, anche dopo il contagio e i segni evidenti, la lucidità gli rimane. Avrebbe potuto fare mille cose per cercare di aiutare comunque la sua famiglia, invece si volta e se ne va. Quindi bella scena, ma poco credibile e quindi perde di tutta la sua forza, perché nel momento in cui mi aspetto che la sua scelta lo renda davvero forte e tridimensionale, invece gli toglie consistenza, rovinando di fatto il lavoro che avevi fatto fino a quel momento.
Quindi anche a te dico che il racconto funziona abbastanza, ma ha dei punti oscuri che andrebbero rivisti per sfruttare meglio il suo potenziale che non è assolutamente espresso appieno, c’è molto da tirar fuori da un pezzo come questo oltre quello che ci hai tirato fuori in questa prima stesura! Quindi, per me, non dovresti abbandonarlo ;)


Simolimo – Lo scrigno argentato
Ehmbé, che c’è? Mica pretenderai anche che ti dica “piacere di conoscerti”, no? :P
Ciao simo, era, boh, tanto che non ci si incrociava da concorrenti, dalla prima macelleria targata polly, mi pare. :)
Comunque, veniamo al pezzo, non mi è piaciuto per niente, pessimo, illeggibile!!!!!! (scherzo, non l’ho ancora letto, ora lo leggo e poi ti dico :D )
Niente più barba né baffi? Sadica! E poi dici che non ti piace scrivere horror! -.-“
E dovresti dargli una rilettura, in alcuni punti mancano le parole e c’è punteggiatura creativa :P
LE abbiamo ridato la vita, non ha senso che parli in terza persona del suo interlocutore.
Credo si dica incapace DI seguire. Ho in testa che A seguire sia dialettale, ma non sono sicuro al 100%.
Hahahaha, forte quando shotta la tipa. A caso, come piace a me! XD
Scemate a parte, il racconto fila, lo stile mi è stato un minimo indigesto all’inizio ma poi ci si abitua. L’unico punto “debole” è il cambio del vecchio. Per me puoi agire in due modi: o chiarisci meglio il rapporto tra lui e il battito del suo cuore all’inizio (lo dici ma non lo spieghi/fai percepire bene bene, inteso che non si ha l’impressione che sia rilevante, sembra “solo” caratterizzazione), oppure dai più respiro al cambio da sanità a paranoia prima dello stacco prima del paragrafo della vicina. Anche lì lo dici ma non si capisce che è una cosa definitiva, sembra il frutto del momento specifico.
Entrambe sono strade percorribili e funzionali, secondo me.
L’unico altro appunto che ti faccio è che mi aspettavo una frase più a effetto per il finale, una cosa esplosiva, una battutaccia, humor nero in stile skan in corso. Così com’è non è brutto ma non è all’altezza del resto.
Comunque buona prova, l’ho trovata interessante e con un suo perché. ;)


Sallow – Finalmente libera
Ehilà, Sallow, ciao. È un po’che non ci si incrocia, ben ritrovato. ;)
Il brano che proponi stavolta mi è parso, opinione personale, un po’ “timoroso”. Nel senso che ci parli del degrado, delle paranoie, dello schifo eccetera… ma non ci porti dentro quel degrado. Mancano odori, sapori, scene “visionarie”. Ok l’ombra che la fissa che dovrebbe risultare inquietante, ma non ha sortito proprio l’effetto sperato, almeno su di me. Io amo le storie in cui ci si sporca le mani e, proprio per questo, quando ne vedo una, voglio che l’autore se le sporchi le mani, fino in fondo, non solo la punta delle dita o le suole delle scarpe.
Quindi il consiglio che mi sento di darti è quello di spingere sull’acceleratore, lasciarti affondare nel personaggio e nelala situazione, perché dal mio punto di vista ne hai solo scalfito la superficie.
E di rivedere il finale perché sgozzarsi con una siringa da eroina credo sia impossibile, l’ago è sottile e si spezza con facilità. Ma se sai qualcosa che non so, ascolto volentieri la spiegazione ;)
Un frammento di specchio avrebbe potuto fare gioco, le immagini negli specchi, sia di sé stessa che di qualsiasi altra cosa avrebbe potuto vedere, sarebbero state un buon viatico per arrivare alla chiusura in modo, secondo me, più solido.
Poi approfondisci un minimo anche l’ambientazione… all’inizio pensavo fosse in una sorta di clinica a riabilitarsi, mi è stato oltre ogni ragionevole dubbio chiaro che non fosse così solo nel momento in cui dici del tavolo con sopra lo schifo.
A parte questo il brano ha una forma e un periodare generalmente buoni, ma mi hanno lasciato sempre l’impressione di essere anche un po’incerti. Mi chiedo però se sia causato dallo scarso tempo disponibile, in altri contesti non avevo notato niente del genere nel tuo stile.


Leonardo Boselli – L’esca
Ciao Tetra, come dici tu, ogni tanto ci si scontra oltre che incontrarsi e basta ;)
Il pezzo è piacevole, non ci sono grossi errori grammaticali e/o stilistici, quindi sotto questo punto di vista direi che si può sorvolare senza patemi.
Le uniche cose che ti segnalo sono che per qualcuno che non abbia letto Moby Dick, il racconto non è molto significativo. Tu avresti ragione a rispondere “e chi non ha letto Moby Dick?”, ma in effetti questo tuo racconto ha più a che fare con la fanfiction che con la narrativa “originale”. Per me non è un problema in sé, comincia a diventarlo quando le caratterizzazioni sono date un po’per scontate, basandosi sul presupposto che tanto Achab lo conoscono tutti.
Qui, per esempio, la cosa che veramente manca, è l’odio bruciante di Achab e Moby Dick l’uno per l’altra, quello che traspare dalle parole, dalla narrazione, dai gesti. Non è che non ci sia, ma proprio perché hai scomodato certi personaggi, mi aspettavo di trovarlo in dosi maggiori, spinto oltre la follia e soprattutto respirabile. Tu hai inserito gli elementi ma, forse complice il poco spazio, non li ho trovati particolarmente vivi.
Il pezzo rimane un buon pezzo, di un ottimo livello tecnico, ma difetta molto, secondo me, dal punto di vista emotivo.
Altro da dire non c’è, era tutto a posto. ;)


CLASSIFICA

Ci tengo a dire che non sapevo da che parte sbattere la testa per fare la classifica… ai primi 5 ho dato a tutti lo stesso voto (metto i voti ai racconti quando li leggo, così poi fare la classifica dovrebbe essere più facile). Boh, mai successo. Quindi sappiate che tra la prima e la seconda metà della classifica c’è un po’ di differenza, ma all’interno delle due metà ce n’è poca, mi spiace per chi è finito più sotto ma d’altronde una classifica la dovevo per forza fare.

1. Diego Ducoli – Grazie della compagnia
2. Simolimo – Lo scrigno argentato
3. Leonardo Boselli – L’esca
4. Luca Romanelli – Ali di Fata
5. Roberto Bommarito – Soli
6. Chiara Paci – Il male del millennio
7. Sallow – Finalmente libera
8. Francesco Nucera – Il sorriso di Sofia
9. Viviana Tengo – L’’opportunità
10. Beppe Roncari – Malattia mortale, trasmissibile per via sessuale
11. Simone Carletti – Veleno d’argento
 
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Beppe Roncari
view post Posted on 15/2/2014, 00:33




Ciao, master_runta, in questa sede solo una postilla grammaticale importante, senza entrare nel merito del tuo commento (se vuoi di quello ne parliamo altrove), "gli" per "a loro" è "senz'altro corretto" oltre che per i principali dizionari e per Manzoni anche per l'accademia della Crusca :-)

http://www.accademiadellacrusca.it/it/ling...isposte/uso-per
 
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Manuela Costantini
view post Posted on 15/2/2014, 01:15




Ecco i miei commenti:

Vhemt, di Andrea Viscusi
Il racconto si legge bene, a parte qualche refuso e qualche ripetizione di troppo. Segnalo anche l’uso di possessivi che potevano essere evitati. Ottima la struttura. Si parte in media res e poi si torna indietro e si arriva alla fine della storia. Buona anche la caratterizzazione del “Funzionario” che inizialmente appare come un burocrate crudele, una figura da temere e si dimostra invece di tutt’altra pasta. Mi sarei aspettata, però, un finale più “cattivo”. Il “Funzionario” che da inquietante, diventa accondiscendente e comprensivo e alla fine, con una battuta forte, riporta le cose come appaiono all’inizio. Perché il Vhemt (e il fatto che esista davvero è spaventoso) deve essere perseguito.

E se domani, di Rocco Nucera
Non lo so, non mi ha colpito questo racconto. Credo che l’idea di fondo sia buona, ma sia stata trattata in una maniera poco originale. I due amici che parlano del senso della vita e il concetto che vogliono esprimere è troppo ribadito, ripetuto più volte. Il finale è commovente, carino, ma anche questo poco originale. Ho trovato qualche errore nella punteggiatura e qualche refuso.

La Grande Moria, di Alexia Bianchini
Scrittura incisiva e adatta al genere trattato. È un po’ troppo ripetuta la parola “lascivo/lasciva”. Quello che non mi ha convinto è che ho avuto l’impressione che fosse l’incipit di una storia più lunga e non un racconto autoconclusivo. Ci sono un paio di interrogativi che restano senza risposta. Come mai muoiono tre persone? Selen non è “contagiosa”, almeno non sembra. E la risposta è insinuata solo dalla vecchia Josephine. E poi nella scena finale, splatter e drammatica, resta in sospeso tutto quello che succederà. O che potrebbe succedere. E questo è proprio di un incipit ben scritto che apre mille possibili scenari.

Il sale della vita, di Marco Franzoni
Un delirio allucinato. Non mi sono nemmeno chiesta perché avesse un’ossessione per il sale, non ha nessuna importanza saperlo. Però ho trovato meno efficaci gli “altri”, quelli che si rapportano con il protagonista. Ho pensato a due possibilità: che lui immaginasse le risposte degli altri, ma questo non traspare dal racconto, o che i suoi interlocutori fossero reali. E allora sono poco verosimili le battute dei dialoghi, a parte quelle degli autisti che rischiano di investire il protagonista.

Binario morto, di Simonetta Brambilla
Belle descrizioni, sembra di essere lì con Rianna e Dennis. Il ritmo del racconto è perfetto, le scene si susseguono incalzanti e la speranza iniziale di raggiungere quel ponte per avere salva la vita, è mantenuta intatta per tutto il tempo della narrazione. Il finale è improvviso e sospeso allo stesso tempo e lo trovo azzeccato. Segnalo qualche indecisione nella gestione del punto di vista.

OMEGA, di Raffaele Marra
Ottima l’idea di base, e il finale lo trovo splendido. Mi piace molto anche lo stile, secco, senza fronzoli, come piace a me. Però manca il trasporto, manca l’emozione, manca la disperazione. Inizialmente il protagonista non capisce dove sia, addirittura chi sia, poi comincia a ricordare e a rendersi conto di essere l’ultimo Uomo. Leggendo ho percepito benissimo il senso del racconto ma è come se avessi dovuto “riadattare la scena”. E dare caratterizzazione a un uomo prima confuso, poi spaventato, poi consapevole e infine disperato.

Il virus di Re Erode, di Michele Botton
L’idea è davvero buona. Sia per la visione di un mondo “al femminile”, sia per come si potrebbe evolvere, in un ipotetico futuro, tale mondo. Il lungo brano in corsivo, però, mi ha fatto pensare più a un saggio che a un romanzo. Avrei lasciato più spazio alle azioni, ai dialoghi, per far capire al lettore, quello che hai raccontato, peraltro molto bene.


Le facce nella stoffa, di Marco Cardone
Nel primo paragrafo del racconto ho avuto difficoltà nel capire bene il soggetto. All’inizio sono volti malevoli, poi occhi luccicanti. Per esempio, chi è che fissa il protagonista dal cappuccio della felpa? Chi sono quelli che lo accerchiano? I volti o gli occhi? Poi diventano i ghigni feroci. Magari è un problema mio, ma ho avuto qualche problema nella comprensione.
La filastrocca è inquietante. E c’è una buona struttura. Mi piace il cambio del punto di vista che in questo caso amplifica la follia del protagonista. Avrei concluso con un paragrafo in prima persona e al presente, per chiudere il cerchio.


Polvere alla polvere, di Daniele Picciuti
Una storia d’amore e morte in un futuro in cui uomini e macchine vivono in simbiosi. Non sono un’esperta di fantascienza, ma ho trovato originale la scelta del morbo con cui gli alieni attaccano la Terra e i suoi abitanti viventi e non. Non so perché ho pensato a “Top Gun”, solo che in questo racconto non c’è il lieto fine. Secondo me c’è qualche virgola di troppo, ma è un buon racconto.

Campo a primavera, di Marco Migliori
È una storia scritta in sequenze. Il lettore ha davanti due scene che si alternano tra loro. E anche se non si capisce cosa stia succedendo, c’è la curiosità di scoprirlo e di andare avanti con la lettura. Inoltre i personaggi sono stati caratterizzati bene, nonostante il poco spazio a disposizione. E negli ultimi due paragrafi c’è la spiegazione di quello che è successo. Non raccontata, ma “mostrata”, anche questa. E c’è un finale piacevolmente sorprendente.

E la mia classifica (che è stato difficilissimo stilare):

1. Campo a primavera, di Marco Migliori
2. VHEMT, di Andrea Viscusi
3. Polvere alla polvere, di Daniele Picciuti
4. Binario morto, di Simonetta Brambilla
5. La Grande Moria, di Alexia Bianchini
6. OMEGA, di Raffaele Marra
7. Le facce nella stoffa, di Marco Cardone
8. Il Virus di Re Erode, di Michele Botton
9. Il sale della vita, di Marco Fronzoni
10. E se domani, di Rocco Nucera

Grazie a tutti :) !
 
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Simoncarlo1
view post Posted on 15/2/2014, 16:17




Ecco la mia classifica e i miei giudizi. Voglio premettere solo che ho trovato il livello davvero molto alto (devo proprio dire che ho sottovalutato la cosa, ma mi rifarò in futuro) e che le mie opinioni sono puramente personali ed espresse nel massimo rispetto del lavoro di tutti quanti.

1 - “Lo scrigno argentato” di Simolimo
E' il racconto che mi è piaciuto di più in assoluto. Tutto meraviglioso: dalla scelta del nome del protagonista (Uff, geniale!) al finale violento, dalle frasi accurate e d'effetto (“Gli lasciarono solo le ciglia, per piangere. E pianse”) alla realistica rappresentazione di un uomo tormentato e malato. Ottima prova, decisamente.

2 - “Il male del millennio” di Chiara Paci
Il racconto di Chiara mi è piaciuto moltissimo. Un quadro “contadino” pieno di grazia, delicatezza, realismo e sensibilità. Il brano è scritto davvero bene, con uno stile impeccabile ma non invadente, bei dialoghi e descrizioni perfette. Mi pare una prova da incorniciare, e il dialogo finale è semplicemente fantastico.

3 - “L’esca” di Leonardo Boselli
Porca miseria, se in sole tre ore riesci a scrivere un brano con così tanti richiami letterari e stilistici sei proprio bravo. Complimenti. Il pezzo è potente, ben scritto, coinvolgente ed equilibrato. Non ci trovo nulla da ridire, se non (ed è proprio il pelo nell'uovo) che alla fine il risultato è eccellente ma leggermente algido.

4 - “Ali di fata” di Luca Romanello
Questo racconto è un vero pugno nello stomaco: stravolge, commuove, fa arrabbiare, sorprende. Il punto di vista scelto è originale, di certo non facile da gestire, ma Luca riesce nell’impresa con semplicità ed eleganza. Il dramma finale è raccontato con una naturalezza impressionante, le parole sono scelte con cura e mai banali. In sostanza si tratta di un racconto notevole, per stile e tema trattato.

5 - “Il sorriso di Sofia” di Francesco Nucera
Il racconto non mi è dispiaciuto affatto, ma l'ho trovato sbilanciato. Ottima la parte centrale, quella dell'uscita di casa e del supermercato. Un po' meno l'inizio domestico e il finale. L'incipit è troppo sdolcinato per i miei gusti e questo me lo fa risultare leggermente banale. Mentre il finale è troppo poco spiegato, avrei aggiunto qualche elemento in più. In ogni caso ho apprezzato stile e atmosfera.

6 - “Grazie della compagnia” di Diego Ducoli
E’ il secondo racconto in cui il malato diventa cattivo e misogino. Chissà perché? In ogni caso mi è piaciuto il crescendo drammatico, anche se il finale è forse esageratamente cupo. Ci sono dei particolari che mi hanno colpito, piccoli dettagli che rendono il brano superiore alla media. Però mi ha lasciato l’amaro in bocca.

7 - “Mortalità 100%” di Marco Lomonaco
L'inizio è molto lirico, affascinante, usi frasi ben costruite e d'impatto. Poi... poi purtroppo qualcosa si è rotto. Lo stile si fa troppo aggressivo (avrei limato qualche volgarità) e la trama sconnessa. Peccato, perché sei bravo e si vede, però hai messo troppa carne al fuoco senza dargli la giusta forma.

8 - “L’opportunità” di Viviana Tenga
Ci ho messo un po’ a capire che le protagoniste erano pulci, ma quando l’ho capito e riletto tutto mi ha divertito. Racconto piacevole e ben scritto, con dialoghi frizzanti. Il suo punto di forza è l’originalità del punto di vista con cui ha trattato il tema, anche se in alcuni passaggi appare confusionario e poco scorrevole.

9 - “Finalmente libera” di Sallow
Anche io, come qualcun altro ti ha fatto notare, avrei usato la prima persona. Mi avrebbe fatto partecipare di più al tormento di questa donna, perché così com'è il racconto lascia alquanto freddini. Il tema è coraggioso e in fondo scritto con grazia, però il risuktato finale convince a metà. Peccato.

10 - “Soli” di Roberto Bommarito
Non so, ho qualche dubbio su questo racconto: lo stile c'è, si vede, a volte forse è pure troppo ostentato. A convincermi meno è stato il modo in cui è trattato il tema della malattia. C'è dentro troppa rabbia, troppa cattiveria, del cinismo e della misoginia che non mi ha fatto apprezzare a pieno il testo. Il brano è originale, senza dubbio, forse semplicemente non nelle mie corde.

11 - “Malattia mortale, trasmissibile per via sessuale” di Beppe Roncari
Purtroppo non sono proprio riuscito a entrare in sintonia con questo racconto, pur ben scritto e in parte originale: un po’ per lo stile frammentario e troppo ritmato, un po’ per il genere fantascientifico spinto, visionario senza dubbio, ma che alla fine lascia alquanto freddini. In fondo, però, credo sia un problema mio, l’autore è bravo.
 
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Simonetta Brambilla
view post Posted on 15/2/2014, 19:09




I miei commenti

La richiesta, di Manuela Costantini, ore 23.10, 4799 caratteri

Molto bella l’associazione cuore-padrone di casa. :) L’incipit è splendido.
“La richiesta” è il titolo e quello che un modulo di ospedale chiede al protagonista. Un ragazzino che passa un sacco di tempo in ospedale e ha paura di morire. E gli torna in mente un pezzo della sua vita di tanto tempo prima, che in ultimo consegna la risposta alla domanda di quel modulo di ospedale. Ma il letto gira…
E’ molto sentito questo racconto. Scrittura fluida e regolare, senza intoppi.


Polvere alla polvere, di Daniele Picciuti, ore 23.58, 4981 caratteri

Un po’ di fantascienza e mi sembra giusto. La prima parte è una premessa, forse un po’ spiegata per prepararci a quel che succederà. Un morbo, creato per distruggere l’intero sistema tecnologico. Carina l’idea del nome Mech che riporta al Mac in pronucia, (sempre che questo fosse l’intento). A suo modo malinconico perde un po’ sul finale secondo me.
Scrittura fluida, senza inciampi.


Il Virus di Re Erode, di Michele Botton, ore 23.51, 5879 caratteri malus 18 punti

Orrore! Un mondo governato dalle donne. :) Il femminismo portato all’estremo. Ti dirò: in un mondo senza uomini io non ci vivrei… Ma torniamo al racconto che pare “tratto da un libro di storia” e poco vissuto. So che questo era l’intento e quindi ci sei riuscito, però… Però l’idea è molto buona, la scrittura è da dieci e lode, davvero ti dico: “scrivici un libro e racconta i fatti! Ne farai un best-seller. O esiste già?


Campo a primavera, di Marco Migliori, ore 23.59, 4978 caratteri

Peccato per l’incipit: tutti quei “sui, sulla” mi disturbano un po’.
Le domande invece di farmi pensare mi distraggono. Come se i protagonisti stessero perdendo tempo.
Dal quarto paragrafo in poi invece la vicenda diventa interessante. Finalmente il racconto riesce a coinvolgermi.
Il finale: se è vero che la spiegazione di Moretti sa molto di “spiegazione”, l’ultima riga lo riscatta completamente.
Nel complesso: lavorandoci sopra ne potrebbe uscire una buona storia. :)


VHEMT, di Andrea Viscusi, ore 22.48, 4971 caratteri

C’è la ripetizione “sguardo” nello stesso periodo.
Qualche refuso: propri (senza “o”) e manca la parola “farti” nella frase: “Non ho intenzione di del male.”
Voluntary Human Extinction Movement: l’idea è malsana quanto basta per piacermi. Suicidio di massa volontario. Il problema è che non ci crede troppo nemmeno il funzionario. E infatti alla fine decide di allungare la vita di una generazione. E se i suoi successori facessero lo stesso?


La Grande Moria, di Alexia Bianchini, ore 23.29, 4921 caratteri

E l’epidemia dilagò nel mondo intero… :)
Noto che solo la vecchia si accorge di quel che sta succedendo. E naturalmente Selen. E il demone che la mastica e la rigurgita. Ma verso la fine dici: “Marco mollò la presa. Occhi colmi di paura la fissavano.” Era lui quindi a tenerla ferma, ma perché Marco non muore? Ok, forse succederà comunque dopo. Bel finale.


OMEGA, di Raffaele Marra, ore 23.48, 4970 caratteri

Prima persona, tempo presente. Il protagonista pensa di essere morto però… Una contraddizione: fa un elenco di oggetti di vita passata, ma poi dice che della vita passata non ricorda niente.
Quando si sveglia ricorda qualcosa, moglie, figlio, poi il virus. Il tizio è confuso ma è comprensibile.
I ricordi arrivano in un crescendo. E di nuovo moglie, figlio e poi il suo nome. Ma mi chiedo: perché lui e non qualcun altro? Perché non si chiede se ce ne siano altri come lui?


Le facce nella stoffa, di Marco Cardone, ore 23.55, 4999 caratteri

“Mi volto, ma non serve”. Toglierei quel “ma non serve” rallenta solo e “non serve” secondo me.
“Uno” da solo, come soggetto non mi convince. Uno straccio? Un pupazzo? Anche volendo lasciare un soggetto anonimo mi sarebbe piaciuto di più: Uno di loro.
Atmosfera horrorifica al punto giusto e in generale è scritto bene ma non riesco a entrare in empatia con i personaggi. Peccato.


E se domani, di Rocco Nucera, ore 23.23, 4675 caratteri

Segnalo un “Sentì” senza accento. Due amici malati di cancro che si separano. Uno vive e l’altro… vive anche lui anche se sotto un'altra forma. E l’idea non sarebbe male se solo quella vite non fosse stata spedita in un pacco postale. So che si possono spedire piante grasse e bonsai nelle scatoline ma una vite… non sopravviverebbe. Sarebbe stato carino invece se la vite fosse stata consegnata direttamente dal contadino. Peccato.


Il sale della vita, di Marco Fronzoni, ore 23.44, 4931 caratteri

Ti dirò: questo tizio che confonde il sale da cucina con il “sale” dell’ascensore non mi convince.
Così come non mi convincono le porte che fanno ssssssssssssssssss… a me non è mai successo né in ascensore né al supermercato. Sul treno sì. Sul treno fanno sempre sssssssssssss…
Ok, di sicuro il tizio è fuori di testa e ha un modo tutto suo di pensare. Però… comunque non mi convince. Alla fine si parla di istituto e insomma pare strano che uno possa andare e venire da solo come gli pare. Mi spiace.


La mia classifica.

Quanti ospedali in questo contest! Ma dato il tema, c’era da aspettarselo. Grazie a tutti. È stato bello partecipare.

1) La richiesta, di Manuela Costantini
2) Polvere alla polvere, di Daniele Picciuti
3) Il virus di Re Erode, di Michele Botton
4) Campo a primavera, di Marco Migliori
5) VHEMT, di Andrea Viscusi
6) La Grande Moria, di Alexia Bianchini
7) OMEGA, di Raffaele Marra
8) Le facce nella stoffa, di Marco Cardone
9) E se domani, di Rocco Nucera
10) Il sale della vita, di Marco Fronzoni
 
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Beppe Roncari
view post Posted on 16/2/2014, 13:50





GRUPPO A


Ecco la mia classifica e sotto i commenti.


 


1. Il male del millennio, di Chiara Paci, ore 23.40, 4953 caratteri – la moglie del guardiacaccia – gruppo A


2. L’opportunità, di Viviana Tenga, ore 23.44, 4403 caratteri – la pulce riluttante – gruppo A


3. Veleno d’argento, di Simone Carletti, ore 22.56, 2219 caratteri – albero umano, volanti d’argento – gruppo B


4. Il sorriso di Sofia, di Francesco Nucera, ore 23.48, 4922 caratteri – racconto zombie, senza capovolgimento – gruppo B


5. Grazie della compagnia, di Diego Ducoli, ore 23.46, 3947 caratteri – morto con morto – gruppo B


6. Lo scrigno argentato, di Simolimo, ore 23.57, 3329 caratteri – cuore di ghiaccio e cuore meccanico – gruppo B


7. Finalmente libera, di Sallow, ore 23.59, 2831 caratteri – l’astinente suicida – gruppo B


8. Ali di fata, di Luca Romanello, ore 22.41, 4862 caratteri – down fata suicida – gruppo B


9. L’esca, di Leonardo Boselli, ore 23.59, 3821 caratteri – what if da Moby Dick con premessa infondata – gruppo C


10. Soli, di Roberto Bommarito, ore 23.29, 4254 caratteri – misogino malato senza trama – gruppo C


11. Mortalità 100%, di Marco Lomonaco, ore 23.54, 4972 caratteri – patto suicida con vaneggiamento – gruppo C


 


 


 


Ali di fata, di Luca Romanello, ore 22.41, 4862 caratteri


https://nerocafe.forumfree.it/?t=68147383


Il racconto è ben scritto ma mi ha lasciato molto perplesso per due elementi di contenuto: la protagonista down e il suicidio.


Ho conosciuto e sono stato amico di più di un ragazzo down e per la mia esperienza personale e per quel che ne so non sono affatto stupidi né incapaci di capire che cosa sia il pericolo e un incidente né, infine, inclini al suicidio. Con questo non intendo affermare che non siano intelligenti e sensibili, e quindi soggetti alla tentazione del suicidio come qualunque altro essere umano disperato.


Date queste premesse, non capisco minimamente perché la tua bella e dolce protagonista debba suicidarsi. O è “stupida” e quindi non si rende conto di quello che fa, ma questo non è in linea né con la sindrome di down in generale né con il suo piano elaborato e premeditato di non piangere per non far sì che il suo intento autodistruttivo venga intercettato e bloccato; o è “intelligente” e quindi capirà che suicidarsi non porta certo la tanto desiderata felicità che vorrebbe donare al papà e alla mamma.


Davanti a una protagonista down non dirò mai “poverina è scema, è ritardata” perché sarebbe segno di discriminazione, e ho troppa stima delle persone che ho conosciuto con questa sindrome per mettermi su un simile piano. Ma questo è proprio quello che fa il racconto cercando di insinuare un senso di pietà posticcia e colpevole nel lettore. Se anche fa così, però, rimane il problema che una protagonista di questo tipo non si suiciderebbe affatto se “non capisce”.


Quindi a parte l’abilità stilistica il mio giudizio sul racconto è negativo sui piani del gusto personale e della logica interna.


 


Veleno d’argento, di Simone Carletti, ore 22.56, 2219 caratteri


https://nerocafe.forumfree.it/?t=68147466


Racconto piacevole, bella la scelta del punto di vista di un vecchio sulla sorte umana. Certo, bisogna accettare che l’albero possa “vedere” con veri e propri occhi oltre che ragionare, che è un salto narrativo molto meno ardito al confronto. I riferimenti narrativi sono tutti visivi, “intravisti”, “vide”, “Vide”, “scorse” e sul finale auditivi. Ma sempre visivo-auditivi “umani”.


Mi spiego: il narratore è senz’altro un narratore umano che finge di immedesimarsi in una pianta, non è certamente una pianta perché fa considerazioni basate sui nostri sensi e sui criteri di misura umani.


Sarebbe stato più interessante per la voce narrante immedesimarsi davvero nell’albero, perché altrimenti non posso credere come lettore che non ci siano sopravvissuti umani: è chiaramente un umano a narrare.


Altra piccola cosa davvero incredibile: se il fuoco ha lambito il tronco dell’albero in mezzo a un bosco mi rifiuto di credere che non sia rimasto intaccato. Può essere sopravvissuto all’incendio, ma o non c’era affatto alcun fuoco serio oppure deve aver subito dei danni, oppure è stato toccato solo dal fumo lontano e non da una fiamma.


 


Soli, di Roberto Bommarito, ore 23.29, 4254 caratteri


https://nerocafe.forumfree.it/?t=68147666


Il gusto personale mi impedisce di dare un parere oggettivo su questo racconto psicologico, però cerco di trarre qualche spunto.


La mia tesi è che la mente malata sia quella della voce narrante del protagonista, un indizio al riguardo è la metafora del muro sanguinante, suo e altrui, un muro mentale eppure presente come se fosse uno dei pilastri portanti del sé, del corpo e dell’identità.


Ci potrebbe anche stare l’eccesso di utilizzo di turpiloquio e della parola “cazzo” (che però, per avere il suo vero peso, dovrebbe essere usata poche volte in modo straniante e spiazzante, non come intercalare tipico).


Non voglio credere che la misoginia sia dello scrittore, ma solo del narratore intradiegetico, e lo dico da uomo e da maschio che pure ha conosciuto delle persone, uomini e donne, che si facevano effettivamente scudo della propria malattia, spesso artefatta, per plagiare gli altri. È una strategia animale, molto poco evoluta, molto poco umana, di stare al mondo e di farsi servire dagli altri; ma gli altri ovviamente possono anche sviluppare degli anticorpi, come il protagonista del racconto, che diventa un cinico individuatore di false malattie. Ma allora perché si andava a cercare proprio quelle compagne “finte malate”? Solo per attrazione sessuale? No, ce ne sono tante di ragazze “fighe” senza essere delle ipocondriache manipolative.


Evidentemente le voleva così, per esercitare il suo potere sadico di giudizio su di loro, per sentirsi migliore di loro. E da qui ritorno alla tesi sostenuta sopra che sia lui il vero malato di mente.


Per il resto è poco un racconto, perché è una serie di episodi in cui il protagonista ossessivo ribadisce solo la propria tesi. Non c’è trama e non c’è “viaggio dell’eroe” se nulla cambia nel protagonista. Non è una storia, è solo una descrizione, per quanto lunga e ripetitiva sia. Un po’ come “La solitudine dei numeri primi” di Giordano che di figo aveva solo il titolo e la sua spiegazione: poi in un romanzo non succede niente di niente e i due protagonisti non cambiamo ma neanche minimamente di una virgola. Non c’è storia.


Ora, questo è un racconto breve, e non un romanzo, e quindi l’assenza totale di trama è ugualmente ingiustificabile, ma meno grave.


 


Il male del millennio, di Chiara Paci, ore 23.40, 4953 caratteri


https://nerocafe.forumfree.it/?t=68147706


Ecco un racconto degno del suo nome. Inizio, sviluppo, conclusione, tutto coerente, scritto bene, bella la chiusa.


Mostra e non narra, è realistico, si sente il dramma della famiglia e della protagonista, la sua scelta che è una vera scelta perché ha davvero tanto da perdere.


E questo anche se il racconto, devo confessare, mi ha un po’ annoiato per due terzi, perché non sapevo dove andasse a parare, l’epilogo lo riscatta senz’altro.


Unica nota: avrei introdotto il guardiacaccia fin dall’inizio e non da metà. Avrei instillato nel lettore e nella protagonista la paura nei suoi confronti (e solo indirettamente nei “padroni” lontani e pasciuti).


Avrei vibrato di più e mi sarei annoiato di meno.


Comunque bravo, bel pezzo!


 


L’opportunità, di Viviana Tenga, ore 23.44, 4403 caratteri


https://nerocafe.forumfree.it/?t=68147719


Le pulci pungono, non mordono. Punto.


Questo per farti le pulci.


Per il resto: brava! Bel pezzo, simpatico, divertente, mi è piaciuto.


Il punto di vista è scelto accuratamente e mi è sembrato giusto e raffinato che la pulce protagonista si interrogasse sulla bontà della loro causa e sul mistero di avere quelle “conoscenze innate” senza sapere nemmeno da dove provenissero.


Ovviamente è pura fantasia, ma dato il punto di partenza in cui le pulci sono coscienti, parlano e hanno una Profezia geneticamente impiantata le conseguenze che tiri sono abbastanza logiche e il pretesto per far partire la macchina narrativa: la riluttanza dell’eroe, accettabile.


 


Grazie della compagnia, di Diego Ducoli, ore 23.46, 3947 caratteri


https://nerocafe.forumfree.it/?t=68147732


Racconto sulla disperazione che porta alla pazzia e all’omicidio, forse troppo in fretta e senza adeguata progressione. C’è qualcosa che non mi torna nella somma delle parti e dei sentimenti. Mi pare troppo l’odio del malato per l’infermiera, che pure lo disprezza. Non sente almeno un po’ di gratitudine? Non ha un po’ di autocommiserazione in se stesso?


 


Il sorriso di Sofia, di Francesco Nucera, ore 23.48, 4922 caratteri


https://nerocafe.forumfree.it/?t=68147740


Il racconto ha un’anima, l’anima di un padre che vuole salvare la propria famiglia, ed è ben scritto.


Detto questo, purtroppo rientra perfettamente nello stereotipo del racconto – mi si perdoni il termine – “zombie” contemporaneo e quindi abbastanza prevedibile.


Speravo e mi aspettavo un capovolgimento finale che lo avrebbe fatto vivere di una luce nuova dalla frase dell’“infetto” incontrato dal protagonista: “Stai bene?” Ecco, da questa frase mi ero fatto tutto un film mentale per cui ad essere malati fossero il protagonista e la sua famiglia – e magari anche moltissime altre persone su tutto il pianeta – ma non di un virus zombie ma di un virus della mente, che faceva vedere gli “estranei” come “infetti”. Ci ho sperato ancora un po’ quando il protagonista si vede “riflesso nella vetrata … senza segni evidenti, eppure potevo vedere il virus in me”.


Se non ci sono segni evidenti non può “vedere” il virus, a meno che non sia solo nella sua mente.


Purtroppo non è così e mi dispiace, perché sarebbe stato un capovolgimento narrativo preparato ma stupefacente che avrebbe potuto far emergere il racconto dalla massa delle storie di genere.


In ogni caso complimenti per la prima prova sul forum, Ceranu! J


 


Mortalità 100%, di Marco Lomonaco, ore 23.54, 4972 caratteri


https://nerocafe.forumfree.it/?t=68147769


CIT: “La vita è una malattia a trasmissione sessuale, con una mortalità del 100%.”


Ciao, Marco, sei partito curiosamente dal mio stesso presupposto (come quello del racconto WHEMT di Piscu, nell’altro gruppo) e hai deciso di narrare una storia – se ho capito bene – di patto suicida di fronte alla malattia e di estrema rabbia e disperazione.


Date queste premesse, secondo me hai sbagliato completamente il tono e la scelta del marchingegno letterario del flow of consciusness del narratore protagonista, perché la stragrande maggioranza del testo non è un racconto ma una recriminatoria pseudo-filosofica.


Solo i grandi maestri iniziano le loro opere con una “massima” che rappresenti una verità universale e sempre valida, proprio perché poi il lettore si aspetta che l’opera provi la validità di quell’assunto iniziale. Un caso riuscito è il celeberrimo incipit di Anna Karenina di Tolstoj.


CIT: “Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo.”


È un grande romanzo e Tolstoj può permetterselo, ma guarda la sua frase successiva:


“In casa Oblonski tutto era sossopra. La moglie aveva scoperto…” Il narratore entra subito nel vivo della questione. Non continua sulla strada delle verità astratte.


Tu invece lo hai fatto per più di metà del testo, e questo in un racconto breve limitato a 5000 battute è una pecca grave.


Che cosa succede nella storia? Come possiamo empatizzare con il protagonista?


Il tuo racconto non ce lo mostra, purtroppo.


 


Lo scrigno argentato, di Simolimo, ore 23.57, 3329 caratteri


https://nerocafe.forumfree.it/?t=68147780


Il racconto non mi è piaciuto. Ma a parte il gusto personale, secondo me ha un grave problema obiettivo e strutturale: non c’è progressione.


Manca il dipanarsi che renda credibile la follia del signor Uff che arriva addirittura a strozzare una bambina senza motivo se non, appunto, l’ossessione non costruita nella narrazione, ma solo raccontata frettolosamente in una frase montage: CIT: “L’angoscia divenne tormento, il tormento rabbia e la rabbia paranoia. Il signor Uff non uscì più di casa, divenne irascibile, sospettoso. Cattivo. Iniziò a temere ogni forma di vita, a indispettirsi per qualsiasi nonnulla.”


Perché? Come? Ci vorrebbe almeno un episodio, idealmente due, per dare spazio alla regola aurea del tre, l’epilogo, la scena della violenza folle e spietata.


L’altro grave problema è una contraddizione interna: il nuovo cuore o lo rende apatico o lo rende cattivo. Non può renderlo sia privo di emozioni che killer. Se nella testa sente “il rimbombo” della richiesta della ragazza vuol dire che dopotutto il cuore meccanico non è così equanime e anzi batte a un ritmo sregolato e assassino e allora non è giustificato il fatto che non potesse seguire “vecchie emozioni”.


Se viceversa il cuore meccanico è pura razionalità senza un sussulto, allora doveva afferrare il collo della ragazza questa volta sì senza un motivo, sì senza un battito fuori posto, rimanendo freddo e distaccato mentre le toglieva apatico la vita.


La contraddizione ovviamente fa cadere tutta la premessa del racconto e anche il senso del pentimento/punizione finale à-la-Dorian-Gray con il suo vecchio cuore congelato che gli si scioglie e gli marcisce in mano. Anche qui: ma perché? Semmai la condanna è non provare proprio più niente di niente per il vecchio cuore che se va, mentre l’altro cuore, quello meccanico, freddo, regolare, apatico, non si ferma affatto, ma lo costringe a continuare quell’esistenza inutile.


 


Refuso: inizio riga “volto si rigò” manca “Il volto si rigò”.


Virgolette: alte mischiate a caporali.


Ripetizione: “La mente dell’anziano si offuscò.” “La mente del signor Uff si offuscò.”


 


 


Finalmente libera, di Sallow, ore 23.59, 2831 caratteri


La protagonista è in crisi d’astinenza e poi si suicida. Non c’è gran che di colpo di scena né molto da dire o da narrare, anche se la scrittura è in linea con il tema del morbo e dell’ossessione.


La figura dell’Ombra maschile è ambigua, senz’altro volutamente ambigua (c’è o è un’illusione della protagonista? Propendo per la seconda spiegazione, visto che non fa niente per salvarla). Il problema, a parte l’ambiguità, è: che cosa mi rappresenta l’Ombra? La dipendenza? Perché è maschile? Il senso del dovere, la Riabilitazione? Perché le impedisce di farsi? Troppo ambigua, temo, per essere apprezzata.


 


L’esca, di Leonardo Boselli, ore 23.59, 3821 caratteri


Un What if…? da Moby Dick fondato su una premessa sbagliata: che un morbo letale per gli umani possa trasmettersi anche al mostruoso cetaceo. Il capitano Achab, per come me lo ricordo io, non era così sciocco da crederci.


Come me lo ricordo io, appunto. Come già sottolineato da altri questa è una versione del classico di Melville, saccheggiato a piene mani dalla nave pirata del racconto, direi quasi un Frankenstein, anche se non ho amato abbastanza Moby Dick per dire che le frasi siano state prese e ricucite insieme proprio dal testo originale. Ma il sapore è quello.


 


 

 
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